Politica
Nicola Prebennna candidato sindaco della lista civica Pro-Civitate propone le riflessioni sul “Valore alto della Politica”.

Il comitato di PRO CIVITATE è lieto di proporre all’attenzione degli amici la riflessione che segue, del candidato sindaco prof. Nicola Prebenna, testimonianza che l’attaccamento ai valori non si improvvisa ma si radica su convincimenti solidi, a più riprese espressi e, soprattutto, calati nel concreto della vita vissuta.
Riflessione pubblicata in data 30 gennaio 2006 sul sito www.laginestraedizioni.it sezione Irpinia oggi on line, fondato da Yuri Grasso, Ariano Oggi. OGGI COME IERI: I VALORI NON CAMBIANO!
IL VALORE ALTO DELLA POLITICA
Gli avvenimenti, sia a dimensione nazionale e locale che planetaria, che si sono succeduti negli ultimi vent’anni hanno sommosso e modificato profondamente il modo di vivere e di pensare dell’uomo qualunque e contribuito a demistificare sempre più il ruolo e l’azione di chi, per vocazione o per interesse, sceglie di dedicarsi alla tutela della “res publica”. Tutto ciò si è prodotto in conseguenza di due fattori decisivi, il processo di deideologizzazione in atto da un lato e il processo di globalizzazione dall’altro, che sono in realtà due facce della stessa medaglia. Infatti, la prospettiva, e per certi versi, la realtà di un unico mercato mondiale ha riproposto senza ambiguità e mistificazioni che il motore della politica planetaria è l’economia, intesa come capacità di soddisfare rapidamente e in misura sempre più elevata i differenti bisogni che gli uomini avvertono, oltre a favorire l’aspirazione al profitto, al desiderio di star meglio, di gruppi e persone. Conta poco, per gli audaci dell’intraprendenza economica come, dove e cosa favorisca la conquista del profitto, anche in misura spropositata; ma le regole che disciplinano le modalità di acquisizione del profitto le definisce, deve definirle e fissarle, la politica, la capacità cioè di armonizzare, o di tentare di armonizzare, la legittima aspirazione a star meglio, a produrre di più, a far fruttificare i talenti – ricevuti o di cui si dispone – dei più audaci e decisi, con il dovere di pensare alle esigenze e necessità dei più deboli, o con la necessità di creare meccanismi di sintesi in cui la ricerca di interessi specifici non confligga con l’armonia generale o con la pace sociale da promuovere costantemente. Ed il compito primario della politica è quello di finalizzare verso obiettivi alti e generali i legittimi interessi individuali e di gruppo alla ricerca del profitto, consentendo anche ai più deboli e sfavoriti una risposta dignitosa alle difficoltà della vita. La ricerca del profitto non può costituire la molla unica ed esclusiva dell’agire; è necessario, sul piano sociale, che si creino meccanismi, reti, interazioni, che garantiscano alla società nel suo insieme di ridurre le occasioni di conflittualità e di creare un contesto di civile confronto e di sviluppo integrato e coordinato: ed è la politica a doversi occupare di ciò. Un tempo, decenni addietro ed ancora oltre, ma sarebbe più corretto dire nel corso della storia, le ipotesi di organizzazione del vivere civile passavano attraverso il filtro dell’ideologia, strumento di lotta ed insieme prospettiva palingenetica, in grado di giudicare le decisioni prese da chi gestiva il potere, di condividerle o rigettarle; non è, per carità, che oggi l’ideologia sia stata bandita, è che il preminente interesse economico ha smussato molte delle differenze del passato tra ideologie spesso ferocemente contrapposte e se, nella sostanza, oggi destra e sinistra si affrontano senza esclusioni di colpi anche maldestri, in fondo i principi a cui dichiarano di tener fede sono poi sostanzialmente gli stessi e si identificano con il condensato di valori che sincreticamente possiamo riferire al patrimonio della cultura classica, alla interpretazione della vita proposta dal cristianesimo, alla cultura dell’illuminismo e successivamente della migliore tradizione liberale e socialista. Li distingue, in ultima istanza, il loro rapporto con il potere: c’è chi ce l’ha e chi vi aspira, chi in una parte è governo e chi opposizione, e viceversa. Gli ultimi e recenti avvenimenti, le dimissioni del governatore, manager di prim’ordine finiti sotto inchiesta, dirigenti e responsabili del mondo cooperativistico, programmaticamente ed organicamente funzionali all’economia della sinistra, finiti nel mirino della magistratura e sorpresi ad operare con gli stessi mezzi degli imprenditori finanziari d’assalto, dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse ulteriore bisogno, che il conflitto d’interessi è ben più sottile e radicato di quanto lo si voglia semplificare. E non bastano le collocazioni partitiche, di schieramento, a legittimare come geneticamente più scevre da contaminazioni di sorta, gruppi e individui. Occorrerebbe esser ciechi per non constatare, dalle realtà più modeste a quelle più complesse, che spesso gli intrecci, le commistioni, le interferenze, quando non le invasioni di campo o le programmate incursioni della politica negli affari e le pretese del mondo degli affari di condizionare e determinare le scelte politiche, sono spesso la realtà quotidiana. Legittimamente ci s’indigna per lo scenario che sta venendo fuori, ma non credo che il mondo della stampa, gli opinionisti, gli attenti analisti della politica e della finanza fossero all’oscuro degli intrecci pacchiani e marchiani tra le due sfere; e non serve accanirsi contro manovre o dichiarazioni di solidarietà imprudenti da parte di chi nel conflitto d’interessi c’è fino al collo. Mi sembra uno spettacolo deludente quello che stanno offrendo Prodi e Berlusconi, non tanto per le accuse reciproche e tutte in fondo motivate (non pare che si conoscano molto bene?), quanto per l’emergere ancora una volta dello scarso senso etico di cui dovrebbero dar prova coloro che si candidano alla guida di un paese complesso e spesso esigente, quale il nostro. Non è un problema di facile soluzione, né le prospettive positive sono immediate; fare politica significa dare risposte concrete alla gente, organizzare servizi efficienti ed estesi, favorire la massima occupazione, promuovere iniziative a sostegno della qualità della vita e della salvaguardia di un ambiente incontaminato; diventa pertanto inevitabile che il politico si debba occupare di cose concrete, quindi anche di attività “economiche”; è indispensabile, però, che spetti alla politica individuare i problemi, che essa sappia leggere e riconoscere i bisogni che emergono dal contesto nazionale ed internazionale, prospettare le soluzioni più idonee e soprattutto dettare le regole perché chi si occuperà di operare, con gli strumenti economico-finanziari disponibili, per realizzare la legittima aspirazione al profitto ed alla felicità, possa operare in un quadro di riferimento certo, rispettando le regole, e consapevole che il giusto e sacrosanto diritto alla libera iniziativa trova nel bene comune, nella res publica, il suo limite ed anche se necessario la sua negazione. Due mondi separati ma convergenti: la politica, disincagliata da una forte connotazione etica, finisce per essere consorteria affaristico-clientelare, la finanza ed il mondo imprenditoriale senza regole certe e definite si tramutano nella giungla smisurata e capricciosa in cui vige la legge del più forte, del più spregiudicato, del più arrogante e del più rapace, a tutto danno dei pesci piccoli che rimangono per via, senza vita e senza speranza. Purtroppo la linea di demarcazione tra i sostenitori delle ragioni dell’etica e di quelli che privilegiano il mondo degli affari non è né legata a schieramenti, né a singole formazioni politiche, sono come delle linee isosismiche che in modo irregolare attraversano campi e terreni di varia natura: so bene che tale affermazione corre il rischio di essere tacciata di qualunquismo: purtroppo oggi le acque sono così torbide che l’individuazione di chi, politicamente impegnato, sia sensibile all’esibizione di precisi imperativi etici, non è impresa facile. E’ del cittadino avveduto e sensibile saper individuare tra le tante voci clamantes quelle che più fondatamente invitano alla riflessione, alla necessità di non deflettere dal valore alto dell’etica, presupposto e fondamento di un responsabile impegno politico, oltre che di una ordinata e trasparente gestione della propria attività economica. E così si deve concludere che non deve essere solo la politica ad avere nell’etica il suo postulato, ma anche l’attività economica, in modo che risulti esplicito che operano a differenti livelli e con modalità differenziate, ma tendenti allo stesso scopo: migliorare la qualità della vita dei cittadini, armonizzando le aspettative legittime dello star meglio con l’esigenza più profonda di star bene con se stesso e con gli altri.
Attualità
Ciampi (M5S): Con le dimissioni di Lenzi, privati più vicini alla gestione dell’acqua

Le dimissioni di Lenzi segnano un punto a favore dei privati. Oggi la fine dell’acqua pubblica è più vicina.
Apprezzo gli sforzi di Lenzi nella direzione di conservare l’acqua in mano pubblica, gli sono solidale e senza dubbio non mi convince l’attacco di alcuni esponenti politici che denunciano il ritardo della governance e parlano di ritardi nel piano di ristrutturazione finanziato dalla Regione. A caldo mi pare che la politica, intendo i consiglieri regionali e i sindaci-soci dell’Alto Calore, non hanno fatto una bellissima figura. Gettare la croce su un amministratore che comunque ha portato avanti il concordato è ingeneroso e contribuisce a confondere le idee sulla crisi attuale. Chiederò alla Giunta Regionale quale sia la reale consistenza dei flussi finanziari arrivati nelle casse dell’Alto Calore o dei comuni soci. In tutto questo Lenzi ha lavorato sul concordato e Palomba è arrivato da pochissimi mesi: cosa ci si aspettava da questi due professionisti? Non vorrei che la manovra sia quella di spianare rapidamente la strada al privato.
Non ho sentito nessuno prendersi la responsabilità di questa situazione e non mi rassicura che a getto continuo si facciano proposte (dal bonus, al rinvio delle decisioni sugli aumenti) senza dare risposte chiare.
Per quanto mi riguarda continuerò a battermi per la gestione pubblica dell’acqua. L’acqua resta pubblica, va ribadito, solo se i sindaci risponderanno davvero al loro mandato elettorale: l’interesse dei cittadini. Ciò non è accaduto fino ad oggi perchè ha vinto l’appartenenza politica e la convenienza elettorale. L’acqua pubblica e la sua gestione pubblica saranno le principali questioni che il nuovo governo regionale dovrà affrontare. Il cambio di stagione passa per una nuova tutela dei cittadini, dell’ambiente, delle risorse locali.
Attualità
Convocazione Consiglio Comunale – Tra i punti in discussione l’emergenza idrica

Ad Ariano Irpino il Presidente del Consiglio ha convocato il Civico Consesso nella Sala Consiliare “Giovanni Grasso” di Palazzo di Città, in seduta ordinaria, per il giorno 28 agosto 2025 alle ore 08,00 in prima convocazione e per il giorno 29 agosto alle ore 10,30 in seconda convocazione, con il seguente ordine del giorno:

Attualità
Antonio Bianco :”Senza soldi non si cantano messe, il Sud dimenticato anche dall’opposizione”

Il gap tra le due aree del Paese è un dato assodato, negli ultimi due anni il PIL del Sud è stato più alto di quello del Nord, con risolti positivi, ad avviso della Meloni, sull’avviata, ma presunta perequazione economica fra le due aree del Paese. La realtà parla di ben altro: la spesa storica, la mancanza di servizi, il divario infrastrutturale sono fattori che, in sinergia tra loro, determinano l’impoverimento e lo spopolamento del Sud. Permane la differenza del reddito pro-capite, che è la metà, e la disoccupazione doppia rispetto al Nord. La situazione socio-economica non è per niente rassicurante, a sinistra Bonelli e Fratoianni, rappresentanti di AVS, indicano le priorità da affrontare quali: disoccupazione, scuola, università, sanità, alta velocità ferroviaria e rigettano l’idea di costruire il ponte sullo stretto. Pur apprezzando il loro operato, nulla dicono sulla mancata perequazione territoriale della spesa pubblica complessiva pro-capite sociale e infrastrutturale che, ogni anno, applicando il criterio della spesa storica, sottrae al Sud 60 miliardi, indirizzati verso il Nord. Tiepida è la condanna dei due leader del regionalismo differenziato, riforma che, se attuata in tutti i suoi aspetti, porrebbe la pietra tombale sulla Questione Meridionale. In poche parole, Bonelli e Fratoianni citano i problemi in cui affonda il meridione senza indicare dove prendere i soldi, i tempi di intervento e le modalità di esecuzione di un programma pluriennale per la rinascita del Sud, ponte ideale tra l’Europa e le coste meridionali e orientali del mediterraneo. Inoltre il PIL italiano cresce come un prefisso telefonico, dopo il 2026 dobbiamo restituire il prestito con gli interessi di 122,6 miliardi del PNRR e occorre onorare gli impegni assunti dal governo Meloni in sede internazionale. A ciò si aggiunga che Adriano Giannola, presidente della Svimez, ritiene necessari almeno100 miliardi per la rinascita del Sud.
È finito il tempo dell’enunciazione dei problemi, occorre prioritariamente indicare le risorse finanziarie, certe e permanenti, indispensabili a mettere in atto un programma elettorale credibile che punti sulla rinascita del Sud.
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