Attualità
Autonomia differenziata e premierato, sciagure da scongiurare

A Lacedonia l’incontro-dibattito, lunedì 6 maggio
Se il disegno di legge 615 Calderoli, in questi giorni all’esame della Camera, sarà approvato, l’autonomia differenziata diverrà legge e consentirà alle Regioni che ne faranno richiesta, di gestire in maniera autonoma 20 materie oggi in concorrenza con lo Stato e 3 di esclusiva competenza di quest’ultimo. Si concretizzerebbe, in sintesi, una redistribuzione di poteri, in seguito a una diversa allocazione delle risorse pubbliche, dallo Stato centrale verso quei territori che lo richiederanno. Ispirata alla riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, la proposta, che da anni sta a cuore alla Lega, consentirà a quelle Regioni che ne faranno richiesta, di concordare con il Governo la “devoluzione” di competenze e risorse. L’autonomia differenziata prevede infatti la possibilità di trattenere parte del gettito fiscale generato sul territorio per il finanziamento dei servizi e delle funzioni di cui si chiede il trasferimento. Una vera e propria rivoluzione silenziosa che assomiglia più a una bomba a orologeria, fortemente voluta dal partito del Nord, che si sta portando avanti da anni e che con l’attuale Governo, vedrebbe il compimento, anche in virtù di uno scambio tra il partito della Lega e quello di Fratelli d’Italia, il quale in cambio otterrebbe il nulla osta sul premierato, che alla Meloni sta particolarmente a cuore. L’autonomia differenziata comporta una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche come i trasporti, la distribuzione dell’energia, l’istruzione, la sanità, che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema Paese, dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale. Sebbene le prime Regioni che hanno chiesto un maggior protagonismo economico-legislativo siano tra le più ricche d’Italia (Lombardia, Veneto ed Emila Romagna), anche loro potrebbero ricavarne degli svantaggi: sia perché il Sud è un mercato essenziale per il Nord, sia perché le ampie differenze interne alle stesse Regioni verrebbero aumentate dall’allocazione delle risorse, che premierebbe le parti più ricche e meglio organizzate. La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori, violerebbe inoltre il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, aumentando le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati, che potrebbe mettere in crisi l’intera Italia. Delle conseguenze che comporterebbe l’attuazione del progetto, non si parla abbastanza, sia perché respingente nei suoi 11 articoli pieni di farraginosa burocrazia, sia perché i media principali sembrano “distratti” da altro. Se l’autonomia andrà in porto, dunque, la distanza tra il Nord e il Sud potrebbe diventare incolmabile, mentre l’Italia sarebbe divisa in tante repubblichette con leggi e regole diverse, guidate dai governi locali di turno, che su molte materie potranno decidere i destini dei territori e dei loro abitanti, senza nessun ente sovraordinato a fare da contrappeso e garante. E forse si potrà persino realizzare il sogno di una macroregione del Nord, insinuatosi dagli anni Ottanta in tanti cittadini separatisti che considerano una zavorra i territori del sud e delle zone più svantaggiate. L’ANPI Provinciale di Avellino, La CGIL di Avellino, l’Auser di Avellino, La Via Maestra-Insieme per la Costituzione, stanno promuovendo una serie di incontri sul territorio irpino volti a informare sulle criticità dell’autonomia differenziata e del premierato, e sui motivi per cui sarebbero sciagure, che però, si possono ancora respingere. Lunedì 6 maggio a Lacedonia (AV) alle 17,30 presso il MAVI (Via Tribuni), coordinati da Rocco Pignatiello, parleranno di autonomia differenziata, premierato e stravolgimento della Costituzione: il sindaco Antonio Di Conza, il prof. Luigi Famiglietti, docente di Diritto degli Enti locali presso l’Università di Cassino, Giovanni Capobianco, presidente provinciale ANPI, l’on. Tony Ricciardi, deputato del Partito Democratico, l’on. Michele Gubitosa, deputato, vice- presidente M5S, l’on. Franco Mari, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Franco Fiordellisi, Segretario generale CdLT CGIL Avellino. Si invita caldamente la popolazione a partecipare, perché è importante conoscere per poter scegliere con consapevolezza.
Attualità
Aleandro Longhi (Comitato SAT) sull’emergenza acqua:”Le finanze dell’Alto Calore sono al disastro”

Il Consiglio del Distretto Irpino dell’Ente Idrico Campano ha approvato l’aumento delle tariffe dell’acqua del 30%. Il sindaco di Ariano Irpino Enrico Franza non figura tra i sindaci contrari, né tra quelli astenuti. Possiamo pertanto dedurne che il sindaco di Ariano fosse tra gli assenti o i favorevoli, in ogni caso ha deciso che i cittadini arianesi debbono pagare i 30% in più quell’acqua che l’Alto Calore eroga a singhiozzo. Franza, così loquace quando vuole, si è “dimenticato” di informare gli Arianesi che avranno un nuovo balzello del 30% sull’acqua, che continueranno a ricevere a singhiozzo. Per correttezza bisogna dire che, sia che i sindaci abbiano votato a favore che contro, sia che abbiano partecipato al voto o che si siano astenuti, non cambia nulla: il vero problema è che le finanze dell’Alto Calore sono al disastro. Nelle città civili, i primi servizi che un sindaco dovrebbe assicurare sono: l’acqua pubblica, il sistema fognario, la depurazione delle acque, ovvero tutto quello che non è stato fatto ad Ariano. Si grida contro l’Alto Calore Servizi SpA, su cui si scaricano le responsabilità, dimenticandosi del passato e persino del presente. Gli azionisti, quindi i padroni dell’Alto Calore, sono gli enti locali, ovvero la maggior parte dei Comuni irpini e del Sannio, che oltre a detenere le azioni dell’Alto Calore, sono i proprietari dei tubi marci che dovrebbero portare acqua nelle case. I vecchi tubi sono di piombo, di ghisa, di eternit e non sono mai stati cambiati, ma soltanto rappezzati. I grandi tubi delle condotte principali sono invece di proprietà della Regione Campania attraverso l’Ente Idrico Campano: l’Alto Calore è soltanto il gestore pieno di debiti che vengono dal passato, e forse anche dal presente. Quanti sindaci avranno chiesto a quell’ente, l’assunzione clientelare di qualche parente, amico o semplice elettore? È giunta l’ora di rimboccarsi le maniche ed attuare un risanamento dell’Alto Calore e l’attuale Amministratore Unico sembra ci voglia provare. I sindaci sono i principali responsabili della mancanza d’acqua nelle case degli Irpini, nonostante l’Irpinia galleggi sull’acqua: persino un regio decreto dell’inizio del Novecento recitava che sindaci erano tenuti a dare acqua “bona” ai propri cittadini. Regione, Ente Idrico Campano, Alto Calore, Comuni e Province, non hanno neanche avuto la dignità di richiedere i fondi del PNRR (miliardi di euro) per il risanamento idrogeologico e per il rifacimento delle reti idriche. Se il Comune di Ariano, che sta spendendo 5 milioni di euro del PNRR per rifare il lastricato di 5 piazze, avesse sostituito km di tubi, sarebbe stato meglio, ma come si sa, i tubi non si “vedono”. Ovviamente anche la Regione Campania dovrà fare la sua parte. L’Amministratore Unico, avv. Antonello Lenzi, ci sta provando con uno degli strumenti a sua disposizione: l’aumento delle tariffe a carico dei cittadini, che dovrebbero pagare anche per il 60-70% di acqua che si disperde dai tubi fatiscenti. Ma c’è un altro strumento: l’aumento di capitale dell’Alto Calore SpA. Si indica un’assemblea straordinaria dei soci (i sindaci azionisti), si faccia partecipare un notaio e si deliberi un aumento di capitale con azioni riservate agli attuali azionisti, per scongiurare che qualche malintenzionato pensi di introdurre qualche grimaldello per far entrare i privati. Certo, i Comuni dovranno pagare, ma di fronte alla prolungata emergenza acqua, si deve attuare una politica di austerità: il denaro si può e si deve trovare! Non è da molto che l’indennità dei sindaci è stata aumentata e con essa, a cascata, quella dei vice sindaci, degli assessori, dei presidenti del Consiglio comunale e dei consiglieri. Per i sindaci che fanno del loro incarico un mestiere (e ciò non è edificante), si potrebbe tornare all’indennità precedente, quelli che invece continuano a svolgere il loro lavoro privato retribuito, potrebbero rinunciare alle loro indennità, così come i consiglieri comunali, al gettone di presenza. Abito ad Ariano Irpino, che dopo Avellino, è il primo azionista dell’Alto Calore e so che il sindaco percepisce un’indennità di 4.140 € mensili in quanto, non avendo un lavoro, non si è messo in aspettativa: perché non rinuncia almeno in parte alla sua indennità e così a seguire, tutti gli altri amministratori? Si facciano meno trasferte inutili a carico dei contribuenti, si disdettino i fitti passivi che i Comuni pagano ai privati, si riscuotano i fitti attivi di immobili, che spesso sono concessi in comodato d’uso gratuito per ragioni clientelari, si mettano in vendita le proprietà immobiliari dei Comuni non utilizzate a fini istituzionali, che potrebbero attivare un circuito virtuoso di investimenti, che creerebbe uno sviluppo economico. Si inizino a tagliare le spese effimere come i vari concerti che si propinano ai cittadini, credendo che si possa sostituire l’acqua con la musica. Si indicano appalti pubblici e si facciano pagare le penali alle imprese che non rispettano i contratti: quando c’è un’emergenza bisogna attuare una politica di austerità. Manca l’acqua nelle case e il Comune di Ariano Irpino ha appena concesso ben 190.000 euro a 14 associazioni: è una mancia elettorale?
Di fronte alla mancanza d’acqua, non ci sono scuse: ognuno dovrà fare la propria parte senza gravare ancora una volta sui cittadini. Si sono accorti i sindaci che i loro paesi si stanno spopolando? Se si vogliono rilanciare le zone interne dell’Irpinia non si può prescindere dai servizi essenziali, a partire proprio dall’acqua. Si intende che anche la Regione dovrà fare la propria parte: la sostituzione dei grandi tubi principali che spesso si rompono e dovrà dare un finanziamento straordinario all’Alto Calore.
I sindacati, dal canto loro, non si possono sterilmente abbarbicare nella difesa dei dipendenti dell’Alto Calore: devono promuovere una “VERTENZA ACQUA” per sconfiggere chi vede nella privatizzazione la soluzione di ogni problema. Privato non è sinonimo di efficienza, bensì un ulteriore strumento per sfruttare i lavoratori e spremere i cittadini con alte tariffe per l’acqua.
Aleandro Longhi Coordinatore Comitato SAT (Salute, Ambiente, Territorio)
Attualità
L’acqua non si vende, sit-in a Napoli il 27 agosto per l’acqua pubblica

Papa Francesco nella Laudato si ci insegna che: “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani.” Il surriscaldamento del pianeta sta mettendo a serio rischio il diritto all’acqua a causa dell’abbassamento delle fonti. In Campania, come in tutto il sud Italia, la situazione è sempre più drammatica. Nel momento in cui le interruzioni del servizio idrico sono all’ordine del giorno, ci saremmo aspettati che la politica si impegnasse a garantire il rispetto del referendum del 2011 e tariffe agevolate per l’accesso all’acqua a tutta la popolazione. Ed invece incredibilmente l’Ente idrico Campano si riunisce in piena estate il 27.08.2025 per deliberare:
– la privatizzazione dell’acqua nella provincia di Caserta con una gestione mista pubblico/privato;
– l’aumento delle tariffe nei 126 comuni delle province di Avellino e Benevento serviti
da Alto Calore servizi.
La privatizzazione dell’ambito casertano fa parte del più ampio processo di svendita dell’acqua in tutta la Campania a favore di Acea. E inaccettabile che la regione con i bacini più ricchi del sud Italia diventi terra di conquista per le multinazionali che vogliono rivenderci la nostra acqua a peso d’oro. Siamo stanchi di ascoltare dalla politica la stessa favoletta: “non ci sono risorse per gestire l’acqua e per questo è inevitabile il ricorso ai privati”. Ma i soldi per le armi si trovano sempre mentre sono lasciati a secco settori vitali quali la sanità, la scuola ed il risanamento delle reti colabrodo. La risposta alla crisi idrica non è la privatizzazione, come dimostra l’ingresso dei privati in settori quali autostrade, elettricità, gas e telefonia che ha portato soltanto aumenti delle tariffe e disastrose gestioni.
Dall’altra parte è inaccettabile che a pagare i debiti di Alto Calore siano soltanto le famiglie già alle prese con grosse difficoltà economiche. Per questo chiediamo con forza il rispetto del concordato fallimentare per mettere in sicurezza l’Ente e garantire una gestione pubblica della risorsa, senza un indiscriminato aumento delle tariffe.
Il Sit-in si terrà il 27.08.2025 alle ore 15 a Napoli in via De Gasperi 28, davanti la sede dell’Ente Idrico Campano
Attualità
La Direzione strategica dell’Asl in visita alle strutture e agli ospedali di Sant’Angelo e Ariano

In un clima di grande collaborazione la Direzione Strategica ha avuto un confronto attivo con i direttori delle strutture sanitarie e ospedaliere, i medici e il personale sanitario e amministrativo con l’intento di avviare un dialogo funzionale all’individuazione e risoluzione delle criticità esistenti e al potenziamento dei servizi sanitari al cittadino sia a livello territoriale che ospedaliero. Dopo l’incontro di lunedì scorso con il personale della sede centrale di Avellino, il primo passo della Direzione strategica è stata la visita mercoledì dell’SPS di Bisaccia, del Distretto Sanitario e dell’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi, e oggi del Distretto Sanitario e Ospedale di Ariano Irpino per un saluto ai dipendenti.
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