Attualità
Viaggio-inchiesta nella sanità. Roma quasi come Ariano? Il virus sia di monito per progettare un futuro di una società dei diritti

Parla Maurizio Piano
Nei lunghi anni in cui ho vissuto a Roma, Maurizio Piano, è stato il mio medico di base: competente e disponibile, è diventato anche un buon amico, dal quale la distanza geografica non mi ha separato. Specialista in malattie dell’apparato respiratorio, è medico del territorio, per due diverse Asl di Roma.
Cosa ti chiedono di più nell’emergenza?
Soprattutto il triage telefonico. Se ci sono persone suggestive per infezioni da Covid, le monitoriamo in tempi brevi, diamo terapie empiriche e poi facciamo trasferire i casi sospetti, presso le unità di ogni Asl a cui afferiscono. Prendiamo nome e cognome del paziente, quindi lo facciamo isolare: lavoro impegnativo che richiede una presenza costante e una pressione notevole.
Che si intende per cura empirica?
Quando non si ha certezza di positività poiché, per diversi motivi non è stato ancora fatto un tampone, perché si differisce o non ci sono, si stabilisce una terapia basilare in pazienti che si pensa possano essere molto suggestivi per infezione. Non utilizziamo soltanto paracetamolo, ma anche antibiotici come l’azitromicina, cortisonici, antinfiammatori. Questo nei pazienti più a rischio, ma se la situazione non è gestibile a domicilio, allora bisogna ospedalizzarli: il 118 li veicolerà nelle strutture idonee. Noi medici di base siamo il primo step per il paziente, rappresentiamo la gestione sul territorio e facciamo da trait-d’union con le altre strutture. Il nostro è anche un lavoro di rassicurazione sui sintomi, e persino di psicologia: i pazienti si rivolgono a noi per primi. Svolgiamo anche un’opera di contenimento delle paure, dell’ansia che manifestano, sospettandosi sintomatici.
Funziona il collegamento tra il medico d base, il 118 e la Asl?
Il paziente si rivolge al medico di famiglia, che è colui al quale è più facile accedere: io ho anche un cellulare dove sono sempre reperibile. Il problema diviene un po’ più complesso, quando si fa la segnalazione alla Asl delle generalità del paziente a rischio: non sempre c’è un rapido feedback da parte della Asl o dell’unità di crisi che chiama il paziente. Quando ho un sospetto e lo notifico, mi aspetterei che fosse sottoposto ad ulteriori accertamenti, visto che si trova in una situazione di isolamento domiciliare. Bisognerebbe fare subito il tampone per accertarne la condizione e decidere le modalità successive da attuare.
Come sta andando da voi per i tamponi?
Dei pazienti che ho segnalato, nessuno è stato sottoposto al tampone, che è quello che dà la certezza della positività al coronavirus e in base al quale, si decide se debba essere messo in quarantena domiciliare. Il motivo non lo conosco, non so quali criteri discriminanti si stiano adottando, bisognerebbe chiederlo alla Asl. Lo diranno meglio gli epidemiologi, ma credo che siamo partiti piuttosto tardi.
È stata sottovalutata l’emergenza?
Al Nord è successo uno tsunami che andava gestito in maniera più rapida e più incisiva. Sarebbero servite misure restrittive più severe e solerti. Paradossalmente, il Centro Sud, che generalmente è più impreparato, ha reagito meglio, forse anche perché lì è arrivato un po’ più tardi. I numeri dicono che stiamo andando verso una lenta ripresa, ma non dobbiamo illuderci, né correre a riaprire tutto: rischieremmo di annullare i notevoli sacrifici fatti finora. Serve senso di responsabilità da parte di ognuno di noi e, anche se Roma ha reagito abbastanza bene, vedo un po’ di gente in giro che si inventa scuse per uscire. Qualche controllo in più, soprattutto in vista delle belle giornate che stanno arrivando e dei fine settimana, non guasterebbe. I sacrifici sono necessari perché sebbene non si veda, il virus esiste, ed è estremamente subdolo.
Come hanno reagito le strutture romane?
Ci sono delle strutture d’eccellenza che hanno retto benissimo, un caso su tutti, lo Spallanzani. Ricordiamoci però, quando tutto sarà finito, che molto si regge sulla buona volontà delle persone che lavorano a capofitto. In una società civile, bisogna investire sui diritti basilari, come quello alla salute, all’istruzione, alla giustizia, affinché in una situazione di emergenza, non se ne paghino le conseguenze. Nella situazione di emergenza in cui il virus ci ha messo, i nodi sono venuti al pettine. La sanità ha mostrato una grossa carenza di programmazione: la sanità pubblica delega alla privata attraverso le convenzioni, mentre dovrebbe rimanere pubblica ed essere autosufficiente nel garantire servizi fondamentali. Bisognerà riflettere attentamente anche sull’evasione fiscale: se non ci fosse stata, avremmo avuto a disposizione un gettito maggiore utilizzabile per i servizi. Bisogna porsi degli obiettivi che, mettendo a frutto quello che è successo, guardino a una dimensione del futuro che implichi una società più tutelata, in cui i più deboli abbiano dei diritti. Questo si ottiene tramite investimenti notevoli: quello che è accaduto deve servire da monito perché si prendano provvedimenti per programmare un futuro nuovo.
Come vi regolate per l’accesso dei pazienti presso il vostro studio?
Adottiamo dei sistemi di sicurezza: le persone possono accedere presso lo studio uno alla volta, per evitare il più possibile assembramenti e contatti, nonché per un adeguato ricambio dell’aria. Le visite possono essere fatte preferibilmente per appuntamento, visto che le altre malattie ci sono sempre. In caso di urgenze ambulatoriali o domiciliari, noi siamo sempre disponibili.
La sanità allo Stato o alle regioni?
Allo Stato, a meno che quest’ultimo non vigili con attenzione e tolga delle deleghe particolari alle regioni. Lo Stato deve capire come spendono le regioni: se si toglie un ospedale pubblico e si dà una convenzione a un privato, bisogna capire perché: i privati non sono enti morali, mirano al profitto.
Roma è orfana anche di una struttura d’eccellenza, chiusa ormai da qualche anno, il Forlanini…
Tutta la mia formazione l’ho fatta lì, ci ero molto affezionato. Era un complesso ospedaliero con delle eccellenze, come Pneumologia e Chirurgia toracica, splendido anche architettonicamente, un grosso patrimonio immobiliare che avrebbe potuto essere riconvertito. Vederlo smantellato e fatiscente, è un vero peccato, soprattutto in questo momento di emergenza, nel quale le sue strutture avrebbero potuto essere utilizzate.
Attualità
L’eutanasia delle aree interne del Sud decisa per legge

Il governo Meloni ha predisposto il nuovo Piano Strategico per le Aree Interne pubblicato dal Dipartimento delle Politiche di Coesione e per il Sud, struttura che coordina e pianifica l’attuazione delle politiche di coesione territoriale. Il documento messo a disposizione del Ministro Tommaso Foti, in quota Fratelli D’Italia, descrive la drammatica situazione di ben 42 aggregati comunali del Sud per i quali si configura una situazione di “povertà dietro l’angolo” e individua come soluzione “l’accompagnamento allo spopolamento” ritenuto “l’obbiettivo minimo”. Il Presidente della CNA di Enna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), Valentino Savoca, denuncia il fatto e dichiara, senza mezzi termini, la scelta “inaccettabile e offensiva nei confronti di milioni di persone, della storia di tante comunità e dell’Italia dei comuni” (Ennalive.it, 2 luglio 2025). La migrazione dalle aree interne del Mezzogiorno è stata valutata irreversibile, sia dall’attuale governo che da quelli precedenti, mai contrastata con azioni concrete che avrebbero potuto invertire il trend negativo. I dati dell’Istat confermano la diminuzione della popolazione ed offrono al governo Meloni l’alibi per ridurre o azzerare le risorse finanziarie per la sanità, l’Istruzione, del fondo perequativo e infrastrutturale nonché quelle del PNRR, dirottandole verso il Centro-Nord. Con l’effetto di favorire l’accentramento della popolazione in poche aree urbane super affollate, dotate di servizi efficienti mentre le aree interne del meridione sono condannate ad un oblio programmato che le trasformerà in una riserva indiana abitata, in maggior misura, da anziani. I meridionali sono di serie B ma quelli delle aree interne appartengono ad una sotto categoria con ancora minori diritti di cittadinanza, concetto ribadito in una nota di Marco Sarracino, responsabile coesione territoriale, Sud e aree interne della segreteria nazionale del Pd (2 luglio 2025). Nemmeno con i fondi del PNRR si è voluto ridurre il divario infrastrutturale complementare alla nascita dell’industria manifatturiera e della logistica finalizzate alla riduzione della migrazione. Hanno favorito le disuguaglianze socio-economiche che rendono il Paese diviso e disuguale.
Attualità
Convocato Consiglio Comunale – In discussione lo spostamento del mercato settimanale e riconoscimento stato di calamità

Ad Ariano Irpino il Presidente del Consiglio ha convocato il Civico Consesso nella Sala Consiliare “Giovanni Grasso” di Palazzo di Città, in seduta ordinaria, in unica convocazione per il giorno 8 luglio 2025 alle ore 17,00 per la trattazione dei seguenti argomenti:
- – Richiesta riconoscimento stato di calamità e costituzione di un tavolo tecnico per il monitoraggio dei danni subiti e l’individuazione degli agricoltori danneggiati;
- – Spostamento del mercato settimanale in località Cardito. Discussione ed esame della possibilità di revoca del provvedimento e di ripristino della sede originaria.
Attualità
AREE INTERNE, D’AGOSTINO(FI): NESSUN DECLINO IRREVERSIBILE

Il segretario provinciale di Avellino scrive alla Premier e al Ministro per la Coesione: “Per i nostri territori occorrono infrastrutture, accesso al credito, agevolazioni fiscali e valorizzazione del turismo sostenibile, non rassegnazione.”
Roma, 2 lug – “Le aree interne non sono un capitolo chiuso della storia economica del Paese, né un peso morto destinato al declino. Sono un potenziale straordinario di sviluppo, lavoro e qualità della vita. Serve il coraggio politico di scommettere sul loro rilancio, non la rassegnazione istituzionale”. Lo dichiara l’on. Angelo Antonio D’Agostino, responsabile nazionale del Dipartimento Innovazione e Sviluppo di Forza Italia e segretario provinciale del partito ad Avellino, commentando il contenuto del Piano strategico nazionale per le aree interne, dove si parla di “struttura demografica compromessa” e di una condizione di difficilissima reversibilità per molti territori.
“Sono valutazioni che mi permetto di respingere con determinazione – prosegue D’Agostino – perché rischiano di cristallizzare una visione rinunciataria, che finisce per deresponsabilizzare la politica e scoraggiare le comunità locali. L’Italia non può permettersi di archiviare un terzo del proprio territorio come se fosse perso per sempre. Per questo ho scritto una missiva alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al Ministro per le Politiche di Coesione, Tommaso Foti, per chiedere di rivedere le parti del Piano che fanno riferimento a una presunta irrimediabilità del declino, sostituendo questa impostazione con un impegno chiaro per politiche di rigenerazione e investimento.”
D’Agostino sottolinea come il rilancio delle aree interne debba passare per interventi concreti: “Dalle infrastrutture materiali e digitali all’accesso al credito, da agevolazioni fiscali per chi investe alla valorizzazione del turismo sostenibile e dell’industria di trasformazione, è possibile creare le condizioni per invertire la tendenza. Come imprenditore a capo di un gruppo nato proprio nelle aree interne del Mezzogiorno, so che questa sfida può essere vinta se si abbandonano le vecchie ricette e si adottano politiche innovative, ambiziose e territorialmente mirate.”
“Sono certo che Forza Italia, grazie al lavoro certosino del nostro capo delegazione a Bruxelles, Fulvio Martusciello, e del nostro Segretario nazionale e Vice Premier, Antonio Tajani, continuerà a lavorare in Europa, in Parlamento e nel Governo per restituire dignità e futuro ai nostri borghi e ai nostri comuni. Nessun territorio deve sentirsi condannato al declino: questa – conclude D’Agostino – è la nostra responsabilità e la nostra sfida.”
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