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Lo Stato deve tagliare l’erba sotto i piedi alla criminalità organizzata

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Colloquio a vasto raggio sul sistema Giustizia, con il Giudice penale della Corte di Assise di Napoli,Vittorio Melito

Sono stati tradotti dal carcere ai domiciliari, criminali pericolosi e boss, compreso colui che sciolse il piccolo Giuseppe Di Matteo nell’acido: come giudica un simile provvedimento?

Sono stati concessi gli arresti domiciliari per problemi di salute: è un problema legislativo. La legislazione applicabile per l’emergenza, non distingueva tra i detenuti al 41 bis e gli altri, ma in presenza di determinate indicazioni sanitarie, c’era la prescrizione della concessione degli arresti domiciliari. A mio avviso, il provvedimento non è ascrivile al singolo magistrato che ha emesso il provvedimento: difatti il governo sta emanando un decreto che prescriverà un diverso tipo di valutazione delle esigenze di salute per i condannati definitivi per i reati di criminalità organizzata. Nell’emergenza, si è trascurato di prevedere un regime particolare per queste categorie di condannati.

A suo avviso le leggi vigenti, sono utili alla lotta alla criminalità o andrebbero modificate?

Sono utili, ma qualche dettaglio si può sempre modificare. I mezzi giudiziari ci sono: la legislazione sui collaboratori, il regime duro per determinati condannati. C’è un’elaborazione di giurisprudenza sulle dichiarazioni dei collaboratori, che allo stesso tempo sia garantista ma incisiva, per giungere all’affermazione di responsabilità in maniera penetrante e serena. L’impianto generale della legislazione contro la criminalità organizzata va bene, ma va meno bene l’attività extra giudiziale, ovvero la prevenzione sul territorio. Lo Stato socialmente dovrebbe tagliare l’erba sotto i piedi alla criminalità organizzata, evitando che i clan vengano visti dai giovani, come gruppi che possano dare lavoro, prestigio e risolvere quei problemi di inserimento che lo Stato in certe realtà, al giovane onesto non riesce a risolvere.

Il 12 maggio riapriranno i Tribunali: cosa cambia, come saranno gestite le udienze?

Io faccio penale, occupandomi spesso di criminalità organizzata e per la mia diretta esperienza posso dire che cambierà pochissimo, poiché già facevamo quasi tutti i processi con i collegamenti a distanza, in videoconferenza ora li dovremo fare proprio tutti. In generale, soprattutto nel civile, la regola del processo telematico con lo scambio degli atti difensivi con l’intervento del giudice solo in ultima istanza ai fini decisionali, si è estesa a tutto, per un maggior distanziamento. Credo che soprattutto nell’ambito del giudizio penale, un contatto diretto giudice-parti, queste ultime intese non solo come difensori, ma anche imputati, sia indispensabile, poiché occorre saggiare de visu l’atteggiamento dei dichiaranti, nel momento in cui fanno le dichiarazioni. Non basta un resoconto scritto, è necessario anche un contatto visivo nell’immediatezza delle dichiarazioni. Queste peculiarità valgono più per il penale, mentre il civile così come l’amministrativo o il tributario è diverso, è un processo documentale.

Non crede che la prescrizione abbia il chiaro intento di favorire chi delinque?

La prescrizione a lungo andare giova a chi delinque, è chiaro. Nel caso specifico, la sospensione attuale dovuta all’emergenza coronavirus, è neutra, perché ha sospeso anche i termini della prescrizione per pari durata. In generale, c’è bisogno di una rivisitazione della disciplina, anche se è stata già modificata, ma con efficacia soltanto per i reati commessi dal 2020 in poi. Per la verità, sono contrario a una sospensione indeterminata del corso della prescrizione, un minimo di scansione temporale deve esserci, ma in alcuni casi ci sono dei termini troppo brevi: i delitti più comuni si prescrivono al massimo in 7 anni e mezzo e con la lentezza che c’è, troppo spesso diventano pochi. O si sveltiscono i processi, o si allungano i tempi della prescrizione.

Come sveltire il sistema giustizia?

Servono energie giovani, risorse umane, personale amministrativo, soprattutto di cancelleria, visto che c’è molto lavoro. Il presupposto principale è indire i concorsi: per oltre vent’anni non c’è stato un concorso, il primo è stato bandito solo nel 2018. Un altro avrebbe dovuto essere bandito quest’anno, ma è stato sospeso. Dal punto di vista del sistema delle comunicazioni, con l’uso della posta certificata, un grosso passo avanti c’è stato, e con la crisi si è accelerato il processo di telematizzazione: vanno riconosciuti dei progressi rispetto a 4-5 anni fa, ma sono insufficienti.

 

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Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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