Attualità
GRAZIAMARIA MONACO: L’EMOZIONE DI FARE IL GIUDICE
Giudice penale dal 2013, Graziamaria Monaco, dopo una significativa esperienza di 4 anni a Vibo Valentia, ora esercita le funzioni presso il Tribunale di Benevento. Con lei abbiamo tracciato una carrellata, dai problemi della giustizia al femminicidio.
Perché si decide di fare il magistrato?
Premesso che inizialmente volevo fare la giornalista, studiando poi sui libri delle scuole medie, quelli che un tempo erano di educazione civica, mi sono appassionata al diritto. Ho proseguito con giurisprudenza all’università e ho scelto un percorso internazionale, studiando per un anno a Berlino. Dopo un periodo di affiancamento a un giudice amministrativo, come cultore della materia in diritto pubblico e amministrativo presso alcune università di Roma, ho deciso di fare il concorso in magistratura. Superati scritti e orali, dal 2013 ho iniziato a fare questo appassionante lavoro. Ho fatto anche un’esperienza all’estero con Eurojust: sono degli scambi tra magistrati sia a breve che a lungo termine. Sono stata 15 giorni in Spagna, a Valencia, affiancando un giudice istruttore: molto interessante. È ciò che vorrei fare in futuro, ovvero lavorare come giudice in campo internazionale.
Ci sono analogie tra il sistema della giustizia spagnolo e quello italiano?
Il sistema giudiziario spagnolo è più snello: ricorre di più al procedimento per direttissima, in Italia ancora limitato. È un sistema molto più rapido nella risoluzione delle controversie e nella stesura delle sentenze, più veloci, come le nostre ordinanze.
Che cosa bisogna fare perché anche i tempi della giustizia italiana migliorino?
Anzitutto serve una buona organizzazione: i capi degli uffici (presidenti dei tribunali e di sezione, procuratori della Repubblica) devono avere vocazione e capacità organizzativa. Poi serve intervenire sulle leggi, tra cui la prescrizione, al cui blocco dopo la sentenza di primo grado, sono favorevole. Per snellire i tempi della giustizia, avremmo bisogno anzitutto di più personale. Ci vorrebbero molti magistrati in più e andrebbero coperti i posti delle varie figure ausiliarie del giudice, quali cancellieri, funzionari. Notiamo invece che c’è un numero di avvocati sproporzionato, per via del quale c’è un contenzioso esagerato rispetto al numero dei magistrati in servizio. Con le recenti leggi, molti magistrati sono andati in pensione: servirebbe una riorganizzazione dei tribunali ed una redistribuzione delle forze. Alcune sedi di tribunale sono disagiate e mancano i magistrati necessari a far fronte ai processi pendenti. Negli ultimi tempi c’è un concorso in magistratura ogni anno: ciononostante non riusciamo a smaltire il carico di lavoro, sia arretrato, che le sopravvenienze.
Come avvicinare i cittadini alla comprensione della giustizia?
La giustizia dovrebbe essere compresa dai cittadini partendo dalla scuola: l’educazione civica di un tempo, abolita, era fondamentale in quanto insegnava le basi del diritto. Bisognerebbe insegnare ai più piccoli il rispetto per il prossimo e per l’ambiente, come la cura della città. Servirebbero poi delle lezioni di giustizia per far comprendere ai cittadini le procedure. Gli uffici giudiziari dovrebbero essere aperti ai cittadini, così come sostiene Nicola Gratteri, il Procuratore capo di Catanzaro: “i nostri uffici devono essere aperti a chiunque, per denunce, ma anche per capire come funziona la giustizia in Italia!
Vibo Valentia, che esperienza è stata?
Un’esperienza forte, lavorativamente molto formativa. Sono stata giudice penale per 4 anni a Vibo Valentia. Ho lavorato sia come giudice del dibattimento, che come giudice per le indagini preliminari. Fare il GIP mi ha appassionato: mi ha consentito di capire la criminalità vera, essendomi occupata sia di quella comune che di ‘ndrangheta, in processi distrettuali, ovvero i procedimenti provenienti dalla Direzione distrettuale antimafia. Ho trattato processi di ‘ndrangheta pure come giudice del dibattimento, in alcuni casi presiedendo il collegio. Dal 2015 al 2019, a Vibo Valentia c’è stata una buona “infornata” (per dirla in gergo) di giudici di prima nomina, giovani, preparati e motivati e, sebbene siano stati anni duri, abbiamo lavorato molto e, credo, bene. Abbiamo istruito e portato a termine importanti processi di ‘ndrangheta. Come GIP, mi sono occupata soprattutto di omicidi e tentati omicidi, poiché Vibo Valentia, purtroppo, ha il negativo primato di essere la città italiana con il più alto tasso di crimini violenti.
A proposito di omicidi, quali le cause e come fermare i femminicidi?
All’inizio credevo fosse un fenomeno limitato solo a determinate fasce della popolazione, ma ho dovuto ricredermi: è una questione culturale diffusa, legata per un verso ai problemi conseguenti alle disgregazioni familiari, dovute alle separazioni e ai divorzi, per altro verso, all’incapacità dell’uomo di accettare la fine di una relazione. Oltre al femminicidio, ci sono una serie di situazioni gravi di violenza nei confronti delle donne nelle mura domestiche che, anche se non sfociano nell’epilogo mortale, sono altrettanto gravi. La donna si è emancipata e sicuramente questo dà fastidio all’uomo. Bisognerebbe educare anzitutto al dialogo nella coppia e in ogni rapporto. C’è anche un altro tipo di violenza altrettanto grave, di cui talvolta gli uomini sono inconsapevoli: quella psicologica, che si manifesta anche alzando la voce. È una forma di violenza che tende alla sottomissione subdola, anch’essa molto pericolosa, che spesso sfocia in violenza fisica.
Mamma da poco di due gemelli e giudice: come si concilia?
Con molta forza di volontà e un po’ d’aiuto, necessario con due neonati e, in più in generale, con dei bambini.
La nostra società garantisce le donne che lavorano che vogliono diventare madri?
Nel settore pubblico sì, grazie all’aspettativa e alla maternità, in quello privato purtroppo no o non abbastanza. Nel privato le donne che vogliono diventare madri, sono generalmente meno tutelate, esposte a essere sostituite, al licenziamento: un datore di lavoro difficilmente accetta di buon grado il fatto che una dipendente vada in maternità. Durante la maternità, in tribunale il mio ruolo viene gestito da un sostituto: anche se so che è un mio diritto assentarmi per questa ragione, sono altresì consapevole di creare dei problemi per la mia assenza, sono comunque preoccupata del lavoro che lascio.
Leggi e giustizia non sempre collimano…
Per questo ci siamo noi! Il magistrato interpreta la legge e la adegua alla situazione concreta: la norma va applicata al caso pratico. Alcune norme del nostro codice penale risalgono al fascismo. Negli ultimi anni in molti settori si sta legiferando per cercare di adeguare le leggi ai tempi, agli usi e costumi che mutano. Viviamo in un tempo diverso da quello in cui furono pensate alcune norme, basti pensare a Internet, alla tecnologia, alla globalizzazione. Quando le leggi sono vetuste o presentano problemi di interpretazione e di adeguamento ai principi costituzionali, poiché la Costituzione è la carta fondamentale dei diritti e, nonostante gli anni trascorsi, è ancora formidabilmente moderna, possiamo rimettere la questione alla Corte costituzionale.
Quando ha preso contezza delle responsabilità che comporta il suo ruolo?
La prima volta che in composizione collegiale (tre giudici) abbiamo letto un dispositivo relativo all’esistenza di un clan di ‘ndrangheta. Nelle intercettazioni avevamo letto che i nostri imputati avevano detto, “questo è lo Stato, tri fimmine” (tre ragazze). Alla fine del processo, che avevamo dovuto accelerare per via del fatto che stessero scadendo i termini delle misure cautelari, l’aula era gremita di parenti degli imputati, carabinieri, avvocati, detenuti in gabbia. Noi eravamo tre donne molto giovani in toga, che tre minuti prima della mezzanotte, ora in cui sarebbero scadute le misure cautelari, dovevano leggere il dispositivo con le condanne. Abbiamo comminato molti anni di carcere totali, ci tremavano le gambe e così a casa, con la collega di Milano con la quale ho condiviso l’appartamento in quegli anni, siamo state con la camomilla fino alle tre di mattina per la tensione accumulata nella lunga camera di consiglio. Anche altre volte, leggendo un dispositivo, ho avvertito forte il peso della responsabilità, non solo quando ho condannato, ma anche quando ho assolto. Non dimentichiamo che dall’altra parte, c’è una persona con la sua vita, la sua famiglia, la sua storia e le sue emozioni. Mi è capitato di sentir piangere, bestemmiare: insomma, è un mestiere carico di responsabilità, ma anche pieno di emozioni.
Floriana Mastandrea
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La scorta di Ranucci siamo noi
L’attentato a Sigrifido Ranucci è una violenza fatta a tutti noi; con modalità mafiosa volevanointimidire il giornalista per impedirgli di portare alla luce le nefandezze delle mele marce. L’azioneviene da lontano, dalle inchieste sui ministri del governo Meloni, dagli esposti inviati alle procure di mezza Italia, dalla mancata partecipazione alla presentazione dei palinsesti televisivi a Napoli, dalla riduzione delle puntate di Report. Azionesistematica indirizzata a minare la credibilità delle inchieste condotte da Sigrifido Ranucci, affiancate dall’isolamento e dalla delegittimazione sono il segnale che la malavita organizzata ha colto perzittirlo, senza riuscirci. La gente comune si erge a difesa della libertà di parola e di pensiero, principio scolpito nella Costituzione. Vogliono che sianoportati alla luce i retroscena del palcoscenico dove il nepotismo e gli interessi personali sono il programma dei mestieranti della politica. Sei la nostra voce, la nostra arma per far pulizia in politicae nella pubblica amministrazione, non l’hanno zittito, oggi è ancora più forte.
La Redazione di meridionemeridiani.info
esprime la solidarietà e la vicinanza alla Redazione di Report ed al giornalista Sigrifido Ranucci per il vile attentato subito.
Siamo con te, sei ognuno di noi.
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Direttivo provinciale di Forza Italia allargato a sindaci ed amministratori
Sì è tenuta ieri sera all’Hotel Belsito di Avellino la riunione del direttivo provinciale di Forza Italia, allargata a sindaci ed amministratori.
Un confronto lungo e articolato dal quale è innanzitutto emerso unanime e convinto sostegno alla candidatura del vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, alla presidenza della Regione Campania per la coalizione di centrodestra.
In primo luogo nelle parole del Segretario provinciale, Angelo Antonio D’Agostino, il convincimento che Forza Italia, in Irpinia come nel resto della regione, sarà il traino della coalizione risultando determinante per una vittoria che va costruita al centro, recuperando voto moderato.
La missione di Forza Italia, casa del popolarismo, è questa. Una missione alla portata, alla luce del grande lavoro di radicamento fatto in questi anni e degli enormi spazi che la candidatura di Roberto Fico per il centrosinistra, lascia sguarniti proprio nell’elettorato centrista. Forza Italia può e deve colmare quello spazio.
Venendo alla costruzione della lista, nel corso della discussione sono emerse molte disponibilità dai territori. Profili diversi che nei giorni a venire saranno valutate nella massima condivisione, perché l’obiettivo di tutti deve essere quello di mettere in campo la migliore compagine possibile, connubio tra competenze e radicamento.
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Cisal, Picone: più attenzione a sicurezza dei lavoratori, anche in Irpinia troppi incidenti
“Occorrono interventi concreti per garantire la sicurezza; le buone intenzioni o gli slogan non servono. Gli infortuni sul lavoro sono e restano una intollerabile emergenza, in Irpinia e Campania, come nel resto del Paese”. Ad affermarlo è Massimo Picone, coordinatore provinciale della Cisal di Avellino e commissario della categoria Metalmeccanici.
“I dati ufficiali – prosegue il dirigente sindacale – ci dicono che il fenomeno è in crescita al Sud, che registra il più alto tasso di incidenti mortali sui luoghi di lavoro. Ma in generale aumentano infortuni e decessi in itinere, nel percorso casa-luogo di lavoro. Una tendenza che si avvertiva già negli ultimi anni. Nei primi otto mesi del 2025 l’incremento è stato dell’8,8 %, 186 vittime, soprattutto del comparto industriale e dei servizi, 15 in più rispetto al 2024 e più o meno un quarto dei decessi complessivi.
Su questo versante ad incidere sono l’espansione dei bacini di pendolarità, l’aumento delle distanze tra abitazione e luogo di lavoro, la debolezza del trasporto pubblico e il conseguente uso del mezzo privato, tutti elementi che accrescono l’esposizione al rischio.
In aumento anche le malattie professionali, quasi del 10%, rispetto all’anno precedente.
La sicurezza viene considerata purtroppo ancora soltanto un optional, all’interno di un quadro complessivo deprimente: precarietà, i salari più bassi d’Europa, l’uso sistematico di esternalizzazione del lavoro, crisi profonda di alcuni comparti come l’automotive, che in Irpinia costituisce una filiera produttiva importante per l’economia e per l’occupazione, ma su cui pendono molti problemi che ne compromettono la prospettiva”.
“E’ necessario pertanto – conclude Picone – che si investano più risorse sui controlli, aumentando il numero di ispettori che operano sul territorio, ma vanno modificati anche i processi produttivi. C’è bisogno inoltre che le politiche di sicurezza aziendale si integrino con misure di prevenzione estese agli spostamenti dei lavoratori, promuovendo iniziative coordinate in materia di mobilità sostenibile, riorganizzazione dei tempi di lavoro e rafforzamento delle infrastrutture di trasporto”.
