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Economia

Fairphone, il primo telefono “etico” al mondo è realtà

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“Compra un telefono, comincia un movimento”. È questo lo slogan che accompagna la presentazione di Fairphone, lo smartphone dell’omonima azienda olandese che verrà presentato a Londra nei prossimi giorni. Si può benissimo dire di essere dinanzi al primo telefono equo e solidale, vista l’attenzione posta dagli sviluppatori (hardware e software) alle modalità di costruzione. Per questo la casa produttrice ha lavorato a stretto contatto con i reparti specifici per garantire che Fairphone potesse davvero essere definito un prodotto etico.

 

Aziende leader come Apple e Samsung sono state spesso criticate per non aver fatto chiarezza sulla provenienza dei materiali utilizzati per i loro smartphone. Gli interrogativi sullo sfruttamento di risorse minerarie estratte da zone di conflitto o prodotte in fabbriche disagiate dell’estremo Oriente dove le pratiche di lavoro sono al di là della sopportazione umana, hanno aumentato la poca stima da parte delle organizzazioni ambientali e dai fautori di una tecnologia sostenibile.

 

A mettere tutti d’accordo ci prova Fairphone che unisce l’eticità nella sua produzione con un profilo hardware di tutto rispetto. Uno schermo da 4.3 pollici, a metà strada tra iPhone 5 e Samsung Galaxy SIII, ha un processore quad-core MediaTek 6589, 16 GB di memoria interna, 1 GB di RAM, fotocamera principale da 8 Megapixel, frontale da 1.3 Megapixel e capacità di supportare due SIM (caratteristica molto diffusa in Africa e Asia). Ovviamente c’è Android, in versione 4.2 Jelly Bean, a far girare il tutto, con un’interfaccia speciale sviluppata dall’agenzia di Ricerca & Sviluppo Kwame Corporation. La particolarità è che sia il sistema operativo che l’interfaccia sono completamente aperte e pronte ad essere modificate dagli utenti (su Android “classico” c’è bisogno del root). Anche a livello pratico ognuno, con un po’ di esperienza, può aprire il telefono e aggiustarlo comprando sul web parti di ricambio (non è chiaro se queste saranno disponibili presso la stessa Fairphone).

 

Gran parte dei materiali di produzione arrivano dal South Kivu, una provincia della Repubblica Democratica del Congo. Nonostante la zona sia continuo territorio di scontri e lotte civili, l’azienda insiste sul fatto di star lavorando duro per assicurare giuste condizioni di lavoro ai minatori e nessuna mediazione con le milizie armate.

 

Fairphone sarà in vendita entro la fine dell’anno ad un costo non convenzionale di 325 euro. Ogni singolo euro sborsato per l’acquisto viene rendicontato dalla casa produttrice attraverso un report dettagliato. Mai nessuna azienda aveva finora intrapreso una simile campagna di comunicazione, spiegando come si arriva a spendere centinaia di euro per uno smartphone il cui costo di produzione è nettamente inferiore a quello di vendita.

 

Nella logica dell’equo e solidale c’è da dire che il Fairphone non è completamente etico. Consuma energia elettrica (per la ricarica), utilizza diverse onde radio (3G, GPS, Wi-FI, Bluetooth, FM), insomma si fregia di quella tecnologia che in ogni caso non giova molto al pianeta. “Non è questo il punto – afferma Miquel Ballester, Product Manager di Fairphone – i produttori di oggi pensano che basti un adesivo sulla scatola per dire che si è sostenibili in base ad una certificazione, ma in realtà non stanno cambiando nulla. Per noi è diverso, si tratta di creare un ambiente economico che favorisca un trattamento etico, ad ogni punto della filiera produttiva ”.

 

 

 

Fonte : “La Stampa”
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Attualità

Confesercenti Avellino: contributi a ristoranti, pasticcerie e gelaterie fino al 70% degli investimenti

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“Nuove opportunità per le imprese irpine che intendano rilanciare e rinnovare le proprie attività. I settori coinvolti sono quelli della realizzazione e somministrazione di prodotti enogastronomici, per i quali è previsto un sostegno finanziario, al fine di valorizzare le eccellenze agroalimentari”. Ad affermarlo è Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti Avellino. 

Le imprese di ristorazione con somministrazione, le gelaterie e pasticcerie e le ditte che producono pasticceria fresca possono beneficiare di aiuti a fondo perduto per realizzare investimenti in beni materiali, con un’aliquota di agevolazione fino al 70% dei costi ammissibili.

Lo prevede il decreto ministeriale 24 gennaio 2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio. Lo stanziamento disponibile ammonta a 56 milioni di euro.

Una seconda misura riguarda sempre gli stessi settori, ma con aiuti finalizzati a coprire parte dei costi di sottoscrizione dei contratti di apprendistato, con giovani diplomati degli istituti alberghieri, nei servizi dell’enogastronomia. In questo caso, la dotazione finanziaria ammonta a 20 mln di euro.

Per la presentazione delle domande di accesso al regime di aiuto a favore degli investimenti le imprese devono risultare attive da almeno 10 anni alla data del 30 agosto 2022 o, in alternativa, avere acquistato nei 12 mesi precedenti la data indicata prodotti biologici, di origine protetta (DOP), con indicazione geografica protetta (IGP) o recanti certificazioni di qualità agricole e zootecniche (SQNPI e SQNZ), secondo percentuali minime indicate nel decreto appena pubblicato.

Tra le spese ammissibili rientrano l’acquisto di macchinari professionali e di beni strumentali all’attività dell’impresa, nuovi di fabbrica, organici e funzionali.

Il Ministero dell’Agricoltura concederà un aiuto in conto capitale non superiore a 30mila euro per impresa beneficiaria e rispettando l’aliquota massima di aiuto del 70%.

Le domande di agevolazione devono essere presentate sulla piattaforma informatica di Invitalia Spa. La modulistica sarà resa disponibile sul sito internet. Le domande potranno essere presentate a partire dal primo marzo 2024 e fino al 30 aprile successivo.

Le imprese beneficiarie possono richiedere un anticipo nella misura massima del 50% del contributo spettante. Per il saldo bisognerà presentare, entro i 30 giorni successivi alla data di ultimazione delle spese e comunque non oltre il 30 giugno 2025, una apposita richiesta, utilizzando sempre la piattaforma informatica di Invitalia.

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Confesercenti, Marinelli: rischio desertificazione sempre più forte, istituzioni affrontino priorità commercio

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“Anche in Irpinia, come nel resto del Paese, l’inflazione continua a sgonfiare le vendite. Il 2023 si è chiuso con una riduzione complessiva del volume di 3,7 punti, che prosegue anche in questi primi mesi del nuovo anno. Un calo che per le piccole superfici è ancora più consistente, ben 6 punti rispetto al 2022. Un vero e proprio crollo, in una situazione già molto delicata”. Ad affermarlo è Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti Avellino.

“I dati diffusi da Istat – prosege il dirigente dell’associazione di categoria – confermano purtroppo che l’inflazione media ha continuato ad incidere negativamente sulla spesa delle famiglie e che non accenna a frenare l’erosione delle quote di mercato per le piccole imprese.

Lo stesso fenomeno, seppur in forma ridotta, si era registrato lo scorso anno: dopo il rimbalzo post Covid del 2021, in due anni le imprese operanti su piccole superfici hanno fatto registrare una perdita cumulata in volume di quasi 8 punti.

Se poi si tiene conto anche della riduzione del potere di acqusito delle famiglie, dovuta all’inflazione, il valore reale delle vendite è ancora più negativo. Se i negozi di vicinato sono i più colpiti, va rilevato che anche il commercio elettronico per la prima volta è in arretramento, anche se dopo la crescita verticale del 2020, determinata dalla pandemia.

Appare pertanto sempre più evidente la necessità che le istituzioni, a cominciare dal governo nazionale, fino agli enti locali, affrontino con urgenza i problemi che riguardano le imprese del commercio e del turismo.

Dagli insostenibili costi della burocrazia all’elevato costo del denaro, dalle regole che premiano le grandi imprese alla web tax e al commercio online dei grandi marchi multinazionali, dal boom di utilizzo della moneta elettronica da parte delle imprese con i costi delle transazioni che non accennano a diminuire, sono i temi su cui sarà necessario un confronto nelle sedi preposte, come sottolineato anche dalla Confesercenti nazionale”.

“In provincia di Avellino, ma non solo, – conclude Marinelli – le numerose chiusure di attività e la ridotta natalità di nuove imprese rende sempre più concreto il rischio desertificazione dei centri urbani, con conseguenti problemi di sicurezza per i cittadini. Con le chiusure e la mancanza di servizi è in ballo la vivibilità di città e paesi”.

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Confesercenti Avellino: consumi famiglie irpine in calo, si prospetta autunno difficile

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“Il carovita continua a frenare i consumi, determinando preoccupazione per il futuro, tra gli operatori commerciali e tra le famiglie irpine”. Ad affermarlo è Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti.

“I mesi estivi – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – consegnano purtroppo un risultato negativo per le attività del territorio, in linea con l’andamento nazionale, anche se con modalità più marcate nelle aree interne del Paese, come la nostra.

Non sono bastati, dunque, i saldi e le vendite promozionali a dare una boccata d’ossigeno al settore. L’erosione del potere d’acquisto e dei risparmi infatti inizia ad incidere non più soltanto sul volume delle vendite, ma anche sui budget. Insomma non diminuisce unicamente la quantità di prodotti che i consumatori portano a casa, a causa dell’inflazione, ma si riduce anche la disponibilità di risorse da utilizzare per gli acquisti quotidiani.

A confermre il trend è lo studio commissionato da Confesercenti al Centro Europa Ricerche, dal quale emerge che se non ci saranno inversioni di tendenza, nel secondo semestre del 2023 si  registrerà nel Paese un calo dei consumi pari a 3,7 miliardi, rispetto ai primi sei mesi dell’anno.

A seguito della frenata del secondo semestre, a fine anno la crescita complessiva della spesa delle famiglie dovrebbe attestarsi sulla soglia del +0,8%, contro il +4,6% dello scorso anno. A penalizzare le scelte di consumo una combinazione di fattori. In primo luogo, il lungo periodo di alta inflazione, che ha ridotto la capacità di spesa degli italiani: il rientro è meno veloce di quanto atteso, con un aumento tendenziale dei prezzi che ad agosto risultava intorno al 5,4%. All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi, utilizzati dalle famiglie nella prima fase dell’aumento dei prezzi per mantenere i livelli di consumo precedenti: un margine di manovra che, dopo quasi due anni di corsa dei prezzi, si è ormai fortemente ridotto.

A rallentare i consumi anche l’aumento dei tassi di interesse portato avanti dalla BCE, ormai giunta al decimo rialzo consecutivo, che purtroppo influenza negativamente la capacità di spesa delle famiglie, in particolare di quelle con un mutuo a tasso variabile, impattando sulla crescita complessiva dell’economia. L’aumento dei tassi di interesse arriva inoltre in un quadro di rapido peggioramento dell’economia. I fattori propulsivi della ripresa post pandemica si stanno spegnendo, con un forte indebolimento, in particolare, degli impulsi provenienti da esportazioni e investimenti, il cui contributo alla crescita del PIL è in calo.

La variazione del Prodotto interno lordo torna quindi a dipendere in massima parte dalla dinamica dei consumi, purtroppo in rallentamento. E i più recenti indicatori ormai segnalano una preoccupante fase di pre-recessione”.

“Invertire la tendenza è ancora possibile, come ci dicono gli esperti, – conclude Marinelli – ovviamente con interventi mirati del governo, ma occorre agire tempestivamente. Come sollecitato da Confesercenti nazionale la via maestra è la detassazione delle tredicesime, che può garantire un temporaneo rimpinguamento dei portagogli dei cittadini, ma a lungo termine serviranno interventi strutturali”.

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