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Pina Lungarella, giovane imprenditrice di Castel Baronia, ci racconta com’è iniziata la sua coltivazione del rosso zafferano, la spezia della passione

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Petali viola, sottili e delicati dai pistilli giallo intenso, sono questi i fiori da cui si ricava la spezia rossa per eccellenza: lo zafferano, la cui coltivazione è sempre più in voga negli ultimi anni. L’etimologia della parola zafferano, in latino “safranum”, deriva dall’arabo “za’ farān” che significa  giallo intenso. La pianta dello zafferano è caratterizzata dal fiore che contiene al proprio interno tre stigmi rossi, i quali, una volta fatti essiccare, sono pronti per essere utilizzati.

Nella mitologia greca, lo zafferano possedeva una valenza erotica: il dio Ermes, consigliere degli innamorati, risvegliava il desiderio sessuale servendosi di questa spezia. Il mito greco attribuisce la nascita dello zafferano all’amore ardente, ma ostacolato dagli dei, tra il giovane mortale Croco e la ninfa Smilace. Gli dei, per separare i due amanti per sempre, trasformarono i due giovani in piante: Croco nella pianta dello zafferano e Smilace nella pianta della salsapariglia.

Il rosso, da sempre inteso come colore dell’eros, in questo caso, colora la passione incondizionata per la terra e il lavoro, come quella che contraddistingue da sempre Pina Lungarella e suo marito Rocco, che portano avanti con entusiasmo l’azienda agricola di famiglia e, da circa un anno, si stanno dedicando alla coltivazione dello zafferano in via sperimentale. Una famiglia numerosa quella di Pina: 13 figli di cui 7 maschi e 6 femmine, quasi tutti impiegati nella propria azienda che produce cereali, favino, olivi da olio, frutti e ortaggi, questi ultimi destinati all’autoconsumo.

Pina, quando è nata l’idea di coltivare lo zafferano?

Premetto che il vero “motore” dell’azienda è mio marito Rocco che, oltre ad appoggiare e promuovere tutte le mie iniziative, cerca sempre di impegnarsi al massimo nel realizzarle, nonostante gli impegni familiari e la fatica quotidiana. Però, l’idea di coltivare zafferano è nata principalmente da me, perché ho desiderio di far crescere l’azienda e mi sono chiesta in che modo avrei potuto farlo. Facendo ricerche sul clima e il territorio, incentrate sulla composizione e le caratteristiche dei nostri terreni e, considerando la scarsa possibilità di irrigare i campi, mi sono indirizzata verso lo studio dello zafferano.

Cosa ti aspetti da questo progetto sperimentale e cosa consigli ai giovani che vogliono, in un certo senso, “ritornare” alla terra?

Tra tutti noi figli, sono l’unica che ha l’obiettivo di concentrarsi sull’agricoltura per renderla un’attività primaria e remunerativa, nello stesso momento, cerco di spronare anche un fratello e una sorella che ho visto più inclini al campo. Ai giovani consiglio di crederci sempre, ed essere pronti al sacrificio e a lavorare tanto e bene. Inoltre, bisogna essere pazienti e lungimiranti. Le soddisfazioni arrivano, ma bisogna saper aspettare e imparare a saper cogliere non solo i frutti del del lavoro, ma anche le buone opportunità.

C’è chi afferma che l’agricoltura non sia più redditizia come una volta e c’è chi invece la considera ancora una risorsa importante. Per te, cosa significa lavorare la terra?

Nella mia zona, molti agricoltori considerano l’agricoltura un’attività secondaria, focalizzando l’attenzione più sui contributi e le agevolazioni che da essa possono trarre che sulla produzione dei prodotti; senza rendersi conto che non si può produrre sempre per la grande distribuzione. Lavorare la terra significa alzarsi tutti i giorni e andare a lavoro come qualsiasi altra attività, con tutti i rischi e i pericoli annessi, con la possibilità di autoconsumo e qualità della vita eccellente. In questo preciso momento storico, non sono tutte rose e fiori come alcuni pensano perché i rischi sono tanti: dal clima mutevole, ai parassiti, alle piante infestanti, oltre alla fatica di lavorare e farlo a prescindere dalla giornata di sole o dalle festività. L’agricoltura non è redditizia se la consideriamo unicamente come fonte di reddito, ma se pensiamo per esempio già alla spesa che evitiamo di fare ogni giorno, un bel guadagno lo notiamo. Poi, oltre al lavoro che svolgiamo periodicamente in base alle stagioni: dalla raccolta dei pomodori alle olive, dalla semina alla trebbiatura, ci dedichiamo anche al servizio neve per conto del comune. Insomma, non ci fermiamo mai, però fatica a parte, voglio parlare anche delle emozioni che mi regala ogni volta il mio lavoro: è sempre una nuova scoperta. Quando ammiro i fiorellini viola dello zafferano mi emoziono sempre e regalano davvero un bellissimo spettacolo a chi li osserva. In questo momento, siamo proprio in attesa della fioritura e, visto il periodo che stiamo attraversando, auguro alla mia famiglia e a tutti voi di rifiorire presto e colorare questo periodo, magari di viola, giallo e rosso, proprio come il fiore dello zafferano.

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Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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