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La scuola è un organo costituzionale, disse Calamandrei: ma cos’è oggi la scuola?

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Nella festa del 2 giugno, non possiamo non ricordare Piero Calamandrei, chiamato spesso in causa come Padre costituente della Repubblica italiana, che pronunciò parole indimenticabili nel discorso di Roma dell’11 febbraio del 1950: “La scuola è un organo costituzionale”.

La scuola, quindi, organo della Costituzione è alla stregua del Parlamento, del Capo dello Stato, di tutti gli organi, la cui vita è sancita nella Parte II della nostra carta fondamentale dei diritti, la Costituzione. Mi sono sempre posta la domanda: “Come si fa ad assolvere questo ruolo di organo della Costituzione?”. La prima risposta è che la scuola pubblica italiana è un’istituzione e come tale, ha le sue regole, i suoi depositari di ruoli politici, dirigenziali, amministrativi e tecnici. La scuola non è un opificio e sede di lavoratori, pertanto ha una sua ragion d’essere nella comunità che la identifica: personale e utenti. Come ogni organo provvisto di personalità giuridica, ha una mission ben definita. La missione implica una vision, cioè un orizzonte verso la quale è proiettata e rappresenta l’ambìto approdo dell’organo scuola. Gettati i presupposti del ragionamento che ci portano a identificare la scuola nella comunità che la popola e le dà vita, sgomberiamo il campo dall’idea che gli edifici scolastici, non sempre belli e funzionali, rappresentino completamente l’organo – scuola: l’edificio scuola, non è la scuola. L’organo – scuola è nel fare scuola. Chi supera la soglia, ogni mattina, dell’edificio scuola, è un lavoratore che non conclude il suo operato durante le ore in cui frequenta l’edificio, ma continua anche fuori da quelle mura. Le maestre e i maestri, le professoresse e i professori, continuano ad esserlo anche nelle altre ore della giornata, tanto è vero, che non percepiscono un salario, ma un compenso e quindi giunge logico pensare che rappresentino l’istituzione e il loro mandato è speciale, non si risolve nelle ore “lavorate”, come si ravvisa dall’ Art. 33 della Costituzione stessa, che sancisce la libertà dell’insegnamento. Spero che il mio ragionamento, un po’ alla Scalfari, non abbia annoiato, ma è necessario per far comprendere ai non addetti ai lavori, lo status giuridico e la natura del mestiere docente. Un “mestiere”, quindi, che include molti aspetti e non si risolve esclusivamente nelle ore trascorse dietro la scrivania o davanti alla lim, e in questo periodo davanti al computer, ma si estende ad altri momenti fondanti dell’istituzione scuola. Gli altri momenti dell’organo – scuola sono le attività collegiali, che hanno una loro chiara definizione giuridica in termini di competenze e responsabilità come il collegio dei docenti e le sue articolazioni, i consigli di classe, di interclasse, di circolo. Pertanto, la partecipazione di chi ne ha titolo, non si assolve in una mera presenza, ma nella responsabilità degli atti che scaturiscono da tali assemblee. Viene spontanea la domanda, sempre dei non addetti ai lavori: “A che cosa servono gli organi collegiali?”. Servono ad attivare processi che qualificano le azioni dell’organo – scuola. Tutto ciò che quest’organo mette in atto, dall’azione educativo – didattica, dalla valutazione degli alunni, alla formazione permanente del personale, ai regolamenti, alla gestione delle risorse, al rapporto con il territorio, devono necessariamente passare dal processo di maturazione, ricerca – azione, di elaborazione delle articolazioni del Collegio docenti come i dipartimenti e dall’adozione da parte dell’assemblea, con diritto deliberante, quindi di voto, del Collegio. L’organo qualificante e identitario dell’organo – scuola, è il Collegio, che dà mandato all’attivazione di tutti i processi sotto gli impulsi delle linee guida del dirigente. Sempre il Collegio, definisce procedure, ruoli delle figure di sistema che devono operare per l’attivazione dei processi stessi. Alla base di quest’organo, solo in parte veramente verticistico, c’è la condivisione, la reciprocità e soprattutto, la responsabilità individuale di tutti gli attori in gioco. La democrazia e il suo esercizio, trovano la loro massima espressione in uno degli organi indispensabili della Costituzione: la scuola. Oggi festa della Repubblica, è anche festa della scuola. Tant’è! Buona festa della Repubblica 

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Aleandro Longhi (Comitato SAT) sull’emergenza acqua:”Le finanze dell’Alto Calore sono al disastro”

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Il Consiglio del Distretto Irpino dell’Ente Idrico Campano ha approvato l’aumento delle tariffe dell’acqua del 30%. Il sindaco di Ariano Irpino Enrico Franza non figura tra i sindaci contrari, né tra quelli astenuti. Possiamo pertanto dedurne che il sindaco di Ariano fosse tra gli assenti o i favorevoli, in ogni caso ha deciso che i cittadini arianesi debbono pagare i 30% in più quell’acqua che l’Alto Calore eroga a singhiozzo. Franza, così loquace quando vuole, si è “dimenticato” di informare gli Arianesi che avranno un nuovo balzello del 30% sull’acqua, che continueranno a ricevere a singhiozzo. Per correttezza bisogna dire che, sia che i sindaci abbiano votato a favore che contro, sia che abbiano partecipato al voto o che si siano astenuti, non cambia nulla: il vero problema è che le finanze dell’Alto Calore sono al disastro. Nelle città civili, i primi servizi che un sindaco dovrebbe assicurare sono: l’acqua pubblica, il sistema fognario, la depurazione delle acque, ovvero tutto quello che non è stato fatto ad Ariano. Si grida contro l’Alto Calore Servizi SpA, su cui si scaricano le responsabilità, dimenticandosi del passato e persino del presente. Gli azionisti, quindi i padroni dell’Alto Calore, sono gli enti locali, ovvero la maggior parte dei Comuni irpini e del Sannio, che oltre a detenere le azioni dell’Alto Calore, sono i proprietari dei tubi marci che dovrebbero portare acqua nelle case. I vecchi tubi sono di piombo, di ghisa, di eternit e non sono mai stati cambiati, ma soltanto rappezzati. I grandi tubi delle condotte principali sono invece di proprietà della Regione Campania attraverso l’Ente Idrico Campano: l’Alto Calore è soltanto il gestore pieno di debiti che vengono dal passato, e forse anche dal presente. Quanti sindaci avranno chiesto a quell’ente, l’assunzione clientelare di qualche parente, amico o semplice elettore? È giunta l’ora di rimboccarsi le maniche ed attuare un risanamento dell’Alto Calore e l’attuale Amministratore Unico sembra ci voglia provare. I sindaci sono i principali responsabili della mancanza d’acqua nelle case degli Irpini, nonostante l’Irpinia galleggi sull’acqua: persino un regio decreto dell’inizio del Novecento recitava che sindaci erano tenuti a dare acqua “bona” ai propri cittadini. Regione, Ente Idrico Campano, Alto Calore, Comuni e Province, non hanno neanche avuto la dignità di richiedere i fondi del PNRR (miliardi di euro) per il risanamento idrogeologico e per il rifacimento delle reti idriche. Se il Comune di Ariano, che sta spendendo 5 milioni di euro del PNRR per rifare il lastricato di 5 piazze, avesse sostituito km di tubi, sarebbe stato meglio, ma come si sa, i tubi non si “vedono”. Ovviamente anche la Regione Campania dovrà fare la sua parte. L’Amministratore Unico, avv. Antonello Lenzi, ci sta provando con uno degli strumenti a sua disposizione: l’aumento delle tariffe a carico dei cittadini, che dovrebbero pagare anche per il 60-70% di acqua che si disperde dai tubi fatiscenti. Ma c’è un altro strumento: l’aumento di capitale dell’Alto Calore SpA. Si indica un’assemblea straordinaria dei soci (i sindaci azionisti), si faccia partecipare un notaio e si deliberi un aumento di capitale con azioni riservate agli attuali azionisti, per scongiurare che qualche malintenzionato pensi di introdurre qualche grimaldello per far entrare i privati. Certo, i Comuni dovranno pagare, ma di fronte alla prolungata emergenza acqua, si deve attuare una politica di austerità: il denaro si può e si deve trovare! Non è da molto che l’indennità dei sindaci è stata aumentata e con essa, a cascata, quella dei vice sindaci, degli assessori, dei presidenti del Consiglio comunale e dei consiglieri. Per i sindaci che fanno del loro incarico un mestiere (e ciò non è edificante), si potrebbe tornare all’indennità precedente, quelli che invece continuano a svolgere il loro lavoro privato retribuito, potrebbero rinunciare alle loro indennità, così come i consiglieri comunali, al gettone di presenza. Abito ad Ariano Irpino, che dopo Avellino, è il primo azionista dell’Alto Calore e so che il sindaco percepisce un’indennità di 4.140 € mensili in quanto, non avendo un lavoro, non si è messo in aspettativa: perché non rinuncia almeno in parte alla sua indennità e così a seguire, tutti gli altri amministratori? Si facciano meno trasferte inutili a carico dei contribuenti, si disdettino i fitti passivi che i Comuni pagano ai privati, si riscuotano i fitti attivi di immobili, che spesso sono concessi in comodato d’uso gratuito per ragioni clientelari, si mettano in vendita le proprietà immobiliari dei Comuni non utilizzate a fini istituzionali, che potrebbero attivare un circuito virtuoso di investimenti, che creerebbe uno sviluppo economico. Si inizino a tagliare le spese effimere come i vari concerti che si propinano ai cittadini, credendo che si possa sostituire l’acqua con la musica. Si indicano appalti pubblici e si facciano pagare le penali alle imprese che non rispettano i contratti: quando c’è un’emergenza bisogna attuare una politica di austerità. Manca l’acqua nelle case e il Comune di Ariano Irpino ha appena concesso ben 190.000 euro a 14 associazioni: è una mancia elettorale?                                                                                                                                                                             

Di fronte alla mancanza d’acqua, non ci sono scuse: ognuno dovrà fare la propria parte senza gravare ancora una volta sui cittadini. Si sono accorti i sindaci che i loro paesi si stanno spopolando? Se si vogliono rilanciare le zone interne dell’Irpinia non si può prescindere dai servizi essenziali, a partire proprio dall’acqua. Si intende che anche la Regione dovrà fare la propria parte: la sostituzione dei grandi tubi principali che spesso si rompono e dovrà dare un finanziamento straordinario all’Alto Calore.                                                                                           

I sindacati, dal canto loro, non si possono sterilmente abbarbicare nella difesa dei dipendenti dell’Alto Calore: devono promuovere una “VERTENZA ACQUA” per sconfiggere chi vede nella privatizzazione la soluzione di ogni problema. Privato non è sinonimo di efficienza, bensì un ulteriore strumento per sfruttare i lavoratori e spremere i cittadini con alte tariffe per l’acqua.                                                                                                                                                                                    
Aleandro Longhi                                                    Coordinatore Comitato SAT (Salute, Ambiente, Territorio)

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L’acqua non si vende, sit-in a Napoli il 27 agosto per l’acqua pubblica

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Papa Francesco nella Laudato si ci insegna che: “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani.” Il surriscaldamento del pianeta sta mettendo a serio rischio il diritto all’acqua a causa dell’abbassamento delle fonti. In Campania, come in tutto il sud Italia, la situazione è sempre più drammatica. Nel momento in cui le interruzioni del servizio idrico sono all’ordine del giorno, ci saremmo aspettati che la politica si impegnasse a garantire il rispetto del referendum del 2011 e tariffe agevolate per l’accesso all’acqua a tutta la popolazione. Ed invece incredibilmente l’Ente idrico Campano si riunisce in piena estate il 27.08.2025 per deliberare:

la privatizzazione dell’acqua nella provincia di Caserta con una gestione mista pubblico/privato;

l’aumento delle tariffe nei 126 comuni delle province di Avellino e Benevento serviti

da Alto Calore servizi.

    La privatizzazione dell’ambito casertano fa parte del più ampio processo di svendita dell’acqua in tutta la Campania a favore di Acea. E inaccettabile che la regione con i bacini più ricchi del sud Italia diventi terra di conquista per le multinazionali che vogliono rivenderci la nostra acqua a peso d’oro. Siamo stanchi di ascoltare dalla politica la stessa favoletta: “non ci sono risorse per gestire l’acqua e per questo è inevitabile il ricorso ai privati”. Ma i soldi per le armi si trovano sempre mentre sono lasciati a secco settori vitali quali la sanità, la scuola ed il risanamento delle reti colabrodo. La risposta alla crisi idrica non è la privatizzazione, come dimostra l’ingresso dei privati in settori quali autostrade, elettricità, gas e telefonia che ha portato soltanto aumenti delle tariffe e disastrose gestioni.

    Dall’altra parte è inaccettabile che a pagare i debiti di Alto Calore siano soltanto le famiglie già alle prese con grosse difficoltà economiche. Per questo chiediamo con forza il rispetto del concordato fallimentare per mettere in sicurezza l’Ente e garantire una gestione pubblica della risorsa, senza un indiscriminato aumento delle tariffe.

    Il Sit-in si terrà il 27.08.2025 alle ore 15 a Napoli in via De Gasperi 28, davanti la sede dell’Ente Idrico Campano

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    La Direzione strategica dell’Asl in visita alle strutture e agli ospedali di Sant’Angelo e Ariano

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    In un clima di grande collaborazione la Direzione Strategica ha avuto un confronto attivo con i direttori delle strutture sanitarie e ospedaliere, i medici e il personale sanitario e amministrativo con l’intento di avviare un dialogo funzionale all’individuazione e risoluzione delle criticità esistenti e al potenziamento dei servizi sanitari al cittadino sia a livello territoriale che ospedaliero. Dopo l’incontro di lunedì scorso con il personale della sede centrale di Avellino, il primo passo della Direzione strategica è stata la visita mercoledì dell’SPS di Bisaccia, del Distretto Sanitario e dell’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi, e oggi del Distretto Sanitario e Ospedale di Ariano Irpino per un saluto ai dipendenti.

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