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Enrico Franza:” Il mio appello a tutte le forze politiche, ex Sindaci, a tutte le organizzazioni e associazioni”

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Non più tardi di due giorni fa, ho voluto rivolgere un appello a tutti i Consiglieri Regionali e alla Deputazione campana, perché si potesse, per una buona volta, far fronte comune con una azione politica unitaria, tesa a ottenere il giusto riconoscimento al ristoro del danno economico subìto dai comuni sottoposti al regime di “Zona rossa”, ed esclusi inopinatamente e in modo discriminatorio dal fondo dei 200 milioni ad essi riservato. Ciò perché ritengo doveroso da parte della nostre massime rappresentanze democratiche assumere una posizione netta e inequivocabile a difesa della dignità dei nostri territori, rinunciando alle rispettive logiche di appartenenza.
Tempo addietro, ebbi a dire che la politica deve essere improntata alla buona norma del silenzio, quando risulta necessario per evitare strumentalizzazioni o ipocrisie di sorta, e parlare, invece, quando occorre ristabilire l’ordine dei fatti e delle priorità; e ancor più addietro sostenni a più riprese che i cittadini hanno la capacità di stare un passo avanti rispetto alla politica tutta e di unirsi in un vincolo di solidarietà e di coesione per il conseguimento di una causa comune.
In quelle ore, noi non fummo all’altezza di questo nobile esempio.
Oggi, ancor più di ieri, non possiamo, tuttavia, consentirci di stare un passo indietro, ma di metterci accanto alla nostra comunità, perché si possa dire questa volta, o ancora una volta, Ariano è una ed una soltanto.
Francamente, ritornare all’origine di tutto non giova a nessuno e non è di certo oggi il tema centrale della discussione, né tanto meno è il dividersi tra di noi, sostituendoci a chi ha la titolarità, la legittimità di verificare ciò che è lecito o illecito.
Non cadiamo nella trappola di andare alla ricerca tra di noi degli incoscienti di ieri e degli incoscienti di oggi; non cadiamo nella trappola di dividerci tra responsabili e irresponsabili. Potremmo non uscirne più. Mai.
Questo non spetta a noi.
A noi spetta, semmai, a rischio di apparire retorico, andare a ricercare quella causa comune, che è la nostra Città, da difendere a testa alta, uniti e senza divisioni.
Come ben sappiamo, è nella alleanza con le nostre coscienze che si trova la forza di affrontare una battaglia e difendere la nostra dignità.
Nel racconto della nostra Città, fatto dal Presidente della Regione, ci si è soffermati nell’esprimere giudizi sommari che presumo suffragati da fonti non ancora del tutto esaustive, poiché richiedono, fino a prova contraria, una approfondita indagine giudiziaria e su cui, forse, caro Presidente, sarebbe stato opportuno tacere e attendere l’evoluzione dei fatti per il doveroso rispetto che si deve alle persone coinvolte.
29 morti, più di 200 contagiati, famiglie abbandonate a loro stesse e una comunità che ha subìto, oltre al danno, la beffa: l’oltraggio del pregiudizio.
Dunque, quel che è mancato nella trama del racconto fornitoci, è quanto accaduto da questo punto in poi.
Mi sarei aspettato una parola, almeno una parola sulla gestione dell’emegenza sanitaria. Svista? Dimenticanza? Me lo auguro.
Da questo punto in poi, il racconto di fa pellicola.
Noi cittadini, dalle nostre case, abbiamo assistito alla visione di una pellicola proiettata soltanto per frammenti.
Frammenti che ci hanno restituito una parte della complessa trama che ci ha visti protagonisti per ben due lunghi mesi della scena emergenziale della intera Irpinia.
Ed è per tutte queste ragioni, esclusivamente per queste ragioni, che mi rivolgo a tutte le forze politiche, ex sindaci, a tutte le organizzazioni e associazioni arianesi, anche in vista dei risultati dei tamponi sui 700 positivi al test seriologico, per ritrovarci uniti nel rinnovare l’invito al Presidente della Regione a confrontarsi con la Città di Ariano, né colpevole né vittima, perché insieme si

lavori a riprodurre quella pellicola nella sua versione integrale, che abbia finalmente un epilogo e che, come si direbbe in termini cinematografici, sia una finale aperto da lasciarci intravedere un seguito che sia certamante più promettente, e che ci veda questa volta, però, protagonisti di una storia che renda giustizia al ruolo della nostra Città, ferita e colpita fortemente sul piano morale, sanitario ed economico.

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Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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