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Giornata mondiale della libertà di stampa: difendiamo un diritto fondamentale!

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 Il 3 maggio è la Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993, per ricordare ai governi il dovere di sostenere e far rispettare la libertà di espressione, sancita nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948.

La data fu scelta per rievocare la Dichiarazione di Windhoek, il documento redatto dai giornalisti africani per promuovere l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana, durante il seminario organizzato dall’Unesco dal 29 aprile al 3 maggio del 1991, nella capitale della Namibia. Il documento è un’affermazione dei principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media, elementi fondanti della difesa della democrazia e del rispetto dei diritti umani, il primo di una serie di dichiarazioni in tutto il mondo sull’impegno per la libertà di stampa.

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 19 stabilisce che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

La libertà di stampa è un diritto che ogni Stato di diritto, assieme agli organi d’informazione (giornali, radio, televisioni, agenzie, Internet), dovrebbe garantire ai cittadini e alle loro associazioni, per assicurare l’esistenza della libertà di parola e della stampa libera. All’ art. 21 la Costituzione sancisce la libertà di stampa in Italia, che, come Paese integrante dell’Unione europea, si impegna a rispettare altresì il principio della libertà di stampa come sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, che riconosce la “libertà di espressione e d’informazione” (art. II-11). In Irlanda, Canada, Australia e Regno Unito, la libertà di stampa viene efficacemente rispettata in base al diritto consuetudinario (common law). In casi particolari, i governi, rispetto all’accesso alle informazioni possedute, possono decidere di sottrarli alla stampa e al pubblico dei ricercatori, di non permetterne la pubblica conoscenza, adducendo motivi di protezione dell’interesse e della sicurezza nazionale. La Giornata mondiale della libertà di stampa, rappresenta l’occasione per iniziative finalizzate a difendere la libertà della stampa, per valutare la situazione della libertà di stampa nel mondo, e commemorare i giornalisti che hanno perso la vita nell’esercizio della professione. Uno sguardo alla situazione dell’informazione nel mondo Per informare i cittadini, che ancora oggi ci sono Paesi in cui la libertà di stampa non è garantita, in cui i giornalisti subiscono pressioni, accuse, frequenti arresti, condanne e torture, come ogni anno, Reporters Sans Frontières (RSF), organizzazione non governativa che promuove e difende la libertà di informazione e di stampa, ha stilato una classifica che confronta e analizza le condizioni di lavoro per i giornalisti in 180 Paesi. In quest’edizione, osserva, oltre a un generale peggioramento della libertà di stampa globale, anche l’introduzione della pandemia, nuovo elemento con effetto moltiplicatore. Secondo l’edizione del World Press Freedom Index, pubblicata da RSF il 21 aprile 2020, “la pandemia di Covid-19 amplifica le molte crisi che minacciano il diritto a un’informazione libera, indipendente, varia e affidabile”. RSF ritiene decisivo per il mondo del giornalismo, questo decennio, poiché la pandemia evidenzia e aggrava le crisi, che non sempre vengono denunciate liberamente, a causa delle pressioni governative. “La pandemia è l’occasione per i governi autoritari, per mettere in pratica una ‘dottrina dello shock’: approfittare della neutralizzazione della vita politica, dello spavento del pubblico e dell’indebolimento della mobilizzazione, per imporre misure altrimenti impossibili, in tempi normali”, commenta Christophe Deloire, segretario generale di RSF. In tal modo, il Covid-19 rafforza cinque crisi già esistenti nel mondo del giornalismo: geopolitica, tecnologica, democratica, della fiducia (sospetto e persino odio, nei confronti dei media) e infine economica (impoverimento del giornalismo di qualità). Pertanto, solo un quarto dei 180 Paesi analizzati, registra condizioni “buone” o “soddisfacenti” per il giornalismo. Nei restanti, la situazione è “problematica”, “difficile” o “molto seria”. Nelle regioni dei Balcani e del Caucaso, emergono gli stessi fenomeni tra l’impoverimento dello stato di diritto, le violenze e le difficoltà sempre maggiori per i reporter. Nella classifica sulla libertà di stampa, Montenegro (105°) e Albania (84°) arretrano rispettivamente di una e due posizioni, rispetto al 2019, dopo un anno caratterizzato dall’arresto e dalla detenzione di giornalisti, col pretesto della lotta alla disinformazione, marcato anche dagli attacchi giudiziari, in particolare con il kafkiano processo contro il giornalista investigativo montenegrino Jovo Matinovic. Peggiora anche la situazione in Serbia (93°), che perde tre posizioni, a causa dell’inazione contro gli attacchi ai giornalisti, rimasti impuniti. “Gli autori dell’incendio della casa del giornalista d’inchiesta Milan Jovanović, non sono ancora stati condannati dalla giustizia serba”, nota il rapporto. Migliorano la Slovenia (32°), la Croazia (59°), la Bosnia Erzegovina (58°), il Kosovo (70°) e la Macedonia del Nord (92°), mentre resta invariata la Grecia (65°). Ma anche in questi Paesi, non mancano gli attacchi ai giornalisti. È il caso della Croazia, con due reporter malmenate in una chiesa il giorno di Pasqua e, della Grecia, dove l’estrema destra, attacca regolarmente i giornalisti. Le televisioni pubbliche, sono vittime di “incessanti attacchi da parte dei governi in tutta l’Europa centrale e orientale”, come in Bulgaria (111°), mentre in Romania (48°), “il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), è stato sconvolto per permettere alle autorità, e ad alcune imprese e individui, di far ricorso a queste disposizioni per impedire ai giornalisti di accedere alle informazioni e persino di far causa, alle testate che hanno pubblicato degli articoli. Il matrimonio tra regimi autoritari e tecnologia, preoccupa particolarmente RSF, spostandosi più ad Est. Russia (149°) e Turchia (154°), dove molti giornalisti sono detenuti in carcere, sono i casi più eclatanti, ma “anche in Georgia (60°), Facebook ha chiuso centinaia di account fittizi che si spacciavano come media, facendo campagne di disinformazione a favore del governo. L’Armenia (61°) continua a registrare “casi di ostilità verso i giornalisti, che dalla forma di violenza fisica, oggi si sono gradualmente trasformati in molestie giudiziarie. L’Azerbaijan rasenta il fondo della classifica mondiale, finendo 168° su 180 Paesi. Qui, come in Bielorussia (153°), i giornalisti si vedono spesso negare la partecipazione a eventi pubblici, mentre i documenti improvvisamente vengono classificati dalle autorità come “riservati”, limitando così l’accesso alle informazioni. L’Iran è al 173° posto per la condizione dei giornalisti: l’informazione sulla pandemia è stata evitata o manipolata. Durante la presentazione a Strasburgo del report annuale sull’attività della Piattaforma per la protezione dei giornalisti del Consiglio d’Europa, 14 organizzazioni internazionali di operatori dell’informazione e per la libertà di stampa, fra cui la Efj, hanno denunciato che gli attacchi alla libertà di stampa in Europa, rischiano di diventare la nuova normalità. E la crisi Covid-19 sta aggravando una situazione già allarmante», come si legge sul sito web del Council of Europe (Coe). Nel 2019 sulla piattaforma del Consiglio d’Europa, sono state registrate 142 gravi minacce al diritto all’informazione, 17 nuovi casi di detenzione, 43 casi d’intimidazioni e molestie, 33 attacchi fisici a giornalisti, fra cui il Coe annovera le uccisioni di Lyra McKee nell’Irlanda del Nord e Vadym Kormarov in Ucraina. In aumento anche le “querele bavaglio”.
La piattaforma ha definito ufficialmente “casi di impunità”, gli omicidi di Daphne Caruana Galizia (2017) a Malta e Martin O’Hagan (2001) nell’Irlanda del Nord, evidenziando l’incapacità delle autorità di consegnare i responsabili alla giustizia. La Slovacchia ha mostrato invece progressi concreti nella lotta contro l’impunità, mettendo sotto processo la presunta mente e altre 4 persone, per l’omicidio del giornalista Jàn Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kusnirova. Nello scenario di restrizione delle libertà personali, in cui si introducono nuove misure e strumenti tecnologici per il controllo degli spostamenti, il giornalismo rischia di venire a sua volta limitato. “Affinché questo decisivo decennio non sia un decennio funesto, è necessario che tutte le persone di buona volontà, si mobilitino affinché i giornalisti possano continuare a esercitare questa funzione essenziale di essere dei terzi di fiducia”, afferma il segretario generale di RSF, Deloire. E noi con lui, chiediamo che la libertà di stampa sia preservata ovunque da ogni forma di autoritarismo, di censura, violenza, tentativo di bavaglio, affinché ai cittadini sia garantito il sacrosanto diritto all’informazione, che deve essere democratica e libera!

(Fonti principali: Art.21 liberi di, FNSI, Wikipedia, Reporters Sans Frontières )

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Direttivo provinciale di Forza Italia allargato a sindaci ed amministratori

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Sì è tenuta ieri sera all’Hotel Belsito di Avellino la riunione del direttivo provinciale di Forza Italia, allargata a sindaci ed amministratori.  

Un confronto lungo e articolato dal quale è innanzitutto emerso unanime e convinto sostegno alla candidatura del vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, alla presidenza della Regione Campania per la coalizione di centrodestra.

In primo luogo nelle parole del Segretario provinciale, Angelo Antonio D’Agostino, il convincimento che Forza Italia, in Irpinia come nel resto della regione, sarà il traino della coalizione risultando determinante per una vittoria che va costruita al centro, recuperando voto moderato.

La missione di Forza Italia, casa del popolarismo, è questa. Una missione alla portata, alla luce del grande lavoro di radicamento fatto in questi anni e degli enormi spazi che la candidatura di Roberto Fico per il centrosinistra, lascia sguarniti proprio nell’elettorato centrista. Forza Italia può e deve colmare quello spazio.

Venendo alla costruzione della lista, nel corso della discussione sono emerse molte disponibilità dai territori.  Profili diversi che nei giorni a venire saranno valutate nella massima condivisione, perché l’obiettivo di tutti deve essere quello di mettere in campo la migliore compagine possibile, connubio tra competenze e radicamento.

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Cisal, Picone: più attenzione a sicurezza dei lavoratori, anche in Irpinia troppi incidenti

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“Occorrono interventi concreti per garantire la sicurezza; le buone intenzioni o gli slogan non servono. Gli infortuni sul lavoro sono e restano una intollerabile emergenza, in Irpinia e Campania, come nel resto del Paese”. Ad affermarlo è Massimo Picone, coordinatore provinciale della Cisal di Avellino e commissario della categoria Metalmeccanici.

“I dati ufficiali – prosegue il dirigente sindacale – ci dicono che il fenomeno è in crescita al Sud, che registra il più alto tasso di incidenti mortali sui luoghi di lavoro. Ma in generale aumentano infortuni e decessi in itinere, nel percorso casa-luogo di lavoro. Una tendenza che si avvertiva già negli ultimi anni. Nei primi otto mesi del 2025 l’incremento è stato dell’8,8 %, 186 vittime, soprattutto del comparto industriale e dei servizi, 15 in più rispetto al 2024 e più o meno un quarto dei decessi complessivi.

Su questo versante ad incidere sono l’espansione dei bacini di pendolarità, l’aumento delle distanze tra abitazione e luogo di lavoro, la debolezza del trasporto pubblico e il conseguente uso del mezzo privato, tutti elementi che accrescono l’esposizione al rischio.  

In aumento anche le malattie professionali, quasi del 10%, rispetto all’anno precedente.

La sicurezza viene considerata purtroppo ancora soltanto un optional, all’interno di un quadro complessivo deprimente: precarietà, i salari più bassi d’Europa, l’uso sistematico di esternalizzazione del lavoro, crisi profonda di alcuni comparti come l’automotive, che in Irpinia costituisce una filiera produttiva importante per l’economia e per l’occupazione, ma su cui pendono molti problemi che ne compromettono la prospettiva”.

“E’ necessario pertanto – conclude Picone – che si investano più risorse sui controlli, aumentando il numero di ispettori che operano sul territorio, ma vanno modificati anche i processi produttivi. C’è bisogno inoltre che le politiche di sicurezza aziendale si integrino con misure di prevenzione estese agli spostamenti dei lavoratori, promuovendo iniziative coordinate in materia di mobilità sostenibile, riorganizzazione dei tempi di lavoro e rafforzamento delle infrastrutture di trasporto”.

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La disumanità dei governi imbelli

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È caduto il velo delle menzogne, la Flotilla mette a nudo la disumanità dei governi imbelli, interessati a mantenere attivo e florido il mercato delle armi, riconvertendo quello delle automotive, in grave crisi in Europa. La Meloni aveva criticato l’azione della Global Sumud Flotilla reputandola inopportuna e affermava: “è una fase nella quale tutti quanti dovrebbero capire che esercitare una responsabilità, attendere mentre c’è un negoziato di pace, è forse la cosa più utile che si può fare per alleviare le sofferenze dei palestinesi” e riferendosi alla Flotilla, proseguiva e rincarava la mano: “ma forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità” (Ansa e L’Espresso1 ottobre 2025).

Eppure, nei confronti di Israele, la Meloni non esprime alcuno sdegno diversamente manifestato per la Flotilla. Dimentica che era un’azione umanitaria, svolta da persone di diversa nazionalità, disarmate, indirizzata a creare un corridoio sicuro al fine di alleviare le sofferenze del popolo Palestinesedovute alla mancanza di cibo e di medicinali,provocate dalla disumanità del governo genocidario di Israele. Nulla potrà rimanere come prima, la Flotilla ha avuto il merito di aver attirato l’attenzione mediatica su ciò che accade a Gaza e sulla pulizia etnica operata da Israele. Atto esecrabile e frutto avvelenato che affonda le sue radici nel lontano 1948, costellato di odio e morte che avvelena l’esistenza degli israeliani e dei palestinesi, senza soluzione di continuità e senza una via d’uscita. Sin ad oggi, l’UE, gli USA, la Comunità Internazionale non sono riusciti a proporre una pacifica ed unitaria soluzione al tema dei due Stati e dei due popoli. Le immagini di Gaza distrutta, delle donne che piangono i bambini morti per fame o colpiti dalle bombe, hanno ferito la carne viva di milioni di persone chespontaneamente sono scese in piazza gridando lo slogan: “blocchiamo tutto”. Spero che, tutto ciò indurrà i singoli governi e la Comunità Internazionale a rimettere al centro dell’agenda politica il bene comune, oscurato dai ciechi nazionalismi e dalla ricerca del benessere personaleedonistico. I popoli hanno indicato la strada: si dia voce e speranza al senso di umanità, si dia voce e dignità ai popoli del Sud del mondo.

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