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Guardia di Finanza – Operazione: “SCATOLE CINESI”

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E’ ad una svolta l’inchiesta relativa al fallimento della ALMEC SpA.:sono state eseguite quattro ordinanze di custodia cautelare – arresti domiciliari – nei confronti dei promotori ed organizzatori per aver posto in essere un’ingente frode perpetrata in danno dell’azienda altirpina determinando una distrazione di circa € 16.500.000,00 nonché un’enorme evasione fiscale per aver emesso fatture per operazioni inesistenti per circa € 11.300.000,00 e per aver evaso le imposte sui redditi ed IVA per € 11.250.000,00.

L’ALMEC SpA è al centro di una vicenda che ha generato gravi preoccupazioni nel panorama industriale della provincia di Avellino. Infatti, al riguardo, va ricordato che lo stabilimento ALMEC di Nusco aveva una capacità produttiva pari a circa 20.000 tonnellate all’anno di componenti in alluminio, vantava clienti finali del calibro di FIAT, PIAGGIO, GENERAL MOTORS, VOLKSWAGEN, ecc. ed aveva visto crescere progressivamente i livelli occupazionali, fino a raggiungere il numero di 280 lavoratori impiegati direttamente nella produzione e nell’amministrazione dell’azienda. Purtroppo, però, l’andamento oltremodo positivo della gestione ha dovuto subire un brusco arresto con l’acquisto della proprietà, nel 2008, da parte del “Gruppo Caponi” di Pontedera e con l’interposizione nei rapporti di acquisto e di vendita di tutte le materie prime, semilavorati e prodotti finiti, da parte di due società riferibili al medesimo “Gruppo Caponi”, “TECNOCONTROL Srl” e “3 SYSTEM Srl”. Da quel momento, si è assistito ad una rapida “decozione” della ALMEC, con il progressivo svuotamento delle risorse finanziarie e patrimoniali, distratte a fini personali, fino a determinarne il fallimento, nel marzo 2011.

L’inchiesta, condotta dalla Procura della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi è stata sviluppata in modo encomiabile dalla Guardia di Finanza di Avellino, Nucleo di Polizia Tributaria, dalla Tenenza Guardia di Finanza e Sezione di P.G. di Sant’Angelo dei Lombardi ed ha individuato un sofisticato strumento di pianificazione aziendale illecita, finalizzato alla creazione di una “ company” destinata ad acquisire gran parte delle attività di produzione industriale e svariate “companies” da portare al fallimento, tutte operanti nel campo della “fusione di metalli leggeri”: ALMEC INDUSTRIES SRL; ALMEC FINANCIAL SRL; ALMEC TECNOLOGIES SRL; ALMEC FOUNDRIES SRL; ALMEC DIES SRL. Le attività investigative hanno richiesto l’esecuzione di perquisizioni e sequestri di documentazione d’interesse nel comune di ROMA, presso le sedi di 7 società, nate in seguito alla scissione dell’ALMEC SPA, in Pontedera (PI) presso la sede della ALMEC SpA, presso il domicilio dell’Amministratore, di altre persone fisiche coinvolte nelle indagini e di uno studio professionale di consulenza aziendale ed elaborazione elettronica di dati contabili.

Il sistema fraudolento ideato e posto in essere dalle persone indagate, si è basato sul collaudato sistema c.d. delle “scatole cinesi”, in cui una società, il suo patrimonio e le attività aziendali vengono frammentati in un numero indefinito di altre società di capitali, alla cui amministrazione vengono destinati soggetti nullatenenti, che assolvono a disposizioni e compiti impartiti specificamente dagli ideatori della frode; in pratica, il sistema consente di trasferire a terzi la titolarità di quote societarie, azioni, immobili ed attività aziendali, in maniera da poterli destinare a scopi estranei a quelli imprenditoriali, tra cui la creazione di disponibilità finanziarie all’estero (San Marino e Svizzera).

Avendo le attività di approfondimento consentito di raccogliere importanti elementi di evidenza investigativa circa l’attualità e la sussistenza di gruppo operante in diversi luoghi del territorio nazionale, gestito da professionisti e amministratori di società compiacenti come associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, attuata anche mediante commissioni di altri reati mezzo ( fatture per operazioni inesistenti emesse ed utilizzate per simulare operazioni infragruppo, omesso versamento di contributi previdenziali e assistenziali ecc.).

 

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Attualità

Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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