Attualità
23 NOVEMBRE 1980 – I 90 SECONDI CHE DURANO DA 40 ANNI

23 novembre 1980. Domenica. Sandro Pertini era l’amatissimo Presidente della Repubblica Italiana.
Si avviava a conclusione la sosta settimanale prima di riprendere il lavoro di operaio/universitario nella terra del Sommo Poeta. La Toscana.
Come tanti estimatori dello sport, calcio, seguivo la partita in televisione.
L’interruzione video/audio improvviso ‘’violento terremoto in Campania’’!
Istantaneo fu il groppo in gola, la mente si affollò di pensieri, ipotesi, azioni da compiere.
La prima fu comporre il numero di telefono di casa dei miei genitori. Tentativo ripetuto decine di volte cambiando il numero: Stazione Carabinieri, Ospedale Civile di S. Angelo dei Lombardi.
Rispondeva un rumore assordante ‘’tu..tu..tu..tu’’.
Il pensiero corse alla Croce Rossa della Regione Toscana, mi rispose un’allarmata e solidale voce femminile ‘’..non so darle notizie precise, sappiamo che una scossa tremenda, un boato si sono verificate nel territorio tra Campania e Basilicata..mi addolora. Appena sapremo qualcosa la informerò, abbia fede’’.
Il territorio citato era la mia terra! Viveva lì la mia gente!
Le mie sorelle, in lacrime, mi incoraggiavano speranzose di trovare coraggio contro la disperazione.
Incollati allo schermo che ogni tanto forniva aggiornamenti. A turno si cercava, con rabbia e speranza, di comunicare con i genitori.
Il telefono del Comune, dei Carabinieri, della Polizia, muti.
Improvvisa una telefonata dalla Direzione del personale dell’Azienda metalmeccanica dove lavoravo.
Mi si informava di considerarmi in permesso retribuito per l’evento immane e che l’Azienda stava predisponendo soccorsi collaborando con settori regionali, Croce Rossa e Parrocchia.
La stessa telefonata fu inoltrata ai compagni operai campani. Eravamo tanti in azienda.
Le immagini in televisione si susseguivano, mostravano frammenti di vita smarrita, dispersa, sbriciolata come le case che qualcuno iniziò a chiamare catapecchie, case da presepio. Lacerando i rimasugli di dignità nella mia gente annientata dalla natura. Le macerie mostrate dalle riprese della Rai facevano da guida ai soccorsi estemporanei di decine di volontari solidali. I superstiti intuirono che i giornalisti televisivi avevano il ‘potere’ di convogliare gli aiuti.
Nessuno poteva immaginare il domani.
Il domani arrivò, l’ansia e l’angoscia simili all’attesa nella saletta antistante i reparti chirurgici o le sale di rianimazione, crescevano. Mi recai al Duomo della cittadina dove risiedevo, Pontedera. Centinaia di persone, ciascuna con buste della spesa, scatoloni, scatole; dalle auto che si alternavano scendeva gente che scaricava pacchi, scatole.
Un compagno di turno in azienda mi fece cenno, mi offrì una penna e dei registri. Bastò un’occhiata per capire: si poteva registrare il nome e domicilio di quelle persone. Accanto alle generalità, il tipo di ‘’merce’’.
Osservavo il volto di tutti coloro che senza lamentele stavano in fila, pochi accettarono di rilasciare i propri dati.
Tutti dichiaravano ‘’quando a noi toccò l’alluvione dell’Arno perdemmo tutto. Nessuno volle essere ricordato per nome. Conta dare’’.
Trattenere la commozione non fu semplice, non so quante ‘’grazie’’ pronunciai.
Per due giorni ci si alternò alla ricezione. Altri caricavano camion, furgoni. Fui chiamato nel Duomo, il Preposto volle chiedermi la disponibilità ad accompagnare un camion il giorno dopo. Il cuore fece un balzo nel petto.
‘’Vai a casa ora, da due giorni tu e gli altri conterranei non vi fermate. Torna stasera e partirai’’
Il viaggio, compiuto con uno studente universitario estroverso, simpaticissimo e un giovane artigiano edile, assunse contorni sempre più strani dal Grande Raccordo Anulare in poi: l’inverno autunnale si faceva marcato, l’autostrada deserta, pochissime vetture ferme alle aree di servizio.
Ci alternammo alla guida.
Il casello d’uscita senza sbarra, gabbiotto del casellante vuoto. La destinazione della nostra consegna era S. Angelo dei Lombardi
Le indicazioni stradali, improvvisate, deviavano il percorso dalla provinciale che attraversava Chiusano di S. Domenico e Sam Mango sul Calore.
Illuminava quella mia terra, lussuriosa un tempo, distesa sulle sue colline appena graffiate dal lavoro secolare di mani resilienti. Seguimmo la strada per Salza Irpina, verso Castelvetere al bivio, Montemarano, il famoso Ponte Massaro che percorremmo senza alcun problema. In televisione fu definito ‘’pericolante’’.
Nei pressi del bivio di Nusco un cumulo di pietre che una volta erano modesta abitazione di una famiglia.
Alle 5 del mattino del 27 novembre la tabella sghemba annunciava ‘’Benvenuti a S. Angelo dei Lombardi. Da 40 anni cristallizzati in me gli istanti, fotogrammi visivi, emozionali, terribili della curva a salire e la prima, assurda immagine: un edificio, sulla destra, accartocciato su se stesso. Evidente la sua recente costruzione.
Evidenti i ferri delle ‘armature’ di pilastri e solai. I nostri cuori ebbero un colpo a immaginare, solo immaginare cosa avessero provato le persone nei loro momenti di intimità familiare. Strinsi li mani al volante. Il tremore si faceva insopportabile. Ricordavo il campo di calcio. Avevamo visto in televisione che ovunque accoglievano i superstiti.
La luna mostrava la sua sfacciata luce che consentì a un ufficiale dei Vigili del fuoco al quale fummo indirizzati di guardarci come ‘invadenti’. La sua rabbia aveva la medesima origine della mia: erano appena arrivati senza conoscere la vastità della tragedia. Come noi. Come me.
Voci, indefinite, nomi urlati, lamenti. Non era un set cinematografico, quello sarebbe arrivato dopo.
Risaliti sul camion ci dirigemmo verso l’Ospedale. Cornice della strada macerie, pietre, calcina, alcuni edifici nuovi schiacciati ver terra da una mano invisibile. Come quello di fronte alla Caserma dei Carabinieri che conservava i resti dell’insegna. Sotto quelle macerie uomini, padri.
Sul lato opposto stavano allestendo il campo circa 30 Carabinieri, foulard di colore giallo al collo, appena giunti da Napoli, con cucina da campo che avrebbe potuto fornire circa 400 pasti al giorno.
Al comando un capitano di cui ricordo la zeppola nel parlare, imprecazioni, lacrime trattenute :’’abbiamo ordine di controllare il panico…Dio mio, qua è una strage, una tragedia immensa!’’
Ci assegnò una tenda in cui depositare coperte, alimenti per bambini, medicinali per diabetici, disinfettanti, guanti da lavoro, mascherine, beni a lunga conservazione. Chiesi all’ufficiale notizie dell’Ospedale.
‘’Non andate lì..’’
Cosa che invece facemmo. Fermammo il camion all’ingresso dell’area. Il cuore si fermò per qualche istante.
La struttura di 4 livelli, seppi poi realizzata su un annoso deposito di rifiuti, non superava i due piani con una sorta di coperchio di cemento in cui alcuni Vigili che attraverso un buco entravano e uscivano. Restammo inebetiti a guardare, un’ambulanza in attesa, impotenti.
Sorgeva l’alba, gelida, grigia. Nel silenzio irreale ‘’è viva..è viva’’! Il nostro cuore riprese a pulsare, espirammo sentendoci afflosciati.
Le voci, diradate, provenivano da direzioni disparate. Erano pugnalate. A scavare persone sopravvissute, dei paesi vicini. Il mondo, il resto dell’Italia neanche conosceva l’Irpinia, Avellino era soltanto la squadra di calcio di serie A.
Chiesi ai due compagni di viaggio di dirigerci verso il mio paese. Altre macerie lungo la strada, deviazioni scritte con pennarelli indelebili. Giungemmo dopo un’ora all’ingresso del paese, l’ex casa cantoniera che mostrava integro solo una parete con la scritta antica del paese: Paternopoli.
Il terrore s’impadronì della mia mente. Si allentò soltanto davanti quella casa che avevo lasciato l’anno prima. I miei erano in buona salute. Erano le 7 di mattina, convinsi i due ragazzi a riposarsi, io mi recai a piedi nel paese, a ricercare amici, conoscenti sperando di incontrarli tutti.
Non vi erano edifici costruiti di recente. Danni visibili ad alcune case. I vicini di ogni quartiere organizzati in piccole comunità: chi nelle auto, chi sotto tende improvvisate, condividevano quanto riuscivano, rischiando, a recuperare dalle proprie abitazioni. La bottiglia di passata di pomodoro, improvvisati impasti per la pasta fresca, pentole, trepiedi a mò di fornello.
Immagine bucolica che non lasciava presagire l’esplosione del virus, quello dell’afferrare, del malaffare.
Tornammo in mattinata a S. Angelo dei Lombardi. Fummo costretti a fermarci al quadrivio: caos. Ecco, l’unica parola che può descrivere quello che si mostrava ai nostri occhi. Fila interminabile di auto, furgoni, camion; mucchio crescenti di pallet di latte, pasta, biscotti, pannoloni venivano scaricati e poca gente del posto che recuperava, mortificata, il necessario. Nella zona stava sorgendo un Campo Base della Regione Toscana. La Protezione Civile sarebbe stata istituita in seguito.
L’Irpinia è zona sismica dichiarata dal 1974 eppure vi si costruiva con cemento tipo farina, come ebbe a dichiarare Franco Roberti magistrato che prese servizio a S. Angelo dei Lombardi il 25 novembre. Le sue indagini e quelle messe in atto dalla Magistratura sin da subito a nulla portarono. Il virus era latente, si era insinuato nell’anima. La camorra aveva degni rappresentanti locali. Si è dato colpa al terremoto, la colpa è dell’essere umano. Via Stadera a Napoli, con le sue vittime, fece affluire miliardi al Capoluogo regionale. Nel cratere, in Irpinia, insistono abitazioni che ancora aspettano il ‘ristoro’. Perché l’epicentro fu spostato secondo le volontà prevalenti. Il cemento iniziava a fluire e a ricoprire la storia di questa terra, la sua anima, la sua dignità. Sarebbero arrivati allo Stato italiano, dagli Stati Uniti, dal Belgio, dall’Algeria, dall’Arabia Saudita, dalla Germania, quasi 120 milioni di dollari nell’immediato, ospedali da campo. Altri milioni in seguirono.
L’Irpinia fu oggetto d’indagine di una Commissione parlamentare per aver assorbito 50 mila miliardi di lire. Di essi più di 20 mila vennero dirottati a Napoli. La Commissione accertò che i restanti 30 mila circa interessarono zone pugliesi lucani, qualche centro laziale.
I 90 secondi, tempo inusuale di un sisma, durano ancora oggi.
Attualità
Videosorveglianza: in arrivo nuove telecamere per la città

Il comune avvisa, tramite il sito istituzionale, l’inizio dei lavori per l’installazione di un sistema di videosorveglianza, che prevede sette telecamere ad alta sorveglianza e lettura targhe, posizionate nei punti strategici di accesso e uscita dal centro abitato.
Questa iniziativa fa parte del Programma Operativo Complementare POC “Legalità” 2014-2020 e ha ricevuto un finanziamento di 150.000 euro. Il progetto “Ariano Irpino Legale 2022” mira a garantire un monitoraggio costante del territorio, migliorando la sicurezza e contrastando atti di vandalismo e violazioni delle norme di sicurezza urbana.
Attualità
Il GSA Ariano fa sul serio! Arriva dalla serie B il nuovo libero Mottola

Sarà Francesco Mottola, il nuovo libero del GSA Pallavolo Ariano per la stagione 2025/26. L’atleta sannita non ha bisogno di presentazioni, ormai da anni è un assoluto protagonista nella categoria cadetta. Nel suo palmares annovera una Coppa Italia di serie B e una promozione in serie A3, entrambe ottenute con la compagine degli Spike Devils Campobasso.
Giocatore dinamico e grintoso incarna appieno lo stile del libero moderno; sono bastate poche parole per convincere Francesco a sposare il progetto ufitano che lo ha convinto fin da subito per serietà ed ambizione.
Con l’annuncio del nuovo libero si apre ufficialmente la stagione sportiva del GSA che quest’anno disputerà il massimo campionato regionale, un campionato ricco di insidie e dall’alto tasso tecnico dove gli irpini, guidati dal duo Giulio Filomena e Nico Medici, si dovranno misurare con piazze storiche della pallavolo campana.
Le parole dell’atleta :
“Sono contento di entrare a far parte della famiglia GSA Pallavolo Ariano, un progetto che parte dalle basi e con una grande storia alle spalle. I presupposti per affrontare un campionato di livello ci sono tutti. A tal proposito, ci tengo in primis a ringraziare il mister Giulio Filomena, che da subito si è reso disponibile ed ha accolto le mie necessità, rendendomi dal primo giorno partecipe del gruppo squadra. Spero di conoscere presto anche i tifosi che ci sosterranno in questa stagione e che ci accompagneranno ogni weekend nel fare grandi cose. Un grande in bocca al lupo a tutti per questa nuova avventura e forza Ariano!”
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Roberto Fico (M5S) ad Ariano Irpino, si parlerà di Sanità, Infrastrutture e Sviluppo della Valle Ufita

Si terrà giovedì 10 luglio 2025, alle ore 17:30, presso il Museo Civico di Ariano Irpino, un importante incontro pubblico dal titolo: “Sanità, Infrastrutture e Sviluppo in Valle Ufita”. Un’occasione di confronto aperto per il futuro del territorio, che vedrà la partecipazione di figure di rilievo del panorama politico locale e nazionale.
Ospite d’onore dell’iniziativa sarà Roberto Fico, già presidente della Camera dei Deputati e figura di riferimento del Movimento 5 Stelle, che interverrà per discutere delle prospettive di rilancio socio-economico dell’Irpinia, con un focus particolare sulla sanità territoriale, le opere infrastrutturali strategiche e le opportunità di sviluppo sostenibile per la Valle Ufita.
A prendere parte al dibattito anche: Enrico Franza, sindaco di Ariano Irpino, Nello Pizza, Luigi Simeone, Generoso Maraia. A moderare l’incontro sarà il giornalista Norberto Vitale.
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