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Sanità: siamo italiani non terroni

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La Sanità è lo spartiacque fra chi gode dei servizi efficienti e chi ne è escluso, riservando cure appropriate solo ad una parte degli italiani. Non è storia di oggi, nel 2001 entra in vigore la riforma del titolo V della Costituzione con il passaggio della Sanità alle regioni. Si approvarono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) al fine di garantire standard sanitari omogenei sul territorio nazionale. La realtà è stata ben diversa ed è aumentata la distanza tra le regioni del Nord, meglio attrezzate, e quelle del Sud. (Quotidiano del Sud 08/09/2021 pag. 2, “La Sanità del Sud cresce non i soldi dello Stato”).

Al netto degli sprechi e dell’impreparazione, nota che accomuna il Paese, è stato frantumato il principio di uguaglianza e creato un modello di prestazioni sanitarie differenziate legate al codice di avviamento postale. Si è lesa la dignità della persona umana ed esclusa la presa in carico totale, in egual misure e con le identiche modalità, degli italiani.

Il federalismo competitivo e non cooperativo ha impedito alle regioni meridionali di offrire prestazioni sanitarie assimilabili a quelle del Nord, con conseguenze nefaste per la fiducia nella classe di governo locale, ritenuta impreparata ed incurante del bene comune, mentre quella del Nord immaginata come virtuosa e modello da emulare. Tutto ciò non tiene conto dei gravi episodi di impreparazione e pressapochismo venuti alla luce in Lombardia, in Veneto ed in Emilia Romagna durante la crisi pandemica.  Se lo Stato non eroga risorse finanziarie sufficienti e correlate ai bisogni la gara è falsata ed i meridionali saranno costretti a migrare non solo in cerca del lavoro ma anche per essere curati. I dati sono sconfortanti ed è un affare d’oro per il Nord che si eroghino pochi denari ai terroni. La mobilità sanitaria con gli ultimi dati disponibili del 2018 (fonte Svimez; Report Osservatorio GIMBE dal Sole 24 Ore 7/9/2020) è stata di circa 200 mila meridionali ed ha arricchito la Sanità della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna con un avanzo di +739,6, +140, +324 milioni di euro. A fronte di un disavanzo per la Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia di –350, –287, –206, -239 milioni di euro per prestazioni sanitarie pagate alle regioni del Nord. Le conseguenze sono semplici: chiusura degli ospedali con la riduzione dei posti letto, tagli orizzontali alla medicina territoriale ed aumento dei ticket. Inoltre, mettendo a confronto il personale medico e paramedico ed i residenti tra regioni con popolazione simile, i numeri sono eloquenti: la Campania 42 mila unità, il veneto 58 mila; la Puglia 35,4 mila unità il Piemonte 53,8 mila. L’affare non finisce qua, l’indotto dei malati e degli accompagnatori ha generato per il Nord risorse aggiuntive di circa 4,6 miliardi di euro.

I Meridionali pagano le tasse tanto quanto quelli del Nord,con le addizionali regionali e comunali fra le più alte d’Italia, non possono ricevere prestazioni sanitarie a prezzo di saldi. Siamo italiani, non terroni.

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Parcheggio gratuito al “Silos Calvario” (3° livello)

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Misura straordinaria per sostenere il commercio e agevolare l’accesso al centro

Per sostenere le attività commerciali e agevolare l’accesso al centro cittadino durante i lavori di riqualificazione delle Piazze, l’Amministrazione comunale ha disposto la sospensione temporanea della sosta a pagamento al terzo livello del parcheggio “Silos Calvario”.

La decisione è stata formalizzata con la Delibera di Giunta comunale n. 91 del 29 aprile 2025 e rappresenta una misura concreta a favore della cittadinanza, dei visitatori e degli esercenti, in un momento in cui il centro storico è interessato da importanti interventi di miglioramento urbanistico.

La sospensione della tariffazione riguarda esclusivamente il terzo livello del parcheggio e rimarrà in vigore per tutta la durata dei lavori, con l’obiettivo di incentivare la fruizione del centro e limitare eventuali disagi.

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Il primo maggio porta con sé una scia di sangue

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Il primo maggio porta con sé una scia di sangue, nel 2024 vi sono stati 1090 decessi di lavoratori con un incremento del 4,7% rispetto all’anno precedente che ne ha registrati 1041. Sono aumentati del 17,8% gli infortuni in itinere che fanno riferimento ailavoratori che si spostano da casa verso il luogo di lavoro, tra due luoghi di lavoro ovvero per la consumazione del pasto, ritenuto dall’INAIL infortunio sul luogo di lavoro. Le regioni con maggiore incidenza di mortalità sono: la Basilicata, la Campania, la Sardegna, Valle D’Aosta quelle a minore incidenza sono il Veneto e le Marche. Il rischio maggiore di mortalità per età in riferimento ad un milione di occupati è così ripartito: gli ultrasessantacinquenni con 138,3 decessi, i lavoratori tra 55 e 64 anni 54,5, fascia di età maggiormente colpita da mortalità sul posto di lavoro. Mentre i settori lavorativi maggiormente colpiti sono: le costruzioni, il trasporto, il magazzinaggio, le attività manifatturiere, il commercio. Vi è stato anche un incremento dello 0,7% degli infortuni denunciati all’INAIL, passati da 585.356 del 2023 a 589.571 del 2024. Non si può morire per mancanza di sicurezza sul posto di lavoro, questa scia di sangue proseguirà sin tanto che non si considererà la persona umana sacra e inviolabile, non possiamo sottostare alla deregolamentazione per ottenere il bene o servizio al minor costo per battere la concorrenza. Una società civile punta sulla formazione del lavoratore e del datore di lavoro, attua controlli costanti e capillari dei luoghi di lavoro da parte dell’ispettorato e commina pene certe e senza scappatoie. I richiamidel Presidente della Repubblica ai salari bassi ed aimorti sul lavoro, sono un atto di accusa indiretto alla mancanza della volontà politica volta a garantire ladignità al lavoratore ed alla sua famiglia, il primo maggio deve essere la festa del lavoro non il necrologio su cui si scrivono i nomi dei lavoratori morti.

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Confesercenti Avellino: assegnati nuovi codici attività, imprese possono verificare rispondenza

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La Confesercenti provinciale di Avellino informa che anche in provincia di Avellino, come nel resto d’Italia, la locale Camera di Commercio ha provveduto ad effettuare l’aggiornamento d’ufficio dei codici Ateco per la classificazione delle attività di impresa e professionali con partita Iva presenti sul territorio.

Un’operazione avviata il 1 aprile, sulla scorta delle nuove classificazioni introdotte, con l’obiettivo di mappare con maggiore precisione il sistema produttivo del Paese, tenendo conto degli standard internazionali e dell’evoluzione economica e sociale che si è determinata negli ultimi anni, in particolare rispetto al 2007, data dell’ultimo aggiornamento.

Per consentire un passaggio graduale e trasparente alla nuova classificazione, in una fase transitoria la visura camerale esporrà sia la nuova che la precedente codifica.

Nelle visure e nei certificati sono state inoltre aggiunte eventuali ulteriori informazioni relative ad alcune tipologie di attività economica come i canali di vendita e di intermediazione.

Ogni impresa può verificare gratuitamente il nuovo codice assegnato tramite l’app Impresa Italia disponibile sui principali store digitali o su impresa.italia.it.

Se il codice riclassificato d’ufficio non rispecchia pienamente la realtà dell’attività svolta, l’impresa con domicilio digitale attivo può rettificarlo gratuitamente fino al 30 novembre 2025, tramite l’apposito servizio presente sul sito web  rettificaateco.registroimprese.it

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