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Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua – Il governo Meloni vuole seppellire il Referendum del 2011

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Il governo Meloni si appresta a privatizzare definitivamente la gestione del servizio idrico nel nostro Paese. Risulta infatti in via di discussione in un prossimo Consiglio dei ministri la bozza di Decreto-legge “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico” all’interno della quale, alla lettera e) dell’art. 3, si può leggere che “…L’affidamento diretto può altresì avvenire a favore di società in house…con partecipazione obbligatoria di capitali privati a condizione che:
le medesime siano partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale e abbiamo come soggetto sociale esclusivo la gestione del servizio idrico integrato;
il socio privato, direttamente o indirettamente, detenga una quota del capitale sociale non superiore a un quinto;
al socio privato non spetti l’esercizio di alcun potere di veto o influenza determinante sulla società;”
Non sono bastati 13 anni, durante i quali, governi di diverso colore hanno continuamente ignorato l’esito referendario, ma ora, se questo decreto venisse licenziato definitivamente, si porrebbe una pietra tombale alla volontà popolare espressa nel giungo 2011 favorendo e rendendo di fatto prioritaria la scelta di ingresso di capitali privati nella gestione dell’acqua.

Ovviamente il pretesto è quello di aumentare i finanziamenti al servizio per renderlo adeguato in termini di ammodernamento della rete e di superamento delle condizioni di dissesto idrogeologico che interessano il nostro Paese e che ancora persistono, nonostante i continui aumenti tariffari (pagati dalle nostre tasche) registrati in questi ultimi 12 anni, grazie al metodo di calcolo della tariffa stabilito dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti (ARERA) che, evidentemente, con il suo principio di “Full Recovery Cost” si dimostra sempre più un buco nell’acqua. A nostre spese e a fronte di lauti dividendi ridistribuiti ai soci di quei gestori, a partecipazione pubblico-privata, già presenti sul nostro territorio.

Dopo il colpo di mano di Mario Draghi, che prima di mollare l’osso della sedia presidenziale del 2022, vieta la gestione dei servizi locali “a rete” (tra i quali la gestione del servizio idrico) attraverso Enti di diritto pubblico (così come espresso dall’esito referendario), e il conseguente “Testo unico sul riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” a firma di Giorgia Meloni con il quale si concedeva il rinnovo o la costituzione ex novo di gestioni in house tramite strettissimi paletti (tra i quali una giustificazione del mancato ricorso al mercato), ora gli Enti locali (Comuni o Regioni) si vedrebbero calare dall’alto questa nuova disposizione con la quale verrebbero usurpati di quote gestionali per una quota pari al 20% a fronte di una partecipazione privata di soggetti che senza “alcun potere di veto o influenza determinante sulla società” difficilmente rinunceranno a incassare il dividendo scaturito nella gestione del servizio al termine dell’esercizio invece che re-investirlo nel servizio erogato, contribuendo in questo modo a mantenere alte le bollette…e vuote le nostre tasche.

Tutto questo nonostante l’Europa non chiuda affatto la porta ad alcuna gestione, anche quella attraverso Aziende Speciali.

Sarà proprio all’Europa, nel condannare fortemente questo ennesimo tentativo di privatizzazione dell’acqua, che il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua si rivolgerà a breve con il deposito presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del testo di un ricorso che intende ristabilire il diritto negato dalla mancata eseguibilità dell’esito referendario del giugno 2011, per garantire a tutt* noi una gestione dell’acqua pubblica, fuori dalle regole del mercato, partecipata ed equa.

Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.

Roma, 1 Ottobre 2024.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

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Reti Idriche – Liberi e Forti: “Un solo finanziamento, ne prendiamo atto ma il problema resta”

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Riceviamo e pubblichiamo

Il sindaco rivendica un finanziamento di 4,1 milioni per la rete idrica. Ne prendiamo atto, ma il problema resta: Ariano Irpino, con oltre 25.000 abitanti, ha ricevuto in un precedente provvedimento la stessa cifra assegnata a piccoli comuni con poche centinaia di residenti.

Non è un attacco, è una domanda legittima: perché il secondo comune della provincia è stato escluso dai 66 milioni di euro recentemente stanziati dalla Regione Campania e distribuiti a decine di comuni irpini?

Aver ricevuto un finanziamento modesto e prima dello stanziamento di ulteriori 66 milioni, rispetto alle reali esigenze di una grande città significa forse non poter accedere ad altri interventi? Noi chiediamo risposte e cerchiamo di capire, non polemiche. E continueremo a farlo per Ariano.

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Auto in fiamme in pieno centro storico

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Auto in fiamme lungo la centralissima via Tranesi di Ariano. Una Mini Countryman è stata avvolta dalle fiamme, probabilmente a causa di un corto circuito, ed è stata danneggiata nella parte anteriore, per fortuna senza conseguenze per persone o altre autovetture parcheggiate nelle vicinanze. Sul posto i vigili del fuoco del distaccamento di Grottaminarda, insieme alla polizia municipale ed ai carabinieri delle locali stazioni.

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Referendum 8 e 9 giugno: i cinque quesiti su lavoro e cittadinanza

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Domenica 8 e lunedì 9 giugno i cittadini italiani si recheranno alle urne per votare i cinque Referendum abrogativi in materia di disciplina del lavoro e concessione della cittadinanza italiana. Nella Gazzetta Ufficiale n.75 del 31 marzo, infatti, sono stati pubblicati i decreti del Presidente della Repubblica con i quali sono stati indetti i referendum e sono stati resi noti i relativi cinque quesiti.   
Le operazioni di voto si svolgeranno domenica 8 giugno 2025, dalle ore 07:00 alle ore 23:00 e lunedì 9 giugno 2025, dalle ore 7:00 alle ore 15:00.

QUESITI REFERENDARI

1)  «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: abrogazione». (25A02038)

«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015,  n.  23,  come modificato  dal  d.l.  12  luglio  2018,  n.   87,   convertito   con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n.  96,  dalla  sentenza  della
Corte costituzionale 26  settembre  2018,  n.  194,  dalla  legge  30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal d.l.  8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla  L.  5  giugno 2020, n. 40; dalla sentenza  della  Corte  costituzionale  24  giugno 2020, n. 150; dal  d.l.  24  agosto  2021,  n.  118,  convertito  con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal  d.l.  30  aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n.79  (in  G.U. 29/06/2022,  n.  150);  dalla  sentenza  della   Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22;  dalla  sentenza  della  Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128,  recante  “Disposizioni  in materia di  contratto  di  lavoro  a  tempo  indeterminato  a  tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”  nella sua interezza?». 

2) «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale». (25A02039)

«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme  sui  licenziamenti  individuali”,  come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n.  108, limitatamente alle parole: “compreso tra  un”,  alle  parole  “ed  un massimo di 6”  e  alle  parole  “La  misura  massima  della  predetta indennità  può  essere  maggiorata  fino  a 10 mensilità  per  il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci  anni  e  fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità  superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa  più  di quindici prestatori di lavoro.”?».

3) «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi». (25A02040)

«Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15  giugno  2015,  n.  81, avente ad oggetto “Disciplina organica  dei  contratti  di  lavoro  e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma  dell’art.  1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014,  n.  183”  limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole  “non superiore  a  dodici  mesi.  Il  contratto  può  avere  una   durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi  applicati  in  azienda,  e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di  natura  tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;”  e  alle  parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento  del  termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole  “,  in  caso  di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”;  Articolo  21,  comma  01,  limitatamente  alle  parole
“liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?».
 
4)  «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione». (25A02041) 

«Volete voi l’abrogazione dell’art.  26,  comma  4,  in  tema  di “Obblighi  connessi  ai  contratti   d’appalto   o   d’opera   o   di somministrazione”, di cui al decreto legislativo 9  aprile  2008,  n.
81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza  nei  luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16  del  decreto  legislativo  3 agosto 2009, n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21  giugno  2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9  agosto  2013,  n.  98, nonché dall’art. 13 del decreto  legge  21  ottobre  2021,  n.  146, convertito con modifiche  dalla  legge  17  dicembre  2021,  n.  215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non  si applicano  ai  danni  conseguenza   dei   rischi   specifici   propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?». 

5) «Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana». (25A02042)

«Volete  voi  abrogare  l’articolo  9,  comma  1,   lettera   b), limitatamente  alle  parole  “adottato  da  cittadino   italiano”   e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera  f),  recante  la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede  legalmente  da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”,  della  legge  5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”?».


COME SI VOTA?
Chi vota SI esprime la volontà di abrogare le predette norme.
Chi vota NO, invece, esprime la volontà di mantenere in vigore le predette norme.

VALIDITÁ DEL REFERENDUM
Per raggiungere il quorum, ovvero affinché la consultazione referendaria popolare sia valida, è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno.

INFO UTILI
L’elettore dovrà presentarsi al seggio con un documento di identità valido e la tessera elettorale.
Chi non è munito di tessera elettorale oppure ha esaurito gli spazi disponibili, può richiederla all’Ufficio Elettorale del Comune di residenza.

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