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RISCHIO DI NUOVA CRISI IDRICA E DISATRO ALTO CALORE. CINQUE STELLE ARIANESI ALL’ATTACCO

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L’estate arianese e irpina è iniziata, accompagnata dai disagi dovuti alle prime sospensioni stagionali dell’erogazione dell’acqua. Nel corso di questo meseabbiamo contato già disservizi, tutti consecutivi, durante iquali l’acqua è venuta a mancare in una fascia oraria compresa tra la sera e la mattinata del giorno successivo.

I comunicati dell’Alto Calore, attraverso i quali l’ente espone scarne motivazioni sulla mancata erogazione dell’acqua, parlano spesso di riduzioni della portata determinata da presunti consumi eccessivi ed alte temperature. Oltre all’imbarazzante genericità dei motivi addotti, sembra paradossale che vi possano essere difficoltà di approvvigionamento dopo mesi invernali e primaverili molto piovosi (senza considerare la abbondanti precipitazioni che continuano a verificarsi, accompagnate da temperature finora mai molto elevate). Senza contare, poi, le sospensioni idriche disposte senza preavvisi e/o comunicati alla cittadinanza. 

Inoltre, il RUP ing. Carmine Montano, dell’autorità ambito territoriale n.1 “Calore Irpino”, inoltrava a tutti i Gestori territoriali dell’ex ATO 1 una nota, prot.n.32 del 02/01/2018,nella quale si chiedeva di individuare i possibili interventi per fronteggiare una probabile nuova emergenza,stabilendo tempistiche di livello di progettazione e importi degli interventi. Tali opere dovrebbero incrementare l’immissione di acqua attraverso nuovi prelievi e/o potenziamento di captazioni già in atto.

I tempi previsti per i suddetti interventi variano dai 30 ai 180 giorni: ci chiediamo come in archi temporali così lunghi e flessibili si possano apportare e mettere in atto interventi adeguati a contrastare da subito un’emergenza idrica estiva-autunnale. Ricordiamo che le opere programmate,finalizzate a recuperare una portata d’acqua stimata pari a circa 1316 l/s, a realizzare 75 km di nuovi adduttori e nuovi volumi di accumulo per circa 4.000 mc, hanno un costo stimato in euro 38.242.205,42. Soldi che, in base ai piani sopra descritti, dovrebbe mettere a disposizione la Regione Campania.

Allo stato attuale, le misure previste sono relegate alla dimensione puramente virtuale: ci avviciniamo al periodo dell’anno considerato più critico, senza che il piano  sia stato quantomeno  avviato. Ne sono prova tangibile proprio le sospensioni idriche dei giorni scorsi.

Vogliamo anche ribadire che i due grandi mali che affliggono il servizio idrico, in seno all’Alto Calore, sono l’assenza di trasparenza nelle scelte aziendali unitamente ad una gestione disastrosa dal punto di vista patrimoniale. La condizione dell’ente idrico irpino è drammatica, quella di una società sull’orlo del fallimento ed oberata da passività che superano i 200 milioni di euro, per debiti che ammontano a 134,4 milioni di euro e crediti non riscossi pari a circa 95 milioni.

Eppure lo scorso anno, il 20 giugno 2017, il Presidente dell’ente Lello De Stefano, presso la sede dell’Autorità di Bacino a Caserta, annunciava con toni trionfalistici quello che avrebbe dovuto essere un “punto di svolta” nella gestione dell’acqua, cioè il raggiungimento di un accordo con l’Acquedotto Pugliese per la redistribuzione della risorsa idrica.

Una situazione divenuta insostenibile per gli utenti del servizio, i quali, oltre a subire pesanti disagi, continuano a pagare bollette piuttosto elevate, decisamentesproporzionate rispetto  a normali consumi individuali e familiari, soprattutto se rapportate alla cattiva qualità del servizio erogato.

E’ più che opportuno mettere in risalto come il Comitato Esecutivo dell’Ente Idrico Campano, in data 22 novembre 2017, si riuniva ed emanava la delibera n. 6/2017, in cui si chiedeva a ciascun Ambito Territoriale di predisporre piani finalizzati a fronteggiare possibili emergenze nel corso dei periodi estivi ed autunnali del 2018.

Queste indicazioni all’EIC avrebbero dovuto consentire di elaborare un piano di interventi emergenziali da porre all’attenzione della Giunta della Regione Campania (ai sensi della L.R.15/2015). Il coordinatore del Distretto “Calore Irpino”, ing. Giovanni Colucci, nella seduta del 19/12/2017,decretava priorità e indirizzi,individuando gli interventi finalizzati al recupero della risorsa idrica da eventuali nuovi pozzi o captazione di sorgenti. 

“L’ardua battaglia” (parole di De Stefano) avrebbe portato all’attribuzione ad Alto Calore ed Acquedotto Pugliese di nuove quote di acqua, equivalenti al 50% per ciascuno dei due enti. Una redistribuzione “fifty-fifty”, da attuarsi incrementando lo sfruttamento della diga di Conza con l’attivazione di un potabilizzatore, ed estesa allo sfruttamento (sempre attribuendo all’Alto Calore il 50% dell’acqua) delle sorgenti di Cassano Irpino.

In seguito, il 9 agosto 2017, di nuovo De Stefano annunciava un altro “passo avanti”, che sarebbe stato rappresentato da nuovo accordo sottoscritto a Caserta da Alto Calore, Acquedotto Pugliese, Regione, Ente idrico campano, Ambito territoriale Calore Irpino e Autorità di bacino. L’intesa tra i vari enti citati, che attribuiva all’Alto Calore 100 litri al secondo più rispetto alla fornitura precedente, non solo aveva la durata di soli sessanta giornima addirittura conferiva alla Puglia un ulteriore quantitativo pari a 120 litri al secondo mediante prelievo di acqua da Caposele.  

Terminati i sessanta giorni previsti dall’accordo di Caserta, si è ritornati a concedere all’Acquedotto Pugliese 6.500 litri al secondo di risorse idriche, lasciandone ad Irpinia e Sannio soltanto 600.

Peccato che la natura propagandistica degli annunci di De Stefano lasciasse prefigurare ben altri scenari, anticipati dallo stesso Presidente quando affermava che “l’Alto Calore non ha i mezzi e le infrastrutture e  tutto quello che serve per usufruire del nuovo riequilibrio”, riferendosi chiaramente alla ben nota rete idrica disastrata, nonché alla carenza di personale  tecnico. (Si riferiva, forse, anche alle gigantesche passività in bilancio di un ente divenuto nel corso degli anni “area di collocamento” di personale politico escluso da altri ruoli?).

Su un piano generale, occorre definitivamente superare sia la Delibera della Giunta Regionale n. 309 del 28 giugno 2012 che il Protocollo d’Intesa tra la Regione Campania e la Regione Puglia, ratificato dalla stessa Delibera e sottoscrittoa Roma il 10 maggio 2012. Protocollo che, iniquamente, riserva ai Comuni serviti da Alto Calore soltanto una piccola parte dell’acqua sorta in Irpinia. 

In via immediata, Amministrazione Comunale e Provincia devono fare pressioni su Regione Campania, Ente Idrico Campano e Distretto “Calore Irpino, affinché agiscano di concerto ai sensi della Legge Regionale n. 15 del 15 dicembre 2015 per sbloccare l’attuale stallo.

Inoltre, se i fondi per la realizzazione delle opere previste verranno attribuiti in maniera diretta ai Comuni, bisognerà vigilare a che la stessa Amministrazione Comunale proceda in maniera celere all’esecuzione degli interventi che rientrano nel proprio ambito territoriale.

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Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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