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Floriana Mastandrea :”Figlia, uno status negato e da 10 anni alla ricerca della giustizia”

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Floriana Mastandrea, giornalista, scrittrice e autrice, ripercorre le tappe della sua vita nel ricordo della scomparsa della madre avvenuta 10 anni fa.

Ricordando mia madre: quando il tradimento è imperdonabile.

Alle 14 del 15 luglio 2009 Angelina Mastandrea, mia madre, esalò l’ultimo respiro, tra le lacrime, quelle che dalla mattina si erano sostituite alle parole angosciate della notte precedente, pronunciate a me e alla badante, sconvolta dagli ultimi avvenimenti a cui era stata sottoposta. Non aveva ancora sessantasette anni e si chiudeva in maniera crudele una vita che non le aveva risparmiato infelicità. Accanto a lei c’ero solo io a tenerle la mano e a tentare di “consolarla”, ma ero a mia volta avvilita, non solo per le sue sofferenze fisiche e psichiche, di fronte alle quali ero impotente, ma per il tradimento inaudito impostole persino in fin di vita. Non dimenticherò mai sul suo volto, l’espressione disperata di chi, abituata a credere di gestire tutto, ha lasciato conti sospesi e troppo tardi ha capito l’amara verità. Nemmeno l’ultimo desiderio, mio fratello e sua moglie le avevano concesso di esaudire: voleva dividere i suoi numerosi gioielli e l’argenteria più preziosa tra me e la nuora, ma le avevano trafugato le chiavi delle due casseforti. Non si erano limitati a quello: un piano ben più ampio e articolato era stato progettato fin dalla scoperta della sua malattia, nell’obiettivo di estromettermi dalla sua cospicua eredità. Nel 2008, mia madre aveva scoperto una carcinosi peritoneale: mio fratello Roberto Sampietro e la moglie, Cecilia Majello approfittando che vivessi e lavorassi a Roma, mentre loro abitavano in una villa a pochi passi da quella di Angelina, beneficiando di una serie di privilegi, decisero di occuparsi di lei in maniera quasi esclusiva. E io, che di loro mi fidavo, non ebbi nulla da obiettare, se non chiedere di essere sempre messa al corrente di ciò che accadeva, mettendomi a disposizione per ogni eventualità. Per un quadro più chiaro della drammatica storia, è necessario però compiere un excursus nella vita travagliata di mia madre, che inevitabilmente si è riversata anche su quelli che le stavano intorno, a partire da noi figli. L’infelicità non può essere compensata dai beni materiali: unici rimedi validi, dovrebbero essere amore e comprensione, ma non sempre lo si comprende per tempo. Angelina mi partorì a Ischia in un istituto per ragazze madri nel 1962. Diciannovenne e orfana di madre, lasciata a se stessa, fu costretta, pur essendo una brillante studentessa, ad abbandonare gli studi liceali. All’epoca, per una donna non sposata, attendere un bambino era uno scandalo, in un contesto a stretto controllo sociale come Ariano Irpino (AV). Mi riconobbe solo a cinque mesi dalla nascita e a novembre, viste le difficili condizioni di vita e lavoro di cucitrice, presso la ricca zia a San Giuseppe Vesuviano, mi affidò a suo fratello Nicola e alla moglie Pasqualina, agricoltori. Nel febbraio del 1963 emigrò per lavoro. Si recò presso una famiglia benestante in Svizzera, dove cominciò a lavorare, ma presto mio padre naturale, Claudio Sampietro, la costrinse a rientrare con lui. Nel ’65 nacque mio fratello (riconosciuto da mio padre a tre anni, io mai, tanto che, su insistenza di mia madre, nel 2007 gli intentai causa, per poi ritirarla quando lei morì); nell’80 Angelina e Claudio, nonostante un rapporto costantemente tra alti e bassi, si sposarono, vivendo poco dopo, come separati in casa. Si separarono legalmente nel 2002 e divorziarono nel 2006 (nell’atto si legge che dalla loro unione, eravamo nati mio fratello e io). Negli anni Settanta, grazie alle ricostruzioni post terremoto, mio padre, geometra (e in seguito imprenditore), era riuscito a rendere floride le sue condizioni economiche, così insistette insieme a mia madre, perché nonostante l’adozione (ma in realtà non avevo mai smesso di frequentare i miei genitori naturali, chiamandoli papà e mamma), avvenuta quando avevo superato i 9 anni, lasciassi gli zii-genitori adottivi, per vivere con loro: avevo ormai 15 anni. Fu una scelta lacerante, durante la quale tentai anche il suicidio, e infine, optai per la famiglia naturale, dove trovai l’inferno: mio padre (incallito dongiovanni) e mia madre (inquieta e sospettosa) non facevano che litigare, io venivo trattata con sufficienza e mio fratello, anche perché maschio, privilegiato e coccolato. Fu nel periodo della maturità che scoprii per caso, di essere stata adottata dagli zii, ma non sapevo con che tipo di adozione: era un argomento tabù sia per i miei genitori che per i miei zii, ma rimanevo pur sempre Mastandrea come mia madre e, nonostante mi percepissi un po’ figlia di un dio minore, me lo facevo bastare! Avrei scoperto dopo, ormai maggiorenne, che quel cognome era di mio zio e solo di recente, che quell’adozione (L. 431/67) era abnorme e mostruosa, priva dei requisiti per attuarla, in primis lo stato di abbandono: un’altra lunga storia… A 21 anni, era il 1983, andai via di casa per lavorare a S. Giuseppe Vesuviano, dalla stessa prozia che vent’anni prima, aveva ospitato mia madre. Poco dopo, anche a seguito delle insistenze di mio padre, incontrato in agosto all’isola d’Elba col suo yacht in compagnia di un’amica (allorquando mi aveva chiesto di tornare ad Ariano, dove mi avrebbe dato un appartamento per studiare, ma non mantenne l’impegno), ripresi i rapporti con mia madre, talvolta competitiva, altre protettiva, comunque sempre alquanto tormentata. Intanto, tra molti sacrifici, studiavo all’università, lavoravo saltuariamente e vivevo da sola, finché nel 1986 non mi laureai e cominciai a lavorare con i media. All’inizio degli anni Novanta emigrai a Roma, dove avevo cominciato a lavorare con la Rai. Dopo la scoperta della carcinosi peritoneale, a cui nel luglio 2008 seguì l’operazione al San Raffaele di Milano, le condizioni di mia madre sembrarono stabilizzarsi, con una buona aspettativa di vita, o almeno così mi fu detto. Quando a fine febbraio 2009, dopo un inutile ricovero presso il locale ospedale di Ariano, su mia insistenza, venne portata a Roma, mia madre mi confessò tra le lacrime: “So di non essere stata una buona madre, ti chiedo perdono, anche per tutto il tempo in cui non mi sono occupata di te”, e i nostri rapporti ne giovarono di nuova linfa. Ci amavamo, lo sapevamo entrambe, ma per carattere e pudore, difficilmente riuscivamo a dircelo apertamente, sebbene ce lo comunicassimo in varie forme, come facendoci dei regali. Prim’ancora che Angelina fosse trasferita in ambulanza e ricoverata a Roma, a febbraio 2009 mio fratello, che già nel compilare la cartella dell’anamnesi aveva scritto che nostra madre aveva un solo figlio, lui, si era procurato illegalmente (dal Comune di Ariano, che se li era fatti inviare da Ischia), i documenti sulla mia adozione e l’estratto dell’atto di nascita, documenti sensibili che avrebbe potuto ottenere solo su autorizzazione di un giudice. Il 15 aprile 2009, mia madre, lacerata dai sensi di colpa per aver ceduto alle sue insistenze, lasciandomi adottare dal fratello, e col grosso cruccio del mancato riconoscimento di mio padre naturale (che intanto si era creato una nuova famiglia), nonché preoccupata per la situazione che avrebbe potuto determinarsi dopo la sua morte, nell’intento di creare condizioni di pari dignità, redasse di suo pugno un testamento in cui mi riconosceva di nuovo. Dichiarava inoltre che “il suo ex marito, Claudio Sampietro, era mio padre e lo autorizzava a riconoscermi”. “Usalo dopo la mia morte per far assumere a tuo padre le sue responsabilità, mi raccomandò – e qualora tuo fratello dovesse mettersi la coscienza sotto i piedi, ma non credo che lo farebbe mai, me lo ha promesso, rispetterà le mie volontà, sa bene che sei sua sorella e come tale ti tratterà!”. Non intendeva fare nessun testamento per i beni materiali, confidando che quanto ci aveva comunicato verbalmente venisse rispettato. Ai primi di luglio, seppi dalla badante che mia madre improvvisamente si era aggravata, e così domenica 5, telefonai alla villa e avvertii che sarei arrivata martedì 7 in pomeriggio. La mattina del 7, allorquando da Roma mi apprestavo a partire per Ariano, mio fratello portò a mia madre, stordita dagli oppiacei (che la nuora stessa, autodelegatasi con insistenza fin dall’inizio ad assisterla, le iniettava costantemente) la notaia Luisa Romei, e, nonostante le rimostranze delle amiche presenti, le fecero firmare un testamento in cui mio fratello si proclamava “unico erede universale” e io venivo inserita come “signorina legataria” e non come figlia naturale. Quel testamento, che aveva sempre detto di non voler fare, era ben diverso dalle volontà comunicate a me, ad alcuni parenti e alle amiche più care, le quali, chiamate in causa, insieme alla stessa badante, si rifiutarono di firmare come testimoni, precisando alla notaia che ero la figlia! La notaia per tutta risposta, le zittì (“i testimoni non possono parlare!”). Mio fratello allora, “utilizzò” come testimoni due suoi dipendenti. Quella sera, giunta alla villa, trovai un’atmosfera spettrale: sparite le chiavi del portone principale, quelle della stanza guardaroba che utilizzavo io (mia madre vi conservava pellicce, cappotti, vestiario, scarpe e borse firmate) e delle vetrinette dell’argenteria; il telefono da cui era inseparabile e persino un campanellino, allontanati dal suo comodino. Mia madre inerte a letto, stravolta nei tratti, stentò persino a riconoscermi! Il 13 luglio, di ritorno dall’ospedale di Ariano, dove l’avevo accompagnata per una crisi respiratoria, e le avevano diagnosticato poco tempo di vita, mia madre chiese alla nuora dove fossero finite le chiavi delle due casseforti, ma questa scaricò sul marito, in quel momento fuori Ariano. Quando la sera tardi mio fratello rientrò, promise a nostra madre che la mattina dopo le avrebbe riportate. Il 14 luglio, poco dopo le 6, qualcuno salì le scale in maniera felpata, mentre io, che ero stata sveglia pressoché l’intera notte per assisterla, ero accanto a mia madre. Entrò senza salutare e si andò a sedere sulla sponda destra del letto: mia madre inerte (da giorni non riusciva più a girarsi) e con voce flebile, chiese chi fosse. Era la nuora, che arrabbiata, proferì un buongiorno. Subito dopo mi intimò di uscire dalla stanza perché voleva rimanere sola con mia madre. Mentre mi chiedevo che cosa intendesse fare, e guardavo mia madre confusa, mi si scagliò contro afferrandomi per il braccio sinistro e cominciò a spingermi con forza verso l’uscio. Io resistetti, tanto che mi infilò le unghie nel braccio e nella colluttazione che ne seguì, scucii di netto una pantofola. Mia madre emetteva grida soffocate, sconvolta! “Fuori di qui”, continuava a gridare Majello, finché non intervenne anche il mio compagno, Aleandro Longhi, a dividerci. Ero allibita: colei che avevo trattato sempre da sorella, portandole regali da ogni viaggio e per ogni occasione, colei alla quale avevamo aperto la casa e i nostri cuori, che avevamo sempre trattato bene, considerandola di famiglia, stava cercando di cacciarmi dalla camera di mia madre e perché poi? Cosa c’era dietro? Un progetto che non conoscevo? Perché, soprattutto, creare ulteriore sofferenza a una donna in fin di vita, sottoponendola a uno scenario così straziante? In realtà, segnali inquietanti, sia da lei sia da mio fratello, erano già trapelati nei mesi e nei giorni precedenti, ma non immaginavo che sarebbero arrivati a fare tutto ciò che nel tempo, tra testimonianze, documenti e ricostruzioni, sarei arrivata a scoprire: un vero e proprio piano criminale! In pomeriggio andai a denunciarla alla Polizia, oltre che per l’aggressione, per il furto delle chiavi delle casseforti, aggiungendo nella denuncia, mio fratello e la notaia per il testamento falso.

La sera del 15 luglio, a poche ore dalla morte di mia madre, mio fratello, la moglie e amici andarono a cena (e il giorno dopo, a pranzo) in un noto ristorante arianese, mentre io e il mio compagno, ricevevamo alla villa fino a tardi il cordoglio della gente. La sera del funerale di mia madre (16/7), mi trovavo da parenti, quando Majello mi minacciò sul cellulare: “Non tornare più qui, io ho un testamento!”. Quando rientrammo alla villa, era stato violato il domicilio del mini appartamento presso cui io e Aleandro alloggiavamo, le nostre cose gettate nei borsoni alla rinfusa. Quando nel pomeriggio del 17 luglio io e mio fratello ci incontrammo presso il suo ufficio, per trovare un accordo sul da farsi, mi propose di prendere tutti i gioielli di nostra madre, ma gli precisai che mi sarei accontentata di dividerli a metà, così come lei avrebbe desiderato. Quella divisione però, non fu mai fatta: si guardarono bene dal restituire le chiavi delle casseforti. Il 21 luglio mio fratello, indifferente all’elaborazione del lutto che mi aveva colpito, alle 17 inviò il suo avvocato, la moglie e la suocera, a cacciarmi, insieme ad Aleandro, dalla villa di nostra madre, esibendo il testamento, quello stesso che poche ore prima, quando l’avevo richiesto io, la notaia si era rifiutata di pubblicare. Due giorni dopo (23 luglio), ancora alla presenza dell’avvocato, della moglie e più defilata, di mio fratello, la mattina lasciai la casa di mia madre. Mio fratello e famiglia, il 24 partirono per una vacanza a Parigi. A un anno dalla morte (15/07/2010), pubblicai un manifesto commemorativo di mia madre a nome mio e quello degli zii- genitori-adottivi, cosicché Majello andò a redarguire la titolare delle onoranze funebri: “Come si è permessa di pubblicarlo, quella non è la figlia!”. La denunciai per diffamazione, ma il procedimento fu archiviato (dalla stessa giudice che aveva acconsentito all’apposizione dei sigilli: ora “non ero più figlia di mia madre perché adottata”!). A febbraio 2014, il rinvio a giudizio per Sampietro, Majello e Romei: dopo 10 udienze in tre anni, un’assoluzione dubitativa in I grado per la notaia e mio fratello e la condanna della moglie a 3 mesi, 300 € di multa e il pagamento delle spese processuali. La Corte d’Appello di Napoli il 9 ottobre 2018, dopo 9 lunghi anni e 3 mesi dalla mia prima denuncia, ha ribaltato la sentenza, condannando Roberto Sampietro a 3 anni e 2 mesi, la notaia Luisa Romei a 2 anni e 3 mesi di carcere, mentre Cecilia Majello è stata prescrittta (ma non prosciolta) per il reato di aggressione, con la conferma delle statuizioni di I grado. Disposto altresì il trasferimento degli atti alla Procura di Benevento per i testimoni del testamento dichiarato falso, Mauro Garofalo ed Emma Orlando. Nel ricorso che i condannati hanno proposto in Cassazione, molti pretesti, uno su tutti, la mia adozione: non mi darebbe diritto alla costituzione di Parte civile, né all’eredità, non comprendendo che per me questo riveste poca importanza. Chiunque, anche un estraneo, se avesse assistito a ciò che è stato fatto a mia madre, avrebbe potuto denunciare. Mi sta a cuore un principio morale, mi chiedo: si può fare a una madre e poi a una sorella tutto questo? E in nome di cosa? Dell’avidità, del dio denaro? Si può, dopo aver creato sofferenza a una madre, maltrattato, cacciato di casa, rinnegato persino una sorella, dopo averle sconvolto la vita, pensare che costei non reagisca, non chieda giustizia? Si può speculare sull’ingiustizia che già hanno propinato dei genitori inadeguati, per svariate circostanze a una figlia? E per di più, cinicamente, senza pentimento? Sono trascorsi 10 lunghi anni di fatica, sofferenza e ricordi indelebili di mia madre, che mai cancellerò: il mio animo è segnato per sempre dalle gratuite cattiverie che sono state propinate a lei indifesa e a me, che nulla avevo mai fatto per meritarmelo, oltre al vergognoso tentativo di annientamento del mio status di figlia. Il mio unico torto è stato dare fiducia ed essere generosa, come nel mio carattere, con coloro che ritenevo di famiglia. Ci sono tradimenti talvolta perdonabili, se seguiti da un pentimento o una presa di coscienza, ma se se così non è, di perdonabile non c’è nulla, né si può dimenticare. Il danno morale che ne è derivato è incommensurabile, impossibile da risarcire. La giustizia è farraginosa, faticosa, talvolta imprecisa, garantista per chi delinque, lenta, ma necessaria, ed è in nome della giustizia che sto lavorando, soffrendo e resistendo: per me e per la mia amata e bistrattata madre.

Floriana Mastandrea

Attualità

Biofestival d’Irpinia – La terza edizione celebra il territorio

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La Villa Comunale di Ariano Irpino si prepara ad accogliere, dall’11 al 14 settembre 2025, la terza edizione dell’Ariano Biofestival d’Irpinia, il grande evento dedicato all’agricoltura biologica, alla sostenibilità e alle eccellenze agroalimentari del territorio. Promosso dal Biodistretto d’Irpinia in collaborazione con il Comune di Ariano Irpino, il GAL Irpinia, la Regione Campania e con il patrocinio della Provincia di Avellino, della Camera di Commercio Irpinia-Sannio e della Comunità Montana dell’Ufita, il festival si conferma un appuntamento centrale per la promozione culturale e turistica dell’Irpinia.

Quattro giorni di mercatini, degustazioni, incontri e spettacoli, con un programma pensato per coinvolgere produttori, istituzioni, cittadini e visitatori in un’esperienza immersiva all’insegna del gusto, della sostenibilità e della valorizzazione del patrimonio rurale irpino.

Il Biodistretto d’Irpinia, promotore dell’iniziativa, è un’associazione che opera su scala provinciale per incentivare la transizione verso pratiche agricole sostenibili e biologiche, tutelare la biodiversità e generare un’economia circolare e solidale. La visione che guida le sue attività si fonda su un modello di sviluppo integrato e partecipativo, che coinvolge istituzioni, imprese agricole, cittadini e attori culturali, con l’obiettivo di valorizzare le risorse naturali e culturali dell’Irpinia e contrastare fenomeni come lo spopolamento e la perdita di saperi tradizionali.

Il festival si apre giovedì 11 settembre con un esclusivo Pre Party, in collaborazione con Exclusive Group, presso la Pineta della Villa Comunale, tra degustazioni raffinate, vini selezionati, drink premium e sonorità d’autore a cura di Ameriko DJ con lo special guest Ciccio Merola. Un prologo dal forte impatto emozionale, pensato per inaugurare il festival con eleganza e spirito conviviale.

Nei tre giorni successivi, il Viale dei Platani della Villa Comunale si trasformerà in un raffinato percorso del gusto grazie ai Mercatini Bio, dove i produttori locali presenteranno il meglio della produzione agricola e artigianale irpina. Un’occasione per incontrare chi coltiva, trasforma e conserva i saperi della terra, offrendo al pubblico un’esperienza sensoriale autentica e immersiva, tra ortaggi appena colti, conserve, olio extravergine Ravece biologico, salumi e formaggi del territorio.

Ogni giornata sarà arricchita da momenti d’eccellenza culinaria, da stand gastronomici e da un corner dedicato alla mescita dei vini naturali a cura di ENORME e Vineria La Posta. Venerdì 12 settembre, la cena ufficiale di apertura vedrà protagonisti tre interpreti di rilievo della ristorazione del Sud Italia: Peppe Zullo (Osteria Slow Food – Orsara di Puglia), Trattoria Valleverde Zi Pasqualina (Atripalda) e Agriturismo Regio Tratturo (Ariano Irpino). L’esperienza sarà accompagnata da una performance artistica del duo Aldolá Chivalá, in un connubio coinvolgente tra musica elettronica, poesia orale e cucina d’autore.

Sabato 13 settembre il programma prosegue con un pranzo firmato da Ristorante Biffy (Ariano Irpino), dallo chef Vincenzo Vazza (N’ataluna – Grottaminarda) e dalla chef Valentina Martone (Megaron – Paternopoli), accompagnato da una selezione enologica curata dal Biodistretto d’Irpinia e dalla Vineria La Posta. Nel pomeriggio, il BioTalk – a cura della giornalista Rosa Iandiorio – offrirà un’occasione di approfondimento sul presente e futuro dell’agricoltura biologica attraverso le testimonianze di produttori, chef, artigiani e attori del territorio. La giornata si concluderà con una cena sotto le stelle firmata da Osteria dei Briganti (Scampitella), La Corte dei Filangieri (Candida) e La Pignata 2.zero (Ariano Irpino), accompagnata da degustazioni itineranti, vini naturali e birre biologiche tedesche.

Domenica 14 settembre si chiuderà in grande stile con un pranzo d’eccezione curato da un quartetto di alto profilo: lo chef stellato Salvatore Ciccarelli (Maeba Restaurant – Ariano Irpino), lo chef Ezio Ventre (La Pignata – Bib Gourmand Michelin), e lo chef Diego Guglielminetti (Ristorante Il Mulino della Signora di Sturno), per un menù degustazione che celebra la cucina evolutiva e la materia prima di qualità. A seguire, l’energia del trio rockabilly Stragatti e di VinylGiampy accompagnerà l’Apericena Bio, tra specialità street food biologiche e convivialità all’aperto fino al tramonto.

Tutti i menu degustazione sono disponibili in prevendita sul sito ufficiale www.biodistrettodirpinia.it, con posti limitati per ciascun evento gastronomico.

Ogni giorno, inoltre, sarà possibile gustare le specialità proposte dagli stand enogastronomici presenti nei Mercatini Bio, acquistabili direttamente sul posto, per vivere liberamente il festival tra assaggi, profumi e incontri.

L’Ariano Biofestival d’Irpinia si conferma così un appuntamento capace di coniugare etica e piacere, promozione culturale e innovazione gastronomica, offrendo uno sguardo contemporaneo su un territorio che ha scelto di costruire il proprio futuro valorizzando il proprio passato. Una manifestazione che unisce bellezza paesaggistica, autenticità, relazioni umane e qualità della vita, in un format che si candida a diventare modello per le aree rurali italiane.

PROGRAMMA COMPLETO

 ABFI25

Giovedì 11 settembre

Ore 20.30

Pre Party Biofestival

In una cornice suggestiva come la Pineta della Villa comunale il Pre Party della 3ª edizione dell’Ariano Biofestival d’Irpinia, in collaborazione con Exclusivegroup.

Un evento unico che anticipa il Bio Festival, con Drink premium & selezione di Vini, Proposte food ricercate

Una raffinata selezione musicale a cura di Ameriko DJ e con lo special guest Ciccio Merola Un’occasione esclusiva dedicata a chi ama vivere esperienze di qualità in un contesto elegante e suggestivo, un prologo d’eccezione che apre il sipario su un festival dedicato ai sapori, alla cultura e all’eccellenza gastronomica dell’Irpinia.

Dove? Pineta (adiacente campi da tennis), Villa Comunale Ariano Irpino (AV)

Venerdì 12 settembre

Ore 08.30/13.00 – 18.30 / 23.00

Mercatini Bio

Dalla mattina fino a sera tarda, il Viale dei Platani si trasforma in un elegante percorso del gusto, dove i produttori locali raccontano la loro storia attraverso i frutti della terra.

Il Mercatino Bio accoglierà i visitatori in un susseguirsi di profumi e colori: dagli ortaggi appena colti alle conserve artigianali, dall’olio extravergine Ravece Bio alle specialità che custodiscono la memoria gastronomica dell’Irpinia.

Ogni stand sarà un invito alla scoperta e alla degustazione, un’occasione per incontrare chi coltiva e trasforma con passione, portando in tavola qualità, sostenibilità e autenticità.

Un’esperienza da vivere con lentezza, tra assaggi e conversazioni, immersi nella frescura e nella bellezza di uno dei luoghi più suggestivi della città.

Dove? Villa Comunale – Viale dei Platani

Ore 20.00

Cena bio

Si apre ufficialmente il sipario sulla terza edizione dell’Ariano Biofestival d’Irpinia con una serata che unisce l’alta cucina alla sperimentazione artistica.

Ai fornelli, tre eccellenze della ristorazione italiana:

Peppe Zullo – Orsara di Puglia (FG) – Osteria Slow Food, maestro della cucina agricola e della valorizzazione delle materie prime di territorio.

Trattoria Valleverde Zi Pasqualina – Atripalda (AV) – Osteria Slow Food, custode di ricette autentiche della tradizione irpina reinterpretate con eleganza.

Agriturismo Regio Tratturo – Ariano Irpino (AV) – Ambasciatore della filiera corta e della genuinità contadina.

L’esperienza gastronomica sarà accompagnata da un viaggio sonoro unico: Aldolá Chivalá, un duo capace di fondere poesia orale e sonorità elettroniche in un “genere dance di parole” che cattura e scuote lo spettatore con la forza della voce e del ritmo.

Un incontro sensoriale dove gusto e musica si intrecciano, regalando emozioni.

Dove? Villa Comunale – Albero Dorato

sabato 13 settembre

Ore 08.30/13.00 – 18.30 / 23.00

Mercatini Bio

Dalla mattina fino a sera tarda, il Viale dei Platani si trasforma in un elegante percorso del gusto, dove i produttori locali raccontano la loro storia attraverso i frutti della terra.

Il Mercatino Bio accoglierà i visitatori in un susseguirsi di profumi e colori: dagli ortaggi appena colti alle conserve artigianali, dall’olio extravergine Ravece Bio alle specialità che custodiscono la memoria gastronomica dell’Irpinia.

Ogni stand sarà un invito alla scoperta e alla degustazione, un’occasione per incontrare chi coltiva e trasforma con passione, portando in tavola qualità, sostenibilità e autenticità.

Un’esperienza da vivere con lentezza, tra assaggi e conversazioni, immersi nella frescura e nella bellezza di uno dei luoghi più suggestivi della città.

Dove? Villa Comunale – Viale dei Platani

Ore 13.00

Pranzo Bio

Nella cornice del Biofestival, tre grandi interpreti della cucina irpina firmano un pranzo che celebra i sapori autentici della nostra terra:

Ristorante Biffy – Ariano Irpino (AV) – Tradizione e creatività al servizio del mare.

Chef Vincenzo Vazza – Ristorante N’ataluna, Grottaminarda (AV) – Ricerca e innovazione nei piatti che parlano di territorio.

Chef Valentina Martone – Ristorante Megaron, Paternopoli (AV) – Raffinatezza e identità gastronomica in chiave contemporanea.

Ogni portata sarà accompagnata da una selezione di vini del Biodistretto d’Irpinia e della Vineria La Posta di Grottaminarda (AV), in un abbinamento studiato per esaltare aromi e sfumature.

Menù disponibile in prevendita sul sito www.biodistrettodirpinia.it – Posti limitati a 200 ospiti.

Dove? Villa Comunale – Albero Dorato

Ore 18.00

BioTalk: Voci dal Territorio

La giornalista Rosa Iandiorio guiderà un incontro dal vivo con le eccellenze dell’Irpinia: produttori, chef, artigiani e protagonisti del mondo biologico.

Attraverso interviste e racconti, il BioTalk offrirà al pubblico un viaggio tra esperienze, visioni e sfide di chi ogni giorno custodisce e rinnova il patrimonio enogastronomico locale.

Uno sguardo proiettato al futuro dell’agricoltura e della cucina biologica, senza mai perdere il legame profondo con le radici, la terra e le tradizioni che rendono unica la nostra identità.

Ore 20.00

Cena Bio

La serata si apre con un’esperienza gastronomica che unisce la cucina d’autore alla convivialità all’aria aperta.

Ai fornelli:

Osteria dei Briganti – Scampitella (AV) – Tradizione e creatività in chiave rurale.

La Corte dei Filangieri – Candida (AV) – Eleganza e ricercatezza nei piatti di ispirazione territoriale.

La Pignata 2.zero – Ariano Irpino (AV) Una nuova firma per arricchire il parterre culinario della serata.

Gli ospiti potranno scegliere tra un tagliere di salumi e formaggi selezionati dal Biodistretto d’Irpinia, preparazioni street food biologiche, dolci e salate, da gustare passeggiando tra i viali della Villa Comunale.

Il tutto sarà accompagnato da una selezione di vini biologici e naturali, curata per esaltare le note dei piatti, e da un’eccellente birra tedesca prodotta con malto biologico, per un finale fresco e aromatico.

Dove? Villa Comunale – Albero Dorato

domenica 14 settembre

Ore 08.30/13.00 – 18.30 / 23.00

Mercatini Bio

Dalla mattina fino a sera tarda, il Viale dei Platani si trasforma in un elegante percorso del gusto, dove i produttori locali raccontano la loro storia attraverso i frutti della terra.

Il Mercatino Bio accoglierà i visitatori in un susseguirsi di profumi e colori: dagli ortaggi appena colti alle conserve artigianali, dall’olio extravergine Ravece Bio alle specialità che custodiscono la memoria gastronomica dell’Irpinia.

Ogni stand sarà un invito alla scoperta e alla degustazione, un’occasione per incontrare chi coltiva e trasforma con passione, portando in tavola qualità, sostenibilità e autenticità.

Un’esperienza da vivere con lentezza, tra assaggi e conversazioni, immersi nella frescura e nella bellezza di uno dei luoghi più suggestivi della città.

Dove? Villa Comunale – Viale dei Platani

Ore 13:00

Pranzo Bio

– Una giornata speciale, pensata come un viaggio gastronomico di alto profilo, affidato a un quartetto di grandi interpreti della cucina:

Chef Salvatore Ciccarelli – Maeba Restaurant, Ariano Irpino (AV) – 1 Stella Michelin, premiato come Chef Emergente 2025, maestro nella cucina evolutiva.

Chef Ezio Ventre – Ristorante La Pignata, Ariano Irpino (AV) – Bib Gourmand Michelin e Osteria Slow Food, custode della tradizione irpina in chiave contemporanea.

Ristorante Il Mulino della Signora – Luxury Country House, Sturno (AV) – Eleganza e raffinatezza in ogni creazione.

Insieme realizzeranno un menù degustazione di quattro portate pensato come un’esperienza sensoriale ed evolutiva, dove ogni piatto dialoga con il successivo in un crescendo di sapori.

Ad accompagnare la giornata, le sonorità rockabilly del trio Stragatti e l’energia inconfondibile di VinylGiampy, per un’atmosfera frizzante e conviviale.

Menù disponibile in prevendita sul sito www.biodistrettodirpinia.it – Posti limitati a 200 ospiti.

Dove? Villa Comunale – Albero Dorato

Ore 18:00

Apericena Bio

– L’appuntamento prosegue con l’Apericena Bio, un’occasione informale per degustare specialità street food biologiche, dolci e salate, da condividere tra amici fino a dopo il tramonto, immersi nella musica e nell’energia della Villa Comunale.

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Attualità

Confesercenti, Marinelli: confermate frenata consumi famiglie irpine e incertezza imprese

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“In Irpinia appare sempre più visibile una generale condizione di ristagno economico e sociale, con le imprese che vivono una lunga fase di incertezza e il commercio di vicinato in crisi, mentre i consumatori sono costretti sempre più a stringere la cinghia, come i dati ufficiali confermano”. Così Giuseppe Marinelli, presidente provinciale della Confesercenti provinciale di Avellino.

“Torna a calare infatti – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – la fiducia delle famiglie. Ad agosto le rilevazioni Istat registrano una discesa di un punto dell’indice, dopo il rialzo di luglio, determinando un andamento altalenante della fiducia dei consumatori in atto da mesi e su cui pesano anche le preoccupazioni legate al contesto internazionale. 

Per quanto riguarda le imprese, in generale, si evidenzia una situazione di attesa, a causa dell’assenza di una spinta propulsiva, mentre in diversi settori economici si palesano nuove difficoltà.

Se poi l’inflazione complessivamente rallenta, ad una analisi più dettagliata emerge che in gran parte ciò è dovuto alla riduzione dei prezzi dei beni energetici regolamentati, passati da +17,1 % a +12,9 % – un valore che resta comunque alto – e dei non regolamentati. 

Tuttavia, non mancano altri segnali di preoccupazione: i prezzi dei beni alimentari non lavorati e lavorati accelerano, e di pari passo, il costo del cosiddetto “carrello della spesa” cresce da +3,2 % a +3,5 %, collocandosi al di sopra della variazione media dei prezzi. 

Si tratta di spese difficilmente comprimibili per le famiglie e che peseranno sui consumi, in particolare dei nuclei a basso reddito. 

Al di là dell’andamento dell’inflazione, inoltre, con i livelli retributivi contenuti e bloccati, la capacità di spesa dei consumatori resta limitata e l’impennata dei prezzi degli ultimi anni continua a pesare, in assenza di una possibilità di recupero”.

“In un quadro così complesso e delicato – conclude Marinelli – a fare la differenza sono, come più volte abbiamo sottolineato, le politiche pubbliche delle istituzioni nazionali e locali, innanzitutto sul versante del sostegno alle famiglie e delle agevolazioni alle imprese. Da parte nostra, continueremo a portare avanti la linea del confronto e della proposta a tutti i livelli, puntando anche sulla promozione diretta delle attività del territorio e su una offerta di servizi e assistenza alle imprese, che ne agevolino gestione e ammodernamento organizzativo”.

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Attualità

Forza Italia :”Alto Calore, ecco la verità che gli arianesi devono conoscere”

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La storia dell’Alto Calore è la storia di un ente piegato per decenni a logiche clientelari e politiche di potere. Nato come consorzio per garantire l’acqua all’Irpinia e al Sannio, ha conosciuto il suo punto di svolta nel 2002, quando fu trasformato in due società distinte: Alto Calore Servizi e Alto Calore Patrimonio. Una scelta che avrebbe dovuto razionalizzare la gestione, ma che invece si tradusse in un aggravio di costi e in un capitale sociale viziato da irregolarità contabili. Da allora l’azienda ha vissuto solo di debiti crescenti e di confusione patrimoniale.

I numeri parlano chiaro: già intorno al 2010 il debito superava i 100 milioni di euro, arrivando a 140 milioni nel 2018 e a oltre 170 milioni quando, nel 2021, la Procura chiese il fallimento. Una montagna di passività alimentata da scelte politiche scellerate. Organici gonfiati con oltre cento esuberi conclamati, bilanci falsati da crediti inesigibili mai stralciati, e un’infrastruttura ridotta a colabrodo con perdite che toccano il 70% dell’acqua immessa in rete.

Il risultato di questa gestione è stato devastante per i cittadini. Intere comunità irpine costrette ogni singolo giorno di ogni estate al contingentamento dell’acqua, mentre la società spendeva milioni in interventi di emergenza e pompaggi energivori. La quotidianità dei nostri concittadini è diventata un susseguirsi di rubinetti a secco e bollette sempre più care, in una spirale di inefficienza e disservizi.

La responsabilità politica è evidente. Per oltre venticinque anni il Partito Democratico ha egemonizzato l’Alto Calore, occupando sistematicamente i vertici e trasformando l’ente in un serbatoio di consenso. Dai presidenti di area PD degli anni Duemila fino alle ultime amministrazioni, le scelte cruciali sono state dettate dalla ricerca del consenso, non dall’interesse dei cittadini. Non si è voluto ridurre il personale, non si è voluto affrontare seriamente il tema delle tariffe, non si è stati capaci di individuare fonti di finanziamento. Così il dissesto è diventato inarrestabile.

Il concordato preventivo omologato nel 2024 ha rappresentato l’ultima possibilità di salvataggio: i debiti sono stati ridotti formalmente a 107 milioni, grazie a fondi straordinari della Regione, al recupero crediti e a un piano di risanamento rigido. A guidare questa fase era stato chiamato l’amministratore unico Antonello Lenzi, figura tecnica che aveva introdotto elementi di discontinuità e portato in porto il piano concordatario.

Eppure, l’ennesimo colpo di teatro della politica ha vanificato ogni sforzo. Di fronte a sceneggiate disarmanti, a Sindaci scomparsi al momento del voto, Lenzi ha rassegnato le dimissioni irrevocabili. Con parole nette ha parlato di “imbarazzo e sofferenza” e di “logiche distoniche rispetto al mio operato”, denunciando l’impossibilità di proseguire in un clima dominato da pressioni e compromessi.

Questa è la verità che gli arianesi e gli irpini tutti devono conoscere: non è stato il destino a lasciare i rubinetti a secco ogni estate, ma la politica del PD che, per un quarto di secolo, ha usato l’Alto Calore come strumento di potere, impedendo qualsiasi risanamento serio. Sono stati i suoi teatrini a cacciare l’ultimo amministratore tecnico, ed è la sua gestione clientelare a costringere i cittadini a subire sia la sete quotidiana sia l’aumento delle tariffe.

Il Coordinamento Cittadino

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