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IL14 maggio giornata di mobilitazione nazionale contro il DDL Concorrenza

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Il lupo perde il pelo ma non il vizio. No allo sdoppiamento di ACS

La democrazia in Italia è  solo un ricordo. Inviamo armi contro il parere del popolo e le armi che si inviano sono segretate. Dopo l’emergenza sanitaria, siamo immersi dentro una drammatica crisi eco-climatica e dentro un drastico peggioramento delle condizioni di vita delle persone, ed ora anche dentro una nuova guerra all’interno dell’Europa. E nonostante tutto, ingenti risorse sono state stanziate per il riarmo, sottraendole a istruzione, sanità, servizi, pensioni.

Decenni di politiche liberiste hanno già compromesso la garanzia di diritti essenziali  come il diritto all’acqua.

Un referendum votato nel 2011 dalla maggioranza assoluta degli italiani, che dice che la gestione dell’acqua deve essere pubblica, è completamente disatteso.

In tutti i modi si cerca di privatizzare. Il disegno di legge sulla Concorrenza e il Mercato in materia di servizi pubblici, sanità, servizi sociali, trasporti, rifiuti, energia è molto pericoloso per il benessere dei cittadini perché le privatizzazioni che intendono fare, implicano pesantissime bollette di gas, luce, acqua, tasse comunali. Ma questo Governo amico dei potenti non demorde nonostante tutti gli eventi tragici che stiamo vivendo. La strategia adottata per privatizzare tutto è ben più articolata e subdola rispetto a quella del passato e utilizzano strumentalmente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per aggirare l’esito referendario e raggiungere lo stesso obiettivo. Praticamente le aziende che non privatizzano non hanno accesso ai fondi elargiti dal PNRR perché la riforma dei servizi idrici prevede la modernizzazione e l’industrializzazione delle aziende. E industrializzazione significa azienda privata. I ondi vengono dati solo alle aziende industriali che hanno avuto l’affidamento.

L’articolo 6 del DDL Concorrenza restringe il ruolo degli Enti Locali  espropriandoli della loro funzione fondamentale come la garanzia di servizi essenziali e dei diritti ad essi collegati, per cui da presidi di democrazia di prossimità saranno ridotti a meri esecutori della spoliazione della ricchezza sociale e punta all’affidamento definitivo al mercato dei servizi essenziali rendendo residuale la loro gestione pubblica, per cui gli Enti Locali che opteranno per tale scelta dovranno “giustificare” il mancato ricorso al mercato, il mercato che fa profitto, quel profitto che era stato messo al bando dal referendum. In parole semplici il referendum dice che non si deve trarre profitto dall’acqua. Perchè è immorale e disumano trarre profitto da un elemento essenziale per la vita. 

L’autonomia locale  è inserita tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 5) ed assicura il rispetto della democrazia, della sovranità popolare, dell’uguaglianza e della solidarietà. I servizi pubblici locali sono strumento per la tutela della persona, della sua dignità, della sua emancipazione, dei suoi diritti: non devono essere finalizzati a “what ever it takes”, “ad ogni costo”. Non vogliamo la privatizzazione della gestione dell’acqua “ad ogni costo”, perché per noi sono più importanti la democrazia e i diritti. Nell’articolo 6 emerge come centrale, non l’idea di servizio a tutela dei diritti (per tutti, il «diritto umano all’acqua», come è definito nella Risoluzione GA/19067 delle Nazioni Unite), ma il rispetto della tutela della concorrenza. Il profitto sull’acqua abolito dal referendum, esce dalla porta e rientra dalla finestra. Per questo motivo il Coordinamento Campano Acqua Pubblica il 14 maggio dalle ore 10.30 alle ore 13.00 protesterà a Napoli con un sit in in Largo Berlinguer e invitiamo tutta la popolazione a partecipare. 

Le notizie locali non sono più confortanti. Da tanti anni ormai si cerca di privatizzare ACS accorpandola a GESESA di Benevento che contiene ACEA. Non essendoci riusciti in tutti questi anni, adesso in questa terribile situazione in cui il tribunale non si è ancora pronunciato sul fallimento, vorrebbero provare un altro stratagemma. Da quanto riportato da Calabrese sul Mattino è stata avanzata l’ipotesi della scissione di ACS  in due aziende diverse, una irpina e una sannita, due società in house. Questo filml’avevamo già visto e aveva comportato la moltiplicazione delle poltrone e molto spreco. Ma ciò che ci inquieta è che la spa di Benevento potrebbe accorparsi a GESESA e raggiungere la percentuale che gli permette di avere l’affidamento, così definitivamente privatizzando la gestione dell’acqua.

Inoltre questa scissione in due non è conforme alla legge in quanto ACS è un’azienda in attesa di giudizio e con notevoli debiti.  Se sdoppiassero ACS ci dovrebbe essere una bad company che è quella preesistente che potrebbe danneggiare gravemente i creditori, per cui non è pensabile che questo sdoppiamento possa avvenire. Naturalmente il pd non ha niente contro questo sdoppiamento che condurrebbe alla privatizzazione. C’è bisogno di politici che amino la loro terra e che non accettino che potenti multinazionali vengano qui a deprivarci delle nostre risorse e dei nostri diritti, politici che facciano gli interessi dei cittadini e non dei potenti.

Giuseppina Buscaino (Referente del Coordinamento Campano Acqua Pubblica)

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Contributi sull’acquisto dei libri di testo, è possibile presentare domanda

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L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino informa che  è possibile presentare domanda per accedere  ai contributi sull’acquisto dei libri di testo, per l’anno scolastico 2025/2026.

Possono accedere al contributo gli alunni che frequentano le scuole secondarie di I e II grado dell’anno scolastico in corso 2025/2026 e appartenenti a famiglie con  reddito  non superiore al seguente  valore ISEE:

fascia I da e 0 a € 10.633,00   –   fascia II da € 10.633,00 ad € 13.300,00.

Il valore ISEE viene determinato ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159. Nel caso di valore ISEE pari a zero, pena l’esclusione dal beneficio, è necessario attestare e quantificare le fonti e i mezzi dai quali il nucleo familiare ha tratto sostentamento. Le risorse disponibili saranno destinate prioritariamente alla copertura del fabbisogno dei richiedenti con ISEE rientrante nella fascia 1. Qualora residuano risorse dopo la copertura totale del fabbisogno della fascia 1, le stesse saranno destinate alla copertura del fabbisogno dei richiedenti con ISEE rientrante nella fascia 2.

Gli interessati possono presentare domanda entro il  10 ottobre 2025, presso le Segreterie delle Scuole di appartenenza, utilizzando l’apposito modulo prestampato e allegando la dichiarazione ISEE in corso di validità.

Scarica qui il modulo per fare richiesta:

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Il Colonnello Angelo Zito nuovo Comandante Provinciale dei Carabinieri

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Il Colonnello Angelo Zito ha assunto l’incarico di Comandante Provinciale dei Carabinieri di Avellino, subentrando al Colonnello Domenico Albanese, destinato a Roma quale Capo Ufficio presso lo Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma.

46enne, originario di San Marzano di San Giuseppe (TA), il Colonnello Zito ha intrapreso la carriera militare nel 1998, frequentando i corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena e della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, conseguendo la laurea in Giurisprudenza. È sposato e padre di due figlie.

Nel biennio 2003-2005 ha prestato servizio presso il Battaglione Carabinieri Allievi Marescialli e Brigadieri con sede a Velletri, ricoprendo i ruoli di Comandante di Plotone e di Compagnia. Successivamente ha assunto incarichi di crescente responsabilità in reparti territoriali ad alta complessità operativa: prima come Comandante del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Palermo-San Lorenzo, impegnato in delicate attività di contrasto alla criminalità organizzata e al traffico di stupefacenti; poi, dal 2008, come Comandante della Compagnia Carabinieri di Patti (ME), in un territorio caratterizzato da fenomeni criminali di particolare rilevanza.

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Curarsi nel Mezzogiorno costa caro

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La salute costa cara in Italia, si resta impigliati nella rete del basso reddito che, nel Meridione è quasi la metà rispetto a quello del Nord, e delle lunghe liste di attesa, fattori che, limitano o impediscono laprevenzione e la cura delle patologie anche legateall’età. Pur essendo cresciuto, negli ultimi anni, il PIL del Sud (1,5%) rispetto a quello del Nord (0,4%), le differenze restano evidenti, il PIL medio per abitante è così ripartito: Nord Est 44.900 euro; Meridione 23.900 euro; media fissata a 36.100 euro.Non può essere negato il legame tra il reddito alto e le buone condizioni di salute. L’indagine condotta dal giornale l’Avvenire conferma l’ipotesi, tant’è che i possessori di un reddito tra i 50 ed i 70 mila eurospendono 300 euro al mese per le assicurazioni sanitarie e visite specialistiche private ottenendoadeguate risposte ai bisogni personali, mentre nel Meridione tale somma è destinata alle necessitàquotidiane e non per curare le patologie. Il SSN pur essendo universale, relega una fetta sempre maggiore della popolazione nella zona grigia della mancata assistenza sanitaria. La conseguenza è l’aggravarsi delle condizioni di salute che si riflettono sul SSR costretto ad erogare prestazioni ad elevata intensità collegate alla probabile emissione della pensione di invalidità a carico dell’INPS. L’Italia è sempre più divisa, le aspettative di vita sono collegate al luogo di residenza, nel meridionesi muore tre o quattro anni prima rispetto al Nord in conseguenza dei servizi sanitari insufficienti e delle lunghe liste di attesa. Il welfare è ridotto al minimo,con la spesa pro-capite che, secondo l’Istat, è così ripartita: Mezzogiorno 78 euro, Centro 165 euro,Nord-Ovest 162 euro, Nord- Est di 207 euro.Nemmeno i bambini del Sud si salvano, i posti negli asili nido ogni 100 bambini sono 17 mentre nel Centro-Nord, in media, sono circa 37. Non cambia la musica con i servizi delle RSA offerti agli anziani:su 10 mila abitanti nel Sud i posti letto sono 37, la media nazionale è di 69, mentre in Campania è di 20posti letto.

Il piatto è servito, da 164 il Paese è diviso e sperequato, né si intravede la volontà politica di ridurre i divari territoriali.

da: Qf QuiFinanza

Al Sud si vive 3 anni in meno che al Nord, Italia sempre più divisa

Dall’aspettativa di vita al Pil, passando per reddito e servizi: il nuovo rapporto Istat evidenzia le profonde disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud Italia

Giorgio Pirani

GIORNALISTA ECONOMICO-CULTURALE

Pubblicato: 28 Maggio 2025 12:33

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ANSANord più ricco e con più servizi, il Sud no: tutte le differenze

L’Istat traccia una mappa dell’Italia che è frammentata, con forti differenze tra Nord e Sud. Un esempio, sulla speranza di vita, che a Trento è pari a 84,7 anni mentre in Campania è di 81,7, esattamente di tre anni. Questo e altri dati sono stati presentati dall’Istituto all’evento sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale.

Secondo i dati illustrati dall’Istituto, tra il 2004 e il 2024 l’aspettativa di vita alla nascita è passata da 80,7 a 83,4 anni, con un aumento più marcato per gli uomini (da 77,9 a 81,4 anni) rispetto alle donne (da 83,6 a 85,5 anni).

Come cambiano le aspettative di vita

Le province autonome di Trento e Bolzano si confermano le aree con la maggiore longevità, con una speranza di vita rispettivamente di 84,7 e 84,6 anni. All’estremo opposto, Campania e Sicilia restano in coda con valori di 81,7 e 82,1 anni. Un’intera vita condotta a Trento e a Napoli, dunque, ha statisticamente un impatto ben differente su una persona.

Il quadro degli ultimi vent’anni evidenzia un netto svantaggio per il Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, con una tendenza all’ampliamento dei divari.

Particolarmente significativi alcuni casi:

• la Calabria nel 2004 era in linea con la media nazionale, ma nel 2024 registra uno svantaggio di 1,1 anni;

• in Sicilia invece il divario è passato da -0,6 anni nel 2004 a -1,3 anni nel 2024 rispetto alla media nazionale.

Differenze anche per il welfare

Infine, l’Istat segnala che anche la spesa per il welfare territoriale riflette queste disparità. La spesa pro-capite nelle diverse aree del Paese è così distribuita:

• Mezzogiorno: 78 euro

• Isole: 144 euro

• Centro: 165 euro

• Nord-Ovest: 162 euro

• Nord-Est: 207 euro

Pil in crescita, ma il divario Nord-Sud resta marcato

Non solo l’età, a marcare un solco tra Nord e Sud è soprattutto la crescita delle due macro aree. Nel 2023 il Pil nazionale in volume è cresciuto dello 0,7% rispetto all’anno precedente, un dato in linea con la media italiana nel Nord-ovest, dove l’aumento è stato appunto dello 0,7%. La crescita è risultata più sostenuta nel Mezzogiorno (+1,5%), mentre è stata più contenuta al Centro (+0,3%) e nel Nord-est (+0,4%).

Il Pil medio per abitante nel Nord-ovest è pari a 44.700 euro, quasi il doppio rispetto al Mezzogiorno (23.900 euro) e ben 8.600 euro in più della media nazionale, fissata a 36.100 euro.

Nel resto del Paese:

• nel Nord-est il dato si attesta a 42.500 euro;

• nel Centro è pari a 38.600 euro;

• a livello regionale, il valore più alto si registra nella provincia autonoma di Bolzano con 59.800 euro;

• il minimo è in Calabria, ferma a 21.000 euro.

Disparità nel reddito famigliare

Anche il reddito disponibile delle famiglie mostra forti disomogeneità. Nel 2023, la media nazionale è stata di 22.400 euro per abitante. A livello territoriale nel Nord-ovest si è raggiunta quota 26.300 euro, mentre nel Mezzogiorno ci si è fermati ad una soglia ben più bassa, pari a 17.100 euro.

L’intervento redistributivo dello Stato ha determinato un incremento del reddito disponibile medio nazionale pari al 7,8% nel 2023, corrispondente a +1.734 euro per abitante. Tuttavia, l’effetto redistributivo varia sensibilmente tra le aree:

• nel Mezzogiorno l’incremento incide per il 17,5% sul totale del reddito disponibile;

• nel Nord-ovest è del 2,3%;

• più alto nel Nord-est, pari a 4,7%;

• infine il Centro con 7,1%

Male anche nei servizi per bambini e anziani

Il divario tra territori si riflette anche nell’accesso ai servizi. Per quanto riguarda i posti disponibili negli asili nido ogni 100 bambini:

• nel Sud Italia sono poco più di 17;

• al Centro 38,8;

• nel Nord-est 37,5;

• il Nord-ovest 35.

Nei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, i posti letto ogni 10mila abitanti sono 37 nel Mezzogiorno, contro una media nazionale di 69,1. Il livello più basso si registra in Campania con 20,2, mentre quello più alo è della Provincia autonoma di Trento con 151,1.

Istat

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