Cultura Eventi e Spettacolo
Democrazia e verita’- La strage di Piazza Fontana (Con video intervista di Rainero Schembri)

“La false flag è un’azione terroristica in cui un gruppo nemico viene spinto a sua insaputa a raggiungere un obiettivo che ritiene utile per la propria causa. La storia ne è piena. Ad esempio, nella guerra d’Algeria, più di una volta elementi dell’OAS si sono travestiti da terroristi islamici facendo esplodere bombe in bar o ritrovi frequentati dai francesi. Lo scopo era quello di esasperare l’opinione pubblica francese per ribellarsi all’autonomia algerina proposta da De Gaulle. Ecco, noi organizzeremo azioni analoghe negli Stati più a rischio di bolscevizzazione. Lo scopo specifico degli agenti statunitensi che invieremo in Europa sarà quello di infiltrarsi nei gruppi di sinistra per costringerli a compiere gesti impopolari. Vogliamo che la gente impari a odiarli e a condannare le loro imprese. Nello stesso tempo, cercheremo di avvicinare i responsabili dei gruppi eversivi di estrema destra, per coinvolgerli direttamente in quelle operazioni di destabilizzazione. Insomma, dovranno essere loro a sporcarsi le mani. Inoltre cercheremo di finanziare una miriade di nuovi movimenti marxisti-leninisti, ma d’ispirazione filocinese, così da contrapporli a quelli filosovietici“. Da: LA STRAGE, IL ROMANZO DI PIAZZA FONTANA, di Vito Bruschini. L’estratto è il resoconto di una riunione della sezione Europa della CIA, a Langley, in Virginia, nel 1967, due anni prima della strage di Piazza Fontana, che diede inizio “alla realizzazione della paranoica follia” della Strategia della tensione o se si preferisce, agli “Anni di piombo”. Grazie a un accurato lavoro di documentazione, Vito Bruschini, intrecciando personaggi reali e di fantasia, in una storia romanzata ed efficace, ricostruisce con estrema veridicità, non solo la strage di Milano del 12 dicembre 1969, ma anche fasi cruciali che la precederono e seguirono. E l’atmosfera cupa e tesa che annichilì l’Italia nella paura. Basandosi sulle ultime istruttorie e le confessioni dei pentiti, l’autore propone una diversa interpretazione dei fatti, fornendo al lettore elementi utili a farsi una propria idea della realtà. Descrive con dovizia l’atmosfera del 12 dicembre a Milano, sia per le strade, che presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura, fino alla deflagrazione della bomba: le dinamiche, i corpi straziati, i soccorsi, le reazioni, lo stordimento, la rabbia, tanto da farci emozionare, in completa empatia con il racconto. Che, non dimentichiamolo, è drammaticamente vero e provocò ben 17 morti e oltre 100 feriti! E mentre a Milano venivano rinvenute ancora bombe, inesplose, quasi in contemporanea, a 53 minuti di distanza, ne scoppiavano altre tre a Roma, provocando 16 feriti: presso la Banca Nazionale del Lavoro di Via San Basilio, a Piazza Venezia e presso l’Altare della Patria.
A oltre cinquant’anni da quella strage, molti gli interrogativi ancora aperti: perché fin dall’inizio furono accusati gli anarchici? Che ruolo rivestirono i servizi segreti e quelli deviati nella faccenda? Esisteva un patto scellerato tra politici italiani e intelligence straniera? Di certo quella strage, precorritrice di altre, ha rappresentato uno spartiacque nella storia della Repubblica italiana. Fu il momento in cui, arrossendo di vergogna, – per dirla con Bruschini -, comprendemmo che “la nostra libertà democratica si reggeva su una sovranità limitata gestita e imposta da potenze esterne alla nazione. E l’Italia da quel momento ha perduto la propria dignità di nazione perché non è stata in grado di guardare in faccia la Verità”. La Corte di Cassazione dopo 36 anni, nel 2005, chiuse la vicenda assolvendo tutti gli imputati: pur affermando che l’organizzazione della strage di Milano era stata opera della cellula eversiva di Ordine Nuovo di Franco Freda e Giovanni Ventura, non poté più perseguirli, in quanto già assolti con sentenza definitiva nel 1987. A livello giudiziario non si riuscì a individuare chi materialmente portò la bomba, anche se in prima istanza erano stati condannati all’ergastolo Delfo Zorzi (che aveva confessato di essere stato lui), Carlo Maria Maggi (organizzatore) e Giancarlo Rognoni (basista). Dopo Piazza Fontana, si sono susseguite: Piazza della Loggia (1974, 8 morti), treno Italicus (1974, 12 morti), fino alla più sanguinosa, della Stazione di Bologna (2 agosto 1980, 85 morti). Un lungo elenco di stragi e omicidi politici, classificato al Ministero dell’Interno come Strategia della tensione. Fatti ed eventi in combutta tra operatori stranieri, parte delle nostre forze politiche, parte dei servizi segreti, supportati da terroristi ora di estrema destra, ora di estrema sinistra, dalla massoneria antidemocratica, da alcuni apparati del Viminale, dalla rete paramilitare della CIA, Gladio, finalizzati ad azioni di destabilizzazione, volte a “stabilizzare” i governi. Nixon stesso, aveva fornito ai suoi servizi segreti un manuale per bloccare l’insorgenza del “pericolo comunista” in Europa. Imboccata la strada della menzogna e del compromesso con gli Alleati, l’Italia si è macchiata dell’uccisione di uomini lungimiranti e di Stato, da Enrico Mattei, al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ad Aldo Moro. La nostra nazione deve trovare il coraggio di affrontare e svelare i misteri su quegli eventi: è tempo che le persone sappiano perché sono morti i loro cari e che, il “segreto di Stato”, lasci finalmente spazio alla Verità.
Video Intervista all’autore a cura di Rainero Schembri
Breve scheda dell’Autore
Vito Bruschini, giornalista professionista, dirige la Globalpress Italia, agenzia stampa per gli Italiani nel mondo. Il suo ultimo thriller, sempre per Newton Compton, è: Il traditore della mafia, ispirato a una storia vera. Per la stessa editrice ha pubblicato: The Father. Il padrino dei padrini; I segreti del club Bilderberg; I cospiratori del Priorato; Rapimento e riscatto; Miserere. Il papa deve morire. I suoi libri sono stati tradotti in 9 Paesi esteri.
Vito Bruschini
LA STRAGE IL ROMANZO DI PIAZZA FONTANA
NEWTON COMPTON EDITORI
Pagg. 336 € 9,90
Floriana Mastandrea
Attualità
Convegno ad Ariano: “Aequum Tuticum, Crocevia del Sud”

Le associazioni Amici del Museo di Ariano Irpino, Circoli Culturali “Pasquale Ciccone” e “Arnanah”, con il patrocinio del Comune di Ariano Irpino, organizzano il convegno dal titolo “Aequum Tuticum, crocevia del Sud”, che si svolgerà venerdì 26 settembre 2025 alle ore 17.30 presso Villa Kristall ad Ariano Irpino. L’incontro si propone di approfondire, in una prospettiva scientifica, il ruolo strategico dell’antico sito di Aequum Tuticum quale snodo fondamentale della viabilità antica, evidenziando l’importanza storica e le prospettive di valorizzazione.
Saluti istituzionali:
Enrico Franza, Sindaco di Ariano Irpino
S. E. Mons. Sergio Melillo, Vescovo della Diocesi Ariano-Lacedonia
Relatori:
Ing. Gerardo Troncone – Presidente Gruppo Archeologico Irpino Sulle orme di Orazio. La viabilità del centro sud negli antichi itinerari
Prof. Giuseppe Ceraudo – Professore ordinario di topografia antica presso l’Università del Salento La Via Traiana in Irpinia: un Patrimonio per l’Umanità
Prof.ssa Veronica Ferrari – Professore associato di aerotopografia archeologica presso l’Università del Salento Aequum Tuticum, un vicus crocevia di strade: le attività di ricerca Unisalento
Prof. Giuseppe Camodeca – Già Professore ordinario di Storia Romana ed Epigrafia Latina presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” La documentazione epigrafica di Aequum Tuticum, vicus di Beneventum
Dott. Lorenzo Mancini – Funzionario archeologo della Soprintendenza ABAP Salerno e Avellino L’azione della SABAP SA-AV nel territorio di Ariano Irpino fra tutela, valorizzazione e pianificazione. Interventi e prospettive.
Moderatrice
D.ssa Ida Gennarelli, Archeologa già Ministero della Cultura Il convegno si inserisce in un percorso di ricerca e divulgazione volto a promuovere la conoscenza e la tutela del patrimonio storico-archeologico dell’Irpinia e dell’antico vicus di Aequum Tuticum, con l’intento di sollecitare le attività di recupero e di valorizzazione dell’attuale sito.
Attualità
Occhi di aquila, mani di vento: le donne di miniera in Sardegna

Roberto Carta, regista sardo, ha raccolto le testimonianze delle coraggiose donne che hanno lavorato in miniera: storie di progresso e di conquiste. Il documentario, nella rosa finalista dell’AIFF
“Nel 1938 lo sviluppo intensivo delle miniere carbonifere darà al fascismo il combustile per la guerra. Carbonia, capitale dell’oro nero nazionale, comincerà ad attrarre i disoccupati delle campagne”. Esordisce così il lungometraggio di Roberto Carta, dedicato al lavoro delle donne sarde nelle miniere, nella rosa dei finalisti alla tredicesima edizione dell’Ariano International Film Festival. Molte le crude testimonianze di donne che hanno lavorato in miniera o che raccontano indirettamente la vita delle loro madri o parenti strette. Anna Simbula, riferisce della madre, Delfina Dessì, nata a Santadi nel 1921 e morta appena prima di compiere cento anni. Delfina aveva lavorato nella miniera carbonifera di Carbonia, facendo la cernita senza mai fermarsi: non poteva, poiché con le altre formava una catena di montaggio. Viaggiava di notte sia all’andata che al ritorno, insieme ad altre cernitrici: tutte avevano paura, poiché c’erano i cacciatori e persino un bandito, del cui fucile vedevano il luccichio, nel tratto di strada che percorrevano. Così lo attraversavano di corsa, nel timore che potesse sparare anche a loro. Delfina, dormiva, come le sue colleghe, soltanto un paio d’ore, ma era una donna forte, che “non si piegava”. Una donna instancabile che, ricorda con orgoglio la figlia, dopo aver lavorato in miniera, continuava a farlo anche a casa. Era entrata a lavorare giovanissima, nel 1937 e ci era rimasta fino al 1951. È stata tra coloro che oltre al nome, hanno lasciato sui muri delle cave, anche l’impronta delle mani.
Alla fine degli anni Trenta, nelle miniere del Sulcis erano occupate 254 donne, impiegate nei lavori di cernita o nelle laverie di Serbariu e Bacu Abis, altre lavoravano nei servizi, negli alberghi operai e nelle lavanderie. Doloretta Ledda racconta di aver lavorato prima in laveria, poi alla “noia”, un nastro adibito a trasportare i vagoni al piano superiore. Lavorava l’intera settimana in turni quotidiani dalle 8 alle 17, con un‘ora di stacco per il pranzo: aveva scelto di lavorare anche di domenica, dalle 7 alle 14. Genoveffa Valdarchi, aveva 28 anni e nonostante fosse madre di tre bambini, uno dei quali da allattare, copriva ben tre turni, come tutti gli altri operai. Il primo turno iniziava alle 7 di mattina con uscita alle 15; il secondo turno partiva alle 15 da Sirai, un quartiere di Carbonia un po’ distante, che raggiungeva a piedi, e terminava alle 22. L’ultimo turno era dalle 22 alle 7, ma per consentirle l’allattamento, le concedevano di uscire 2 ore prima. Ricorda delle sue paure di notte, quando da sola doveva percorrere le strade e si avvicinava a dei minatori, anche se sconosciuti, per superare lo sconforto. Faustina Piras racconta della possibilità di scegliere di rimanere più tempo in miniera poiché c’era molto lavoro. Lei in un mese, avendo lavorato “36 giornate”, aveva percepito 180 lire di stipendio, non certo una grande cifra, ma quanto le aveva consentito di iniziare ad acquistare il corredo che le serviva per sposarsi. Lavorare le piaceva, anche se non era un gioco: bisognava evitare di distrarsi a parlare ed escludere rapidamente le pietre dai nastri, altrimenti le avrebbero dovute togliere le ultime lavoranti, perché non scendessero con la parte buona del carbone. Iride Peis, insegnante elementare di Guspini (Sulcis-Iglesiente), si è appassionata alla storia mineraria del territorio fin da bambina, quando il nonno, fonditore, le parlava del suo lavoro nelle miniere di Montevecchio. Avendo sposato il medico della miniera, è stata ulteriormente facilitata nella conoscenza della materia, che a sua volta trasmette agli alunni. Nel 1855, l’ingegner Nicolay, direttore della miniera di Monteponi, racconta Iride, aveva visto le donne lavorare nei cortili delle case pulendo grano, fave e ceci e così, gli era venuta l’idea di portarle a lavorare in miniera a separare il minerale utile da quello sterile: “saranno più brave perché sono più attente e più svelte. Queste donne hanno occhi di aquila e mani di vento. Inoltre costeranno la metà degli uomini”. I cernitori (uomini) c’erano già, ma erano “il pidocchio in mezzo alla farina”, non sapevano muoversi bene, rispetto alle donne, – precisa Iride. “Sul salario, continua Iride, – si evidenzia la prima discriminazione, finché nel 1940 le cernitrici saranno sostituite dalle macchine. Le donne però cominceranno a farsi valere formando gruppi e associazioni, appoggiando proteste e scioperi dei loro familiari, anche per lunghi periodi, partecipando esse stesse in prima persona, resistendo alle pressioni”. Nadia Gallico Spano (ndr, tra le 21 donne elette nella Costituente, poi deputata del PCI) ricorda le lotte delle donne, operaie e contadine uccise nel rivendicare i propri diritti o per difendere quelli dei propri uomini. “Le donne sfidavano le violenze poliziesche, venivano persino arrestate e accettavano coraggiosamente anche lunghi periodi di sciopero, come quello di 72 giorni, in cui non ricevettero nessun salario e una popolazione di circa 52 mila persone, fu ridotta allo stremo”. Al convegno nazionale dell’UDI di Firenze del novembre 1948 la Spano comunicò della dura lotta in difesa delle miniere e della drammatica condizione delle famiglie di Carbonia prive di mezzi, ponendo l’accento sulla condizione femminile, che commosse le donne italiane. Grande combattente, Nadia Gallico Spano era amata e apprezzata nell’ambiente e a Carbonia in particolare, perché voleva donne indipendenti, coscienti della propria condizione e capaci di autogestirsi.
Roberto Carta, autore del documentario, che attualmente vive a Bologna, ma è affezionato alla sua terra, dove torna ogni volta che può, ci ha rivelato che l’idea di raccogliere le testimonianze femminili, gli è maturata a seguito dei racconti ascoltati da piccolo: i suoi nonni avevano lavorato in miniera e una sua zia, Albina, era morta a seguito di un incidente in miniera. Diversi erano stati gli uomini che avevano subito incidenti gravi in cui avevano perso gli arti o erano morti, ma lei è stata l’unica donna a perdere la vita: il suo vestito era rimasto impigliato in un rullo che l’aveva risucchiata. Non è stato facile realizzare il progetto, – ci ha raccontato – soprattutto per carenze di budget: da quando lo ha ideato a quando lo ha concluso, ambientandolo nei luoghi e nelle miniere in cui hanno lavorato le donne, sono passati due anni. Per la sua rilevanza sociale, ha ottenuto il contributo della Regione Sardegna.
Ancora il regista: “Come testimoniano nel documentario, le donne rimpiangono ancora il lavoro in miniera: erano contente di farlo, socializzavano, cantavano, e soprattutto, erano autonome, non erano costrette a stare a casa, come invece accadeva una volta sposate. Con il lavoro in miniera, avevano raggiunto la loro indipendenza, smarcandosi dal predominio maschile. Non lavoravano in condizioni facili, venivano pagate pochissimo, ma il loro sacrificio è servito ad aprire la strada alle altre donne”. Un documentario da vedere e diffondere: tra il pubblico, i giovani, nelle scuole, per comprendere quali sacrifici siano state capaci di fare le donne coraggiose che ci hanno preceduto per consentirci quelle conquiste che oggi troppo spesso si danno per scontate e di cui nella maggior parte dei casi non si conoscono le origini. Un percorso di emancipazione pagato a caro prezzo, per consentirci la libertà di scegliere.
Breve biografia di Roberto Carta
Roberto Carta, nato nel 1976 a Carbonia (SU), si è laureato al Dams di Bologna, indirizzo cinema. Dal 2004 al 2008 è stato aiuto regista nei lungometraggi, “Il vento fa il suo giro” e “L’uomo che verrà”, entrambi diretti da Giorgio Diritti (ndr, regista di: Volevo nascondermi, sulla vita di Ligabue, magistralmente interpretato da Elio Germano). È stato redattore per la trasmissione televisiva di Carlo Lucarelli (10 puntate) “Milonga Station”, in onda su Rai Tre.
Nel 2014 ha sceneggiato e diretto “Sinuaria”, cortometraggio ambientato nell’isola dell’Asinara, selezionato in numerosi festival cinematografici, e vincitore di 18 premi, tra cui la nomination ai David di Donatello 2015. Nel 2017 il regista ha diretto e montato: il corto – documentario, “Custodi del proprio territorio”, prodotto dall’ISMEA e il videoclip “Michimaus”, della cantante e attrice Angela Baraldi. Nel 2020 ha realizzato il cortometraggio “Lasciami andare” (ndr, sul banditismo sardo), ambientato nella Sardegna barbaricina, prodotto col sostegno della Regione Sardegna.
“Donne di miniera” (2023), è il suo primo documentario: prodotto da Mario Pezzi, ha una durata di 55 minuti. Le musiche sono di Stefano Tore su tema di Maria Teresa Cau, montaggio di Erika Manoni.
Attualità
I^ Edizione del premio Teatrale Città di Ariano Irpino

8-9-10 Settembre 2025 | Camporeale (Ariano Irpino)
Ariano Irpino apre il sipario a una nuova avventura teatrale: nasce la I^ edizione del PREMIO TEATRALE CITTÀ DI ARIANO IRPINO, un progetto nazionale che punta a valorizzare giovani autori, compagnie emergenti e nuove drammaturgie.
Tre serate all’insegna della comicità, delle emozioni e della passione scenica, in una cornice suggestiva e unica: l’anfiteatro di Camporeale, già reso magico dal celebreevento Sunny Sunday. L’evento rientra nel programmadell’Estate Arianese 2025 ed è realizzato con il patrociniodel Comune di Ariano Irpino.
PROGRAMMA SPETTACOLI
8 SETTEMBRE ore 20:30
ARAPE ‘E ZITTO – Compagnia Maschere Nude
Regia di Ernesto Sasso
Una commedia romantica e travolgente ambientata in un attico al Vomero, tra tradimenti, incomprensioni ed equivoci. Risate, riflessioni e lacrime in un mix perfetto di emozioni che accompagneranno lo spettatore dalla prima all’ultima battuta.
Perché quando non funziona il citofono… Arape ‘e zitto!
Cast: Antonio Barbato, Veronica D’Alessio, Francesco Saverio Tisi, Maria Rosaria Escolino, Antimo Escolino, Sarah Ricci, Saira Pantalone
9 SETTEMBRE ore 20:30
ANDY & NORMAN – Produzione Yggdrasill APS
Regia di Alessandro Pagliaro
Con Francesco Castagnozzi, Alessandro Pagliaro, AngelitaCiccone e Rocco Vigliotta
Un grande classico della comicità americana, riproposto con una regia attuale e vivace. Due amici inseparabili, una donna che irrompe nelle loro vite e una serie infinita di situazioni comiche ed equivoci, tra amicizia, amore e illusioni.
10 SETTEMBRE ore 20:30
DUE DI TROPPO – Compagnia Gli Attori per Caso
Con Luca Landi e Antonio Tortora
Un duetto comico irresistibile, dove battute, contrasti e situazioni paradossali trascinano il pubblico in un vortice di risate. Una chiusura spumeggiante e brillante per questa prima edizione del Premio Teatrale.
UNO SGUARDO AL FUTURO
A partire da settembre 2025 sarà attiva la finestra di iscrizione alla 2^ edizione del Premio Teatrale Città di Ariano Irpino, aperta a tutte le compagnie amatoriali sul territorio nazionale.
La nuova rassegna si terrà a settembre 2026.
Tutte le info, il programma completo e le modalità di partecipazione saranno disponibili sul sito ufficiale: www.yggdrasill.info
Location: Camporeale – Ariano Irpino (AV)
Date: 8-9-10 Settembre 2025
Orario spettacoli: 20:30
Ariano Irpino riscopre il teatro… e lo fa in grande!
#PremioTeatraleAriano #Camporeale #Yggdrasill #TeatroVivo #CompagnieAmatoriali #TeatroInIrpinia
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