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Diffusione del Covid-19:“certificazione per la libera circolazione” in attesa del vaccino

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Tutta l’Europa si interroga sulle modalità di uscita dalla quarantena. Con lo slogan “strategy exit” chiede ai cittadini suggerimenti e idee per tornare alla ripresa di una vita più o meno normale. Per affrontare la fase 2, sicuri di “non contagiare” e “non essere contagiati”, servirebbe un test che individui chi, dopo aver contratto ed essere guarito dal Coronavirus, ha sviluppato gli anticorpiche gli consentono di non ammalarsi ancora. Grazie a questo esame, si riceverebbe una sorta di certificazione, una “patente di immunità” di cui tanti scienziati e studiosi parlano per superare o convivere con l’epidemia.

Tanti i suggerimenti che circolano sul web:

“Covid-19 Rapid Test”, il test in grado di identificare la positività/negatività al Covid-19, anche pregressa. Il test, che dà il risultato in pochi minuti ed è definito altamente attendibile (vicino al 100%) dalla comunità scientifica.
Il “test sierologico” che si articola come un normale prelievo ematico: i pochi microlitri di sangue del paziente vengono messi a contatto con la proteina sintetica utilizzando un “pezzo” di Sars-CoV-2. Il sistema automatizzato verifica il legame fra la proteina e l’anticorpo neutralizzante (ovvero lo stesso che impedisce alla particella virale di replicarsi nella cellula umana) e lo evidenzia attraverso un segnale luminoso (https://www.ilgiornale.it/news/cronache/virus-pronto-primo-test-italiano-patente-dimmunit-1850977.html e Corriere della Sera).
Infine, quella che secondo i medici «può essere la svolta»: dalle prime evidenze autoptiche sarebbero i trombi diffusi a essere letali. Imminente la stesura di un protocollo. Non è un nuovo farmaco, è un conosciuto anticoagulante, Eparina, dal costo irrisorio, ma, a quanto pare, dall’efficacia decisiva nella lotta contro il Sars-CoV-2. Il fluidificante del sangue, previene la formazione di coaguli sanguigni anomali. Sono, infatti, i trombi gli alleati più preziosi della Covid-19, secondo le rilevazioni degli specialisti italiani dopo le prime autopsie effettuate sui cadaveri infetti (https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bari/1218599/bari-molecola-di-dio-contro-la-covid-19-l-eparina-e-efficace-forse-ci-siamo. html#.Xpa6y7en5zs.mailto).
Sui primi, i Rapid test, Il 1° Aprile, la National Medical Products Administration (Nmpa), cioè la massima autorità del farmaco in Cina, in una nota ufficiale, aveva detto che i “rapid test” sierologici, quelli in cui basta una goccia di sangue ottenuta pungendo un dito con un risultato in 15 minuti, non avrebbero ancora ottenuto una certificazione di validità e sicurezza nel Paese.
Sui secondi, i “test sierologici”, l’8 Aprile viene pubblicato l’importantissimo risultato tutto italiano: sviluppato, sperimentato e prodotto in Italia il test che concede una “patente di immunità”. L’esame, che avrà un costo inferiore a 5 euro l’uno, potrebbe essere disponibile tra due settimane e servirà a stabilire gli individui con anticorpi neutralizzanti e chi, invece, ancora non è immune al Covid-19.
Sugli ultimi, le cure a base di Eparina, gli studiosi sostengono che le terapie in atto sembrerebbero fornire già ottimi risultati, che sarebbero ancora più importanti se questa terapia fosse instaurata all’inizio del decorso. Già in molti ospedali di tutta Italia si sta iniziando ad operare in tal senso e la pratica si sta diffondendo anche a livello territoriale perché i pazienti con i sintomi iniziali della patologia da Covid-19 potrebbero tranquillamente essere seguiti a domicilio riducendo drasticamente sia il numero dei ricoveri, sia soprattutto, l’incidenza di quelle severe complicanze che portano il paziente in terapia intensiva e spesso a morire».
Per tutti questi motivi, i suggerimenti più adatti alla “strategy exit”, rivolti ai responsabili preposti alla salvaguardia e tutela della salute del cittadino, dei consumatori, dell’ambiente e dello sviluppo economico, in attesa del protocollo di cura a base di Eparina e, soprattutto, in attesa del vaccino, sono:

che venga esteso il “test sierologico”. Effettuato da personale autorizzato (medici e laboratori), dovrebbe attestare l’immunità con certificazione da esibire alle autorità competenti, una sorta di patente di circolazione pari a quella di guida, a rinnovo periodico e stabilito (in questo caso si parla di rinnovo annuale) in sostituzione o in affiancamento all’attuale autocertificazione richiesta dai DPCM;
che chiunque lo desideri, a fronte di detta certificazione, possa circolare senza l’obbligo di indossare la mascherina che oltre a essere irreperibile, costituisce un enorme danno ambientale.
che l’obbligo di certificazione venga esteso a chiunque valichi il nostro confine e possibilmente a livello europeo. Obbligo di certificazione inteso come strumento per contrastare il devastante impatto del Covid-19 sul settore turistico e non solo (sintesi operata da Federterziario e realizzata su dati Eurostat e Citi Research, il Coronavirus potrebbe avere un impatto totale pari al 3.6% del Pil annuale italiano). Che ne sarà dei tradizionali Tamponi? I tamponi non si possono estendere a tutti per carenza mondiale di reagenti. Una soluzione potrebbe essere quella di evitare il secondo tampone finale in quei soggetti in cui era già stata riscontrata una negatività nel primo, contestualmente a un’alta presenza di anticorpi neutralizzanti. Si tratta di persone che stanno bene, ma alle quali sarebbe consigliabile stare in casa per circa una settimana. Solo a questi soggetti, perché costretti a riprendere l’attività lavorativa, sarà necessario garantire l’obbligo inderogabile della mascherina e del distanziamento sociale, come riportato dal Corriere della Sera. Siamo tutti consapevoli che i ”test sierologici” non sono una terapia e che non sostituiscono il tradizionale tampone, allo stesso modo siamo convinti che siano un valido aiuto alla collettività perché consentono di identificare gli asintomatici, causa prima della diffusione del virus, e favoriscono la Fase 2.

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Aleandro Longhi (Comitato SAT) sull’emergenza acqua:”Le finanze dell’Alto Calore sono al disastro”

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Il Consiglio del Distretto Irpino dell’Ente Idrico Campano ha approvato l’aumento delle tariffe dell’acqua del 30%. Il sindaco di Ariano Irpino Enrico Franza non figura tra i sindaci contrari, né tra quelli astenuti. Possiamo pertanto dedurne che il sindaco di Ariano fosse tra gli assenti o i favorevoli, in ogni caso ha deciso che i cittadini arianesi debbono pagare i 30% in più quell’acqua che l’Alto Calore eroga a singhiozzo. Franza, così loquace quando vuole, si è “dimenticato” di informare gli Arianesi che avranno un nuovo balzello del 30% sull’acqua, che continueranno a ricevere a singhiozzo. Per correttezza bisogna dire che, sia che i sindaci abbiano votato a favore che contro, sia che abbiano partecipato al voto o che si siano astenuti, non cambia nulla: il vero problema è che le finanze dell’Alto Calore sono al disastro. Nelle città civili, i primi servizi che un sindaco dovrebbe assicurare sono: l’acqua pubblica, il sistema fognario, la depurazione delle acque, ovvero tutto quello che non è stato fatto ad Ariano. Si grida contro l’Alto Calore Servizi SpA, su cui si scaricano le responsabilità, dimenticandosi del passato e persino del presente. Gli azionisti, quindi i padroni dell’Alto Calore, sono gli enti locali, ovvero la maggior parte dei Comuni irpini e del Sannio, che oltre a detenere le azioni dell’Alto Calore, sono i proprietari dei tubi marci che dovrebbero portare acqua nelle case. I vecchi tubi sono di piombo, di ghisa, di eternit e non sono mai stati cambiati, ma soltanto rappezzati. I grandi tubi delle condotte principali sono invece di proprietà della Regione Campania attraverso l’Ente Idrico Campano: l’Alto Calore è soltanto il gestore pieno di debiti che vengono dal passato, e forse anche dal presente. Quanti sindaci avranno chiesto a quell’ente, l’assunzione clientelare di qualche parente, amico o semplice elettore? È giunta l’ora di rimboccarsi le maniche ed attuare un risanamento dell’Alto Calore e l’attuale Amministratore Unico sembra ci voglia provare. I sindaci sono i principali responsabili della mancanza d’acqua nelle case degli Irpini, nonostante l’Irpinia galleggi sull’acqua: persino un regio decreto dell’inizio del Novecento recitava che sindaci erano tenuti a dare acqua “bona” ai propri cittadini. Regione, Ente Idrico Campano, Alto Calore, Comuni e Province, non hanno neanche avuto la dignità di richiedere i fondi del PNRR (miliardi di euro) per il risanamento idrogeologico e per il rifacimento delle reti idriche. Se il Comune di Ariano, che sta spendendo 5 milioni di euro del PNRR per rifare il lastricato di 5 piazze, avesse sostituito km di tubi, sarebbe stato meglio, ma come si sa, i tubi non si “vedono”. Ovviamente anche la Regione Campania dovrà fare la sua parte. L’Amministratore Unico, avv. Antonello Lenzi, ci sta provando con uno degli strumenti a sua disposizione: l’aumento delle tariffe a carico dei cittadini, che dovrebbero pagare anche per il 60-70% di acqua che si disperde dai tubi fatiscenti. Ma c’è un altro strumento: l’aumento di capitale dell’Alto Calore SpA. Si indica un’assemblea straordinaria dei soci (i sindaci azionisti), si faccia partecipare un notaio e si deliberi un aumento di capitale con azioni riservate agli attuali azionisti, per scongiurare che qualche malintenzionato pensi di introdurre qualche grimaldello per far entrare i privati. Certo, i Comuni dovranno pagare, ma di fronte alla prolungata emergenza acqua, si deve attuare una politica di austerità: il denaro si può e si deve trovare! Non è da molto che l’indennità dei sindaci è stata aumentata e con essa, a cascata, quella dei vice sindaci, degli assessori, dei presidenti del Consiglio comunale e dei consiglieri. Per i sindaci che fanno del loro incarico un mestiere (e ciò non è edificante), si potrebbe tornare all’indennità precedente, quelli che invece continuano a svolgere il loro lavoro privato retribuito, potrebbero rinunciare alle loro indennità, così come i consiglieri comunali, al gettone di presenza. Abito ad Ariano Irpino, che dopo Avellino, è il primo azionista dell’Alto Calore e so che il sindaco percepisce un’indennità di 4.140 € mensili in quanto, non avendo un lavoro, non si è messo in aspettativa: perché non rinuncia almeno in parte alla sua indennità e così a seguire, tutti gli altri amministratori? Si facciano meno trasferte inutili a carico dei contribuenti, si disdettino i fitti passivi che i Comuni pagano ai privati, si riscuotano i fitti attivi di immobili, che spesso sono concessi in comodato d’uso gratuito per ragioni clientelari, si mettano in vendita le proprietà immobiliari dei Comuni non utilizzate a fini istituzionali, che potrebbero attivare un circuito virtuoso di investimenti, che creerebbe uno sviluppo economico. Si inizino a tagliare le spese effimere come i vari concerti che si propinano ai cittadini, credendo che si possa sostituire l’acqua con la musica. Si indicano appalti pubblici e si facciano pagare le penali alle imprese che non rispettano i contratti: quando c’è un’emergenza bisogna attuare una politica di austerità. Manca l’acqua nelle case e il Comune di Ariano Irpino ha appena concesso ben 190.000 euro a 14 associazioni: è una mancia elettorale?                                                                                                                                                                             

Di fronte alla mancanza d’acqua, non ci sono scuse: ognuno dovrà fare la propria parte senza gravare ancora una volta sui cittadini. Si sono accorti i sindaci che i loro paesi si stanno spopolando? Se si vogliono rilanciare le zone interne dell’Irpinia non si può prescindere dai servizi essenziali, a partire proprio dall’acqua. Si intende che anche la Regione dovrà fare la propria parte: la sostituzione dei grandi tubi principali che spesso si rompono e dovrà dare un finanziamento straordinario all’Alto Calore.                                                                                           

I sindacati, dal canto loro, non si possono sterilmente abbarbicare nella difesa dei dipendenti dell’Alto Calore: devono promuovere una “VERTENZA ACQUA” per sconfiggere chi vede nella privatizzazione la soluzione di ogni problema. Privato non è sinonimo di efficienza, bensì un ulteriore strumento per sfruttare i lavoratori e spremere i cittadini con alte tariffe per l’acqua.                                                                                                                                                                                    
Aleandro Longhi                                                    Coordinatore Comitato SAT (Salute, Ambiente, Territorio)

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L’acqua non si vende, sit-in a Napoli il 27 agosto per l’acqua pubblica

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Papa Francesco nella Laudato si ci insegna che: “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani.” Il surriscaldamento del pianeta sta mettendo a serio rischio il diritto all’acqua a causa dell’abbassamento delle fonti. In Campania, come in tutto il sud Italia, la situazione è sempre più drammatica. Nel momento in cui le interruzioni del servizio idrico sono all’ordine del giorno, ci saremmo aspettati che la politica si impegnasse a garantire il rispetto del referendum del 2011 e tariffe agevolate per l’accesso all’acqua a tutta la popolazione. Ed invece incredibilmente l’Ente idrico Campano si riunisce in piena estate il 27.08.2025 per deliberare:

la privatizzazione dell’acqua nella provincia di Caserta con una gestione mista pubblico/privato;

l’aumento delle tariffe nei 126 comuni delle province di Avellino e Benevento serviti

da Alto Calore servizi.

    La privatizzazione dell’ambito casertano fa parte del più ampio processo di svendita dell’acqua in tutta la Campania a favore di Acea. E inaccettabile che la regione con i bacini più ricchi del sud Italia diventi terra di conquista per le multinazionali che vogliono rivenderci la nostra acqua a peso d’oro. Siamo stanchi di ascoltare dalla politica la stessa favoletta: “non ci sono risorse per gestire l’acqua e per questo è inevitabile il ricorso ai privati”. Ma i soldi per le armi si trovano sempre mentre sono lasciati a secco settori vitali quali la sanità, la scuola ed il risanamento delle reti colabrodo. La risposta alla crisi idrica non è la privatizzazione, come dimostra l’ingresso dei privati in settori quali autostrade, elettricità, gas e telefonia che ha portato soltanto aumenti delle tariffe e disastrose gestioni.

    Dall’altra parte è inaccettabile che a pagare i debiti di Alto Calore siano soltanto le famiglie già alle prese con grosse difficoltà economiche. Per questo chiediamo con forza il rispetto del concordato fallimentare per mettere in sicurezza l’Ente e garantire una gestione pubblica della risorsa, senza un indiscriminato aumento delle tariffe.

    Il Sit-in si terrà il 27.08.2025 alle ore 15 a Napoli in via De Gasperi 28, davanti la sede dell’Ente Idrico Campano

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    La Direzione strategica dell’Asl in visita alle strutture e agli ospedali di Sant’Angelo e Ariano

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    In un clima di grande collaborazione la Direzione Strategica ha avuto un confronto attivo con i direttori delle strutture sanitarie e ospedaliere, i medici e il personale sanitario e amministrativo con l’intento di avviare un dialogo funzionale all’individuazione e risoluzione delle criticità esistenti e al potenziamento dei servizi sanitari al cittadino sia a livello territoriale che ospedaliero. Dopo l’incontro di lunedì scorso con il personale della sede centrale di Avellino, il primo passo della Direzione strategica è stata la visita mercoledì dell’SPS di Bisaccia, del Distretto Sanitario e dell’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi, e oggi del Distretto Sanitario e Ospedale di Ariano Irpino per un saluto ai dipendenti.

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