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Emergenza Covid-19 “Questione meridionale,se non ora quando?”

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Le Regioni del Nord sono stremate, combattono una guerra senza quartiere contro il Coronavirus, le Terapie Intensive e le Rianimazioni della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, l’eccellenza sanitaria del Paese, sono sold out. Implorano l’aiuto dello Stato, oggi amico, mentre ieri lo dileggiavano con l’appellativo di “Roma ladrona”, sinonimo di sprechi e di ruberie, portate alla luce anche nelle Regioni presunte virtuose.

L’arrivo massiccio di conterranei dal Nord ha trasferito l’emergenza al Sud. In un batter d’occhio, le Terapie Intensive e le Rianimazioni si sono saturate pur avendo un numero di contagiati inferiori a quelli del Nord.

De Luca lancia il grido di allarme, “siamo senz’armi. Dio non voglia, ma potremmo contare i morti per le strade”.

La Campania e tutto il Mezzogiorno sono territori perennemente in ordinaria emergenza Sanitaria, privi di infrastrutture sufficienti a curare le comuni patologie, mancano posti letto tagliati per eccesso di spesa. Nel 2016, ed anni successivi, circa 120 mila persone sono partite dal Sud verso il Nord per ricevere cure tempestive ed adeguate. La Campania ha pagato un prezzo altissimo, con circa 30 mila persone migrate ed un esborso, per ogni anno, di circa 300 milioni di euro, in gran parte incamerati dalle regioni della Lombardia, del Veneto e dell’ Emilia Romagna, ritenute un modello di eccellenza Sanitaria. Regioni guidate da secessionisti di professione che hanno usato il surplus finanziario, incamerato a danno del Mezzogiorno, per finanziare la Sanità privata accreditata, grandi elettori di Fontana, Zaia e Bonaccini (presidenti delle regioni Lombardia,Veneto ed Emilia Romagna ndr), e sottraendo risorse alla Sanità pubblica, privata dei mezzi per combattere il Covid-19.

Se non ora, quando rimetteremo al centro del dibattito politico la Questione Meridionale, acuitasi con la riforma del Titolo V della Costituzione approvata nel 2001 ma senza che si approntassero le misure atte a rendere il federalismo cooperativo e non competitivo, equo e non sperequato? I partiti del nord non hanno voluto approvare i Livelli Essenziali delle Prestazioni, indispensabili almeno a ridurre le disuguaglianze, non certo a rendere tutti uguali. Hanno finanziato solo al 50% il fondo di perequazione dei Comuni a minor fiscalità, tutti situati al Meridione.

Non solo la Sanità: se non ora, quando ricorderemo che il 20-25% dei nostri giovani diplomati si iscrivono nelle Università del Nord?

Se non ora, quando ricorderemo che 2 milioni di persone hanno lasciato il Meridione negli ultimi 15 anni, trasformando il Sud in una residenza sanitaria per anziani? Se ciò non bastasse, i tamponi fatti in tutto il Meridione sono pari a 31.583, mentre solo in Lombardia sono stati effettuati circa 76.695, per un totale in tutto il Nord di 191.864.

Se non ora, quando si parlerà di equità e solidarietà al fine di rendere questa Nazione unita e coesa e non solo con ipocrite celebrazioni dei 159 anni dell’Unità d’Italia?

Se non ora, quando verranno restituiti al Mezzogiorno i circa 62 miliardi, calcolati in base al criterio della spesa storica: al Sud si spende di meno in servizi in quanto mancano gli asili nido, i trasporti, le mense per i bambini e riceve, quindi, meno soldi. Sei povero? Resti tale. Se sei ricco ricevi più soldi ed offri migliori servizi pubblici. Con questa modalità sono state sottratti al Mezzogiorno, dal 2015 sino ad oggi, non meno di 300 miliardi.

Questi non sono solo numeri ma diritti negati a cittadini italiani, fatti denunciati da Adriano Giannola, Presidente dello Svimez, da Gianfranco Viesti, Prof. di Economia presso l’Università di Bari e autore del libro “Verso la secessione dei ricchi”, da Massimo Villone, Prof. Emerito di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Napoli, da Marco Esposito, autore del celebre libro “Zero al Sud”, dal Quotidiano del Sud diretto da Roberto Napolitano. Tutti hanno contribuito a diffondere dati, numeri, grafici che hanno messo in luce lo scippo ai danni del Mezzogiorno, oggi colonia del Nord, dalla quale si estraggono risorse finanziarie ed umane. Direte che oggi è il tempo del dolore, non delle rivendicazioni, rimaniamo in silenzio. Vi chiedo se non ora, quando denunceremo la presenza di due Italia, di due pesi e di due misure che il Coronavirus ha portato a galla?

Dopo sarà tardi, tutti vorranno dimenticare i giorni di reclusione in casa per sfuggire al contagio, tutti vorranno dimenticare le tante persone passate a miglior vita. Va a loro il mio cordoglio personale e la vicinanza ai loro cari.

Lanciamo l’hashtag #senonoraquando si attuerà integralmente la Costituzione. Siamo in una fase epocale e Costituente, se non ora, quando nascerà un Paese unito, coeso e solidale? Siamo attori e non spettatori, non semplici notai, abbiamo le mani, non teniamole in tasca.

Io ci credo. #senonoraquando

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Villa bunker confiscata al Clan Cava, firmato il contratto di appalto.  A breve i lavori per realizzare un centro antiviolenza per le donne

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Il presidente Buonopane: “Sarà un presidio di legalità”

È stato sottoscritto questa mattina e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il contratto di appalto stipulato dalla Provincia con la società “Vivenzio Costruzioni srl” con rogazione del segretario generale, Brunella Asfaldo, per i lavori relativi all’“Intervento per la valorizzazione del bene confiscato sito a Pago Vallo Lauro” per un importo di 1.567.328,74 oltre Iva.

A breve, dunque, sarà avviato il cantiere.

Messi addietro, il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, aveva approvato con proprio provvedimento il progetto definitivo relativo alla realizzazione nell’ex villa bunker confiscata al Clan Cava di un Centro antiviolenza per le donne e casa rifugio.

Con lo stesso provvedimento aveva candidato il progetto all’Avviso pubblico per la presentazione di proposte d’intervento per la selezione di progetti di valorizzazione di beni confiscati da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 5- Inclusione e coesione- Componente 3- Interventi speciali per la coesione territoriale- Investimento 2- Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, e aveva approvato il protocollo d’intesa con il Comune di Pago Vallo Lauro e il Consorzio Servizi Sociali Vallo di Lauro Baianese Ambito 6.

La Provincia ha poi ottenuto un finanziamento nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per coprire l’investimento.

“Con questo progetto – dichiara il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane – restituiamo alle comunità del Vallo Lauro e dell’intera Irpinia un immobile sottratto alla criminalità organizzata. In quell’edificio sorgerà un presidio di legalità, dove le donne vittime di violenze potranno fare partire il proprio riscatto. Fondamentale è stato il supporto della Prefettura che sta accompagnando la Provincia lungo l’intero percorso verso il traguardo della realizzazione di tale progetto. È questa l’occasione per ringraziare ancora una volta il prefetto, Paola Spena”.

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Morti sul lavoro – Antonio Bianco: “Ripristinare il Sistema Sanitario Nazionale”

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I sindacati scioperano, il 20 aprile a Roma la CGIL e la UIL, non partecipa la CISL, portano in piazza i temi della sanità incapace di dare risposte concrete e rapide ai pazienti e delle morti sul lavoro. Le liste di attesa sono un dramma nazionale, ancor più acuto nel Meridione, con posti letto insufficienti e personale carente che è costretto a subire turni inaccettabili, anche di 12 ore al giorno, perfino nel pronto soccorso. In Italia almeno 5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi, con il passaggio della gestione della Sanità da Nazionale a quella Regionale, sono diventate inaccettabili le disparità di assistenza e cura di identiche patologie legate alle risorse finanziarie che impongono ai residenti nelle regioni più povere del Meridione di migrare verso il Nord per curarsi. L’uguaglianza dei cittadini e la loro salute non sono diritti fondamentali dell’individuo (articoli 3 e 32 della Costituzione) ma legati alla residenza che contrassegna la possibilità di avere cure garantite in tempi accettabili. 

Sia l’uguaglianza dei cittadini che le cure gratuite per gli indigenti, sono un mero sogno. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, non meno di 5,7 milioni di cittadini, pari all’8,5% delle famiglie residenti nel 2023, sono in condizioni di povertà assoluta, persone alle quali la cura e l’assistenza sanitaria non è garantita, né mai erogata. I sindacati confederali scendono in piazza anche per denunciare, per l’ennesima volta, la barbarie delle morti sul lavoro. Gli ultimi episodi mostrano quanta strada deve essere fatta sulla prevenzione e sul controllo nei cantieri. Secondo il sindacato deve essere eliminato il sub appalto del sub appalto che scarica la riduzione dell’importo appaltato sulla sicurezza e sul salario del lavoratore, costretto a subire condizioni pericolose per la propria salute pur di mettere il piatto a tavola. Né vi è stato il confronto con il governo sul rinnovo dei contratti e sulla riduzione del potere di acquisto dei salari causato dall’inflazione. Secondo il sindacato, le risorse finanziarie potrebbero essere trovate tassando gli extra profitti delle banche, del settore farmaceutico e di quello energetico. Le chiacchiere stanno a zero: le liste di attesa si allungano e prosegue la strage dei morti sul lavoro. Non possiamo rimanere con le mani in tasca a guardare gli eventi, occorre una crociata per rendere civile il nostro paese, non possiamo essere complici della politica che non considera tutti gli individui “Fratelli d’Italia”.

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Antonio Bianco:”Occorre la crociata contro le morti bianche sul lavoro”

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nessun governo ha posto il freno al massimo profitto ed ai sub appalti, costi quel che costi, inclusa la vita dei lavoratori. Eppure ci sono fiumi di leggi, pezzi di carta straccia bruciata sull’altare dell’egoismo e della competizione che risparmia sui salari pur di rimanere sul mercato che cannibalizza le imprese in regola, costrette a chiudere i battenti. La strage della centrale elettrica di Suviana, seguiranno le commemorazioni di stato, le frasi di rito, qualche lacrimuccia e poi, speriamo di no!, in attesa del nuovo lutto. In Italia ogni anno perdono la vita più di 1000 persone sul posto di lavoro, con migliaia di lavoratori infortunati che vanno ad ingrossare la schiera di invalidi civili che sono presi in carico dall’INPS. Costi che si riversano sul sistema pensionistico e su quello sanitario, incapace di garantire la presa in carico totale dell’infortunato e della sua famiglia. Non si può andare a lavorare e ritornare a sera in una bara con le commemorazioni di Stato. Occorre una crociata contro questa strage, diversamente siamo simili a Ponzio Pilato che, si lava le mani e gira lo sguardo da un’altra parte.

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