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Ipocrisia di uno Stato che non riconosce uguali diritti ai meridionali

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Il concerto del 22 luglio tenuto in piazza del Quirinale, dal maestro Nicola Piovani “Il sangue e la parola”, introdotto dal presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, traccia la lunga strada che partendo dalla cieca vendetta, dopo una lunga evoluzione del pensiero umano, approda al primato della legge che rende tutti uguali. Un filo logico che conduce sino alla nascita della Costituzione. Base solida della comunità italiana che fonda le radici nell’equità, nell’uguaglianza, nella solidarietà e la pace fra i popoli, principi cardine che avrebbero dovuto mantenere unito e coeso il Paese. Principi ampiamente travisati, tant’è che la riforma del 2001 del titolo V della Costituzione ha dato prevalenza ai bisogni territoriali delle singole regioni mettendo in atto il federalismo competitivo e non cooperativo, senza alcun correttivo che garantisse uguali diritti alle regioni più fragili. La comunità italiana è afflitta da disuguaglianze inenarrabili, fra le altre, quelle che privano di infrastrutture il Sud del Paese. Inoltre la crisi economica, la guerra tra l’Ucraina e la Russia e l’inflazione, le rendono incolmabili in una fase di bassa crescita del PIL. Il primato della legge non deve essere un’evocazione storica, un vestito unto e bisunto da indossare nelle manifestazioni ufficiali, occorre dare forza a queste parole, tradite dalla realtà in cui vivono 20 milioni di meridionali. La Costituzione è ampiamente disattesa, cozza con la realtà del Meridione, area maggiormente sottosviluppata dell’UE. Ogni anno quasi 1 milione di meridionali si spostano verso il Nord per cure sanitarie con una spesa che supera i 4 miliardi (dati Osservatorio Gimbe) e circa 100 mila cittadini migrano in cerca di lavoro. La disoccupazione è doppia di quella del Nord mentre il reddito è la metà (dati Svimez). La mancanza di servizi sociali, del trasporto pubblico urbano, dei treni ad alta velocità confermano la volontà dello Stato italiano di comportarsi da patrigno nei confronti dei meridionali. Questi dati affermano che non si tratta di vittimismo ma della cruda realtà certificata da voluminose indagini del parlamento. Inoltre ingiustificatamente e, con la volontà di dividere e non unire, si vuole istituzionalizzare il regionalismo differenziato, a favore delle regioni più ricche. Non si vuole mettere in atto alcun correttivo, in quanto, ancor oggi, la ripartizione delle risorse finanziarie dello Stato avvengono con il criterio della spesa storica che avvantaggia le regioni del Nord a discapito di quelle più povere. Si omette l’applicazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) che garantirebbero, a tutti, inclusi i meridionali, un ugual trattamento nel godimento dei diritti di cittadinanza. Siamo il Paese nel quale prevale la logica della giungla mentre lo stato di diritto rimane racchiuso nei palazzi del potere.

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Direttivo provinciale di Forza Italia allargato a sindaci ed amministratori

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Sì è tenuta ieri sera all’Hotel Belsito di Avellino la riunione del direttivo provinciale di Forza Italia, allargata a sindaci ed amministratori.  

Un confronto lungo e articolato dal quale è innanzitutto emerso unanime e convinto sostegno alla candidatura del vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, alla presidenza della Regione Campania per la coalizione di centrodestra.

In primo luogo nelle parole del Segretario provinciale, Angelo Antonio D’Agostino, il convincimento che Forza Italia, in Irpinia come nel resto della regione, sarà il traino della coalizione risultando determinante per una vittoria che va costruita al centro, recuperando voto moderato.

La missione di Forza Italia, casa del popolarismo, è questa. Una missione alla portata, alla luce del grande lavoro di radicamento fatto in questi anni e degli enormi spazi che la candidatura di Roberto Fico per il centrosinistra, lascia sguarniti proprio nell’elettorato centrista. Forza Italia può e deve colmare quello spazio.

Venendo alla costruzione della lista, nel corso della discussione sono emerse molte disponibilità dai territori.  Profili diversi che nei giorni a venire saranno valutate nella massima condivisione, perché l’obiettivo di tutti deve essere quello di mettere in campo la migliore compagine possibile, connubio tra competenze e radicamento.

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Cisal, Picone: più attenzione a sicurezza dei lavoratori, anche in Irpinia troppi incidenti

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“Occorrono interventi concreti per garantire la sicurezza; le buone intenzioni o gli slogan non servono. Gli infortuni sul lavoro sono e restano una intollerabile emergenza, in Irpinia e Campania, come nel resto del Paese”. Ad affermarlo è Massimo Picone, coordinatore provinciale della Cisal di Avellino e commissario della categoria Metalmeccanici.

“I dati ufficiali – prosegue il dirigente sindacale – ci dicono che il fenomeno è in crescita al Sud, che registra il più alto tasso di incidenti mortali sui luoghi di lavoro. Ma in generale aumentano infortuni e decessi in itinere, nel percorso casa-luogo di lavoro. Una tendenza che si avvertiva già negli ultimi anni. Nei primi otto mesi del 2025 l’incremento è stato dell’8,8 %, 186 vittime, soprattutto del comparto industriale e dei servizi, 15 in più rispetto al 2024 e più o meno un quarto dei decessi complessivi.

Su questo versante ad incidere sono l’espansione dei bacini di pendolarità, l’aumento delle distanze tra abitazione e luogo di lavoro, la debolezza del trasporto pubblico e il conseguente uso del mezzo privato, tutti elementi che accrescono l’esposizione al rischio.  

In aumento anche le malattie professionali, quasi del 10%, rispetto all’anno precedente.

La sicurezza viene considerata purtroppo ancora soltanto un optional, all’interno di un quadro complessivo deprimente: precarietà, i salari più bassi d’Europa, l’uso sistematico di esternalizzazione del lavoro, crisi profonda di alcuni comparti come l’automotive, che in Irpinia costituisce una filiera produttiva importante per l’economia e per l’occupazione, ma su cui pendono molti problemi che ne compromettono la prospettiva”.

“E’ necessario pertanto – conclude Picone – che si investano più risorse sui controlli, aumentando il numero di ispettori che operano sul territorio, ma vanno modificati anche i processi produttivi. C’è bisogno inoltre che le politiche di sicurezza aziendale si integrino con misure di prevenzione estese agli spostamenti dei lavoratori, promuovendo iniziative coordinate in materia di mobilità sostenibile, riorganizzazione dei tempi di lavoro e rafforzamento delle infrastrutture di trasporto”.

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La disumanità dei governi imbelli

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È caduto il velo delle menzogne, la Flotilla mette a nudo la disumanità dei governi imbelli, interessati a mantenere attivo e florido il mercato delle armi, riconvertendo quello delle automotive, in grave crisi in Europa. La Meloni aveva criticato l’azione della Global Sumud Flotilla reputandola inopportuna e affermava: “è una fase nella quale tutti quanti dovrebbero capire che esercitare una responsabilità, attendere mentre c’è un negoziato di pace, è forse la cosa più utile che si può fare per alleviare le sofferenze dei palestinesi” e riferendosi alla Flotilla, proseguiva e rincarava la mano: “ma forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità” (Ansa e L’Espresso1 ottobre 2025).

Eppure, nei confronti di Israele, la Meloni non esprime alcuno sdegno diversamente manifestato per la Flotilla. Dimentica che era un’azione umanitaria, svolta da persone di diversa nazionalità, disarmate, indirizzata a creare un corridoio sicuro al fine di alleviare le sofferenze del popolo Palestinesedovute alla mancanza di cibo e di medicinali,provocate dalla disumanità del governo genocidario di Israele. Nulla potrà rimanere come prima, la Flotilla ha avuto il merito di aver attirato l’attenzione mediatica su ciò che accade a Gaza e sulla pulizia etnica operata da Israele. Atto esecrabile e frutto avvelenato che affonda le sue radici nel lontano 1948, costellato di odio e morte che avvelena l’esistenza degli israeliani e dei palestinesi, senza soluzione di continuità e senza una via d’uscita. Sin ad oggi, l’UE, gli USA, la Comunità Internazionale non sono riusciti a proporre una pacifica ed unitaria soluzione al tema dei due Stati e dei due popoli. Le immagini di Gaza distrutta, delle donne che piangono i bambini morti per fame o colpiti dalle bombe, hanno ferito la carne viva di milioni di persone chespontaneamente sono scese in piazza gridando lo slogan: “blocchiamo tutto”. Spero che, tutto ciò indurrà i singoli governi e la Comunità Internazionale a rimettere al centro dell’agenda politica il bene comune, oscurato dai ciechi nazionalismi e dalla ricerca del benessere personaleedonistico. I popoli hanno indicato la strada: si dia voce e speranza al senso di umanità, si dia voce e dignità ai popoli del Sud del mondo.

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